La riscossa del Sud

Napoli 23 gennaio 2012 * LA RIVOLTA DEI TERRONI


      L’appuntamento preso per Napoli il giorno 23 gennaio è passato attraverso facebook, come un “tam tam”, ma consapevoli che non molti avrebbero risposto positivamente all’intesa  di ritrovarsi in questo momento particolare, che vede dappertutto segni di rivolte e resistenza a questo governo dei banchieri e ad una politica nazionale, che diventa sempre più qualunquista e lontana dal popolo. Seppure ormai in molti siamo consapevoli della situazione nazionale, specialmente per il nostro Sud, che si ritroverà sempre più nella miseria, ancora non molti hanno preso consapevolezza  chiara del perché il sud è perdente di fronte al nord, e di chi sia la colpa del disfacimento della nostra economia meridionale. Mentre ben presto all’alba, sono partito per recarmi a Napoli, guardandomi attorno sul treno, riflettevo proprio su questa inconsapevolezza generale, dovuta a svariati motivi, e pensavo che la nostra gente del sud, nonostante continui a subire umiliazioni e situazioni difficili, resta passiva di fronte ad ogni possibilità di reazione. A lamentarsi si va bene, ma poi a dover prendere la decisione di reagire si resta immobili, in quell’immobilismo che non mancò neppure in quegli anni neri della conquista del sud, dove tanti lottavano e morivano per la Patria delle Due Sicilie, ma tanti altri subivano silenziosamente. Tanto più  oggi, dopo 150 anni di colonialismo, sento a pelle che la nostra gente si è “italianizzata”, nel senso peggiorativo della parola, continuando passivamente a vivere la grigia giornata dello “schiavo”, costretto a fare gli interessi di uno stato-padrone.Si è ormai convinti che così deve andare, e che nulla mai cambierà. Come cantava anche il maestro Battiato in una sua canzone. “Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere di gente infame, che non sa cos'è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene.Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! Non cambierà, non cambierà…. eppure alla fine, come una spinta positiva alla speranza, concludeva: sì che cambierà, vedrai che cambierà. Uno slogan dice, se tu credi che mai nulla cambierà, allora realmente nulla cambierà. Penso quindi che bisogna mettere a fondamento dei nostri propositi questa certezza del cambiamento, seppure la “Primavera del Sud tarda ad arrivare”.Riflettevo anche alla liberazione da parte dell’India del colonialismo inglese. Non sono serviti i terroristi e le guerre a produrre quella vittoria. Anzi terrorismo e guerra portarono solamente maggiori dispiaceri e povertà al popolo indiano, sconvolto e abbattuto dallo strapotere della forte Inghilterra. (La nostra terra e la nostra gente ha già fatto i conti con il potere di uno stato straniero, che volendo ad ogni costo mantenere la sua potestà sul popolo vinto, ha usato ogni mezzo per reprimere e distruggere l’ansia di libertà e indipendenza, e per spogliarci ancora maggiormente di ogni ricchezza, della dignità e persino della memoria) Solamente  la saggezza e la perseveranza di un solo uomo, che divenne l’anima dell’intera India, realizzò quella liberazione. La sua idea era semplice e potente allo stesso tempo. Probabilmente è di quella idea che dobbiamo impadronirci se vogliamo liberare il sud dalle sue catene e ridare dignità e benessere alla nostra gente, lavoro e futuro ai nostri giovani, serenità ai nostri bambini.Ultimamente a più riprese anche tra i nostri movimenti meridionalisti sta venendo fuori questa idea, che sarà forse la sola carte vincente: collaborazione comune, maggiore unità, anche conservando e sviluppando le personali diversità, rispetto di ciascuno, eliminando il ciarlare e il pettegolare, che sono l’arma della disgregazione.  
 Con queste idee sono giunto a Napoli. La prima impressione, una piazza semideserta. C’erano già gli amici di Insorgenza Civile e di Rinascita per il Sud. Poi sono arrivati altri dei Comitati Due Sicilie e gli amici di Napoletania, e altri ancora  dell’aria borbonica. Piano piano si sono aggiunti singoli e gruppi, specialmente molti giovani. Un giornale locale, volendo fare dell’ironia, ormai di casa per i giornalisti prezzolati del sistema, che devono difendere questa “fatale” unità d’Italia, si è soffermato ironizzando la presenza di bandiere gigliate, senza neppure sapere, nella totale ignoranza della verità, che quella bandiera racchiude 800 anni di storia del Sud, e non appartiene  a nessuna dinastia o blasone araldico, ma è stata e resta la bandiera dell’identità e del popolo meridionale, ne più  e ne meno che come la bandiera della serenissima repubblica di Venezia del leone di San Marco. Eppure quella bandiera sventola su Venezia e in tanti comuni del Veneto, e nessuno se ne risente che è sta la bandiera dei dogi. Quello stesso giornale, volendo ancor più ridicolizzare la manifestazione, ha ridotto la presenza a circa 100 persone, e ha parlato anche di arrendevole retromarcia dinanzi alle minacce di una eventuale carica da parte della polizia. Le opinioni restano tali, i fatti sono altri. Certo non si era in molti, ma credo che il numero fosse più considerevole di quello espresso dal giornalista in questione. Sostanzialmente questo  momento è stato importante, seppure è necessario che non resti isolato. Certo dinanzi alla possibilità di un intervento violento della polizia non valeva la pena insistere più della semplice manifestazione. Sappiamo bene che le forze dell’ordine sono costrette a fare la volontà di uno stato  tiranno, retto da quei politici, che mai saranno così coraggiosi da venire essi stessi a dialogare con il popolo, ma lo fanno attraverso la forza e il potere, obbligando polizia e carabinieri,  o militari, essi stessi a loro volta sfruttati e mortificati dallo stato-padrone, a osteggiare e opprimere la volontà del popolo. Chi “regna” dall’alto, il potere politico, i massoni padroni, usano da sempre la tattica degli imperatori romani, “divida et impera”. E mentre essi regnano indisturbati e si appropriano di tutto ciò che vogliono, camminando a braccetto con le mafie e i poteri oscuri per conservare il loro trono, obbligano i “poveri” a farsi la guerra tra loro. Un giorno, forse, questi uomini della forza pubblica, si renderanno conto che essi appartengono al popolo, che essi stessi sono il popolo… e tanti di loro sono meridionali, e quindi, chissà, come già per alcuni è successo, apriranno le loro menti alla verità della storia, e si renderanno conto che stanno servendo la parte sbagliata, e aiuteranno la nostra vera Patria a ritrovare la sua libertà.Intanto credo che questa giornata sia stata positiva, aldilà del numero e del risultato. Bisogna continuare, sapendo anche che Napoli è una piazza difficile. Bisogna lavorare molto nei paesi limitrofi, nelle scuole, tra la gente del popolo. Scendere spesso sulle piazze, cose che da tempo si sta facendo, incontrando la gente, parlando loro, distribuendo volantini e libri. Bisogna rispondere a tono a certi politici e a certi giornalisti che ridicolizzano il revisionismo storico, invitandoli a consultare i documenti. Ma bisogna che anche noi facciamo realmente storia e cultura, e non le barzellette, andando sempre a verificare  e studiare i documenti ufficiali nella loro integrità. Bisogna alimentare lo spirito di dialogo e collaborazione tra tutti, sapendo mettere da parte rancori e livori personali, sapendo guardare in alto, all’ideale e all’identità comune, che è quello di riprenderci la patria, la dignità e la libertà.Mi auguro che al più presto,  ancora,  sappiamo scendere “insieme” sulle nostre piazze, alzando le nostre bandiere, gridando la nostra verità, consapevoli che solamente così possiamo abbattere il sistema che da 150 anni ci umilia e ci opprime. Il simbolo del forcone è stato ideale, quella stessa arma, così fragile, alzarono i nostri contadini contro l’usurpazione piemontese. Oggi il forcone che dobbiamo rialzare con forza è la nostra intelligenza, la nostra capacità di perseverare nella lotta e nella verità, la nostra ricerca del bene comune e collettivo, il nostro desiderio di riscatto e di unità, la nostra voglia di non arrenderci, il coraggio di sopportare e andare avanti… la vittoria non è una corona che si conquista con una semplice battaglia, ma è la meta di tante battaglie, alcune vinte, altre perse, alla fine la meglio non l’avrà il “più forte”, ma il perseverante. Allora avanti, in salita, e non perdiamoci d’animo. La Verità ci renderà liberi!