Massimo Coppa

A chi farebbe male la verità sull’assassinio del giudice Borsellino?


Presunte dichiarazioni all’Antimafia dei magistratidi Caltanissetta, ma il presidente della Commissionesi è affrettato a smentireA CHI FAREBBE MALE LA VERITÀ SULL’ASSASSINIO DEL GIUDICE BORSELLINO?
“Siamo ad un passo dalla verità sulla strage di via D’Amelio e la politica potrebbe non reggerne il peso”: è la frase lapidaria e terribile trapelata dall’audizione, tenutasi davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia, dei magistrati di Caltanissetta Lari e Gozzo.Com’è noto, anche l’uccisione del giudice Borsellino è diventata “maggiorenne”, essendo accaduta, analogamente a quella di Falcone, or sono esattamente diciotto anni. E tuttavia la verità su quell’attentato è stata più volte depistata, sviata, intralciata, ingarbugliata.Adesso, secondo i pubblici ministeri, siamo ad una svolta. È giusto però precisare che siamo nel campo delle illazioni, perché le audizioni dell’Antimafia sono ovviamente coperte da segreto, ed a loro volta i magistrati non si sono permessi di pronunciarsi sulla circostanza.Non ha esitato, invece, a parlare Beppe Pisanu, presidente della Commissione ed ex ministro dell’Interno. Pisanu, uomo del PDL, ha smentito recisamente che i magistrati abbiano espresso i concetti suddetti: che, cioè, si sia vicini alla ricostruzione esatta dei fatti e che la politica non possa reggerli. E questa presa di posizione si capisce nell’ottica, ovvia, di ogni forza di governo, che ha tutto l’interesse a rintuzzare ogni possibile contraccolpo negativo che si ripercuota sul proprio potere e sulla propria immagine.La cosa sconcertante è che questa presunta dichiarazione non abbia fatto, mediaticamente, il “botto”. Eppure non è un concetto da niente. Innanzitutto è già grave che, ancora una volta, delle indagini siano state depistate. Se poi si afferma che la verità scuoterà il mondo politico significa che, nella faccenda, sono intervenuti apparati dello Stato ed uomini delle istituzioni.Se consideriamo che la struttura politica e partitica dell’Italia contemporanea, salvo alcune impostazioni di fondo ed alcuni “residuati” della cosiddetta Prima Repubblica, è enormemente diversa da quella del 1992, viene da chiedersi: perché il mondo politico di oggi dovrebbe tremare alla verità sull’assassinio del giudice Borsellino? Significa, dunque, che sono colpevoli di depistaggio ed altre nefandezze uomini politici oggi al potere, funzionari dello Stato oggi ancora al lavoro, apparati istituzionali oggi ancora esistenti e funzionanti?È questo un quesito inquietante e drammatico su cui in molti stanno cercando di sorvolare: forse per un umanissimo senso di auto-protezione psicologica, ma probabilmente anche per proteggere verità destabilizzanti per il sistema di potere odierno.