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CERVO VOLANTE (r.f.)


Quando Micro scendeva la strada verso un piccolo boschetto di lecci, c’era sempre qualche bambino che lo seguiva. Non è che li amasse particolarmente, ma loro, lo adoravano. Non diceva mai loro cosa non fare; non diceva di non sputare, di non tirare con le fionde alle lucertole, di non raccogliere mozziconi e fumare. Non aveva nulla da insegnare. Ma conosceva il gesto.E sapeva dove trovare animali fantastici.Tra i tronchi caduti, sotto le cortecce, riusciva a scovare i suoi preferiti: cervi volanti e scarabei rinoceronte.I nomi stessi lo affascinavano e si voltava, fiero, verso quei ragazzini, con gli occhi che seguivano miti di animali fantastici: cavalli alati e arpie e ippogrifi.“Cervo volante” diceva contento, mentre il grande insetto camminava sulla sua mano. Il gesto. Era questo il suo modo di insegnare. Ad uno ad uno, tutti volevano affrontare quella prova di coraggio, sentire le carezze di quelle zampe che salgono lungo il braccio. E Micro li invitava a chiudere gli occhi e sentire, attraverso i suoi movimenti, la sua vita, sentire la bellezza di quelle corazze perfette, la progressione delle zampe sul loro braccio, un braccio che ormai era diventato un ramo, ed il corpo, tronco d’albero.