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un sonno doloroso, che non reca /
dolcezza e pace,
ma nostalgia
e rimprovero
PIER PAOLO PASOLINI
 

 

 

 

 

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Messaggi del 03/03/2025

 

TRUMP, L’UCRAINA E L’EUROPA: È TEMPO DI SCELTE FORTI

Post n°2211 pubblicato il 03 Marzo 2025 da massimocoppa
 

TRUMP, L’UCRAINA E L’EUROPA: È TEMPO DI SCELTE FORTI
Con il trattamento orribile riservato da Trump e dal suo vice Vance al presidente ucraino Zelensky abbiamo assistito a qualcosa che, onestamente, non ritenevo possibile, nonostante parliamo pur sempre di Trump. Non credevo ai miei occhi ed alle mie orecchie guardando gli audiovisivi provenienti da Washington.
Credo non sia mai accaduto che un leader straniero sia stato umiliato e mortificato in diretta, alla Casa Bianca, davanti ai giornalisti. Non è mai accaduto certamente a nessun dittatore, figuriamoci ad un presidente democraticamente eletto (checché ne dica il presidente americano, che ha definito dittatore… Zelensky, non Putin!).
Sono giorni che penso a quanto accaduto: mi sembra di assistere ad una fiction distopica, dove tutti i principi vengono rovesciati in una ristrutturazione surreale, nella quale il mondo e la storia vanno al contrario, dove si urla addosso all’aggredito e ci si comporta da amiconi con l’aggressore, dove la Russia, ex Unione Sovietica, da nemico storico degli Stati Uniti nella Guerra Fredda diventa il suo più grande sodale, dove le più elementari ragioni geopolitiche e strategiche vengono scosse dalle fondamenta per un fine che riesce incomprensibile, ammesso che esista.
Davvero cercare di arruffianarsi la Russia in chiave anticinese vale il rovesciamento di tutti i valori?! Ammesso che Mosca si stacchi mai davvero dalla Cina, visto l’aiuto che questa gli ha fornito finora…
Il gioco in prospettiva, insomma, non vale questo ribaltamento di fronti e, inoltre, non è accettabile che tutta una gerarchia di valori venga sconvolta in un modo così devastante, dove si dimenticano completamente le sofferenze del popolo ucraino, storicamente vessato ed oppresso dai russi, e si sorvola allegramente sulle responsabilità di Mosca.
Sono veramente ammirato da quanto sta, invece, facendo il premier britannico Starmer. Senza dimenticare che la Russia è un pericolo geopolitico e militare innanzitutto per l’Europa, Starmer ha raccolto la bandiera dei migliori principi umani e della storia, di resistenza alla barbarie ed alla prepotenza, sulle orme di Churchill, radunando l’Europa intorno alla causa ucraina, che è poi la causa della libertà e dei diritti umani, promettendo aiuti ed impegno in prima persona, anche militare. Anche la Francia è assolutamente da ammirare: queste due grandi nazioni ci stanno ricordando che l’Europa è un’entità geopolitica e, addirittura, dobbiamo forse essere grati a Trump perché ci sta facendo finalmente tirare fuori gli attributi. È notevole che debba essere Londra, un Paese uscito dall’Unione Europea, a ricordarci la nostra dignità di europei e addirittura a costringerci a prendere una posizione forte, anche contro gli Stati Uniti. Purtroppo c’è un problema di fondo che, in prospettiva, temo possa complicare o bloccare questa nuova primavera di consapevolezza del vecchio continente: la fragilità politica di Starmer e di Macron. Il premier britannico, a dispetto della recente vittoria alle elezioni, è in gravissima crisi di consensi: dai sondaggi emerge che i britannici si sono già stufati dei laburisti, e con molte ragioni. Non sta meglio Macron: un presidente in scadenza il cui partito è ormai collassato, che si trova a dirigere un Paese che non riesce a mettere insieme una maggioranza di governo. Da questo punto di vista Putin può ottimisticamente sperare che le libere elezioni di questi Paesi democratici (contrariamente alle finte elezioni russe) portino al potere personaggi politici simili a Trump, e quindi filorussi: può accadere in Germania, in Austria, in Francia, in Spagna. Anche in Italia, in realtà, se consideriamo l’amore per la Russia dichiarato continuamente da Lega e Grillini. Più difficile in Gran Bretagna, dove anche i Conservatori sono a favore dell’Ucraina, ma c’è la temibile minaccia di Nigel Farage, un populista della peggior specie che di certo simpatizzerà per Mosca.
In questo mondo impazzito, infatti, assistiamo al mostruoso paradosso per cui la Russia accusa l’Ucraina di essere una dittatura nazista, benché abbia un presidente ebreo (!) liberamente eletto, trovando l’appoggio di tutti i movimenti populisti, neofascisti e neonazisti d’Europa e d’America. Invece, e questo fa loro onore, ci sono neofascisti (o meglio sarebbe definirli post-fascisti), che invece tengono dritta la barra pro-Ucraina, come Fratelli d’Italia. Anche se la Meloni, cercando di restare la più considerata da Trump in Europa, ha già detto che mai nessun militare italiano andrà in Ucraina, neanche in missione di pace, senza la copertura delle Nazioni Unite. Ma l’ONU sarà sempre impotente, perché la Russia, purtroppo, siede nel Consiglio di Sicurezza e con un veto potrà sempre bloccare tutto.
In tutto questo l’Europa dovrebbe davvero avere uno scatto di orgoglio e portare la situazione ai massimi livelli di tensione. Quando Trump, alcuni giorni fa, parlando dei dazi ha detto che l’Unione Europea è storicamente nata per “fregare” gli Stati Uniti (ha detto proprio così, testualmente), non ci si può limitare ad una pacata protesta da parte di qualche portavoce europeo. Trump, come tutti i bulli, capisce solo il linguaggio della forza. L’Unione Europea non è un bambino indifeso: ha tutti i mezzi per farsi rispettare, ma dovrebbe cominciare ad usarli.
Di fronte all’ennesima sparata americana, sarebbe forse il momento di clamorose reazioni: a cominciare con la presentazione di dure note di protesta e, magari, il ritiro degli ambasciatori, seppur temporaneo. Per quanto riguarda i dazi, bisognerebbe reagire minacciando ed applicando dazi ancora maggiori di quelli americani, fino ad arrivare al blocco di ogni collaborazione commerciale.
Vorrei proprio vedere cosa verrebbe di buono agli USA da una guerra commerciale totale con l’Europa. Noi andremmo male, ma anche Washington ne uscirebbe con le ossa rotte. È questo il bello di un mondo iper-connesso quale è ormai il nostro: nessuno può e deve credere di vivere in una torre d’avorio dove sia possibile restare senza danni e senza ritorsioni qualunque siano le azioni messe in atto.
Voglio insomma dire che deve finire, una buona volta, l’epoca per cui tutti noi dobbiamo correre dietro ad ogni pazzia di Trump: bisogna rispondere a muso duro ed agire di conseguenza. Altrimenti confermeremo quello che il presidente americano sostiene da sempre: che l’Europa non conta niente, che è solo una “espressione geografica”, come pare Metternich abbia detto dell’Italia, a suo tempo.

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