La riscossa del Sud

ANCHE LA SICILIA CONOBBE LA VIOLENZA PIEMONTESE


Un altro grave fatto avvenne nell’ agosto del 1860 nella nostra Nazione appena occupata da Garibaldi e dai suoi mille masnadieri, a Bronte, cittadina tra Messina e Catania, e anche quest’avvenimento è  stato taciuto o nascosto, o ancora più grave, falsamente raccontato, dalla storiografia dei vincitori. È il primo caso di cattiva gestione della giustizia da parte di questi cialtroni dei “fratelli d’Italia” e l’esempio più eloquente di come erano venuti a liberare la parte meridionale della penisola,e delle falsi intenzioni, di questi tristi assassini venuti dal nord. Come questo, altri mille avvenimenti, portarono le miti popolazioni meridionali a ribellarsi a questa ingiusta usurpazione, che aveva fatto del Meridione la terra di nessuno.Innanzitutto è da sfatare il mito, che appena l’idolo Garibaldi e il suo esercito di furfanti sbarcò a Marsala, il popolo siciliano fosse pronto a seguirlo nella battaglia. Una grande mistificazione storica, la realtà fu ben altra.Uno degli organizzatori dell’impresa dei mille, fu Francesco Crispi, un traditore siciliano, proveniente da una famiglia Arbëreshë di Palazzo Adriano, cioè di lingua albanese. Questi, di idee sovversive e massonico-liberale, che già in passato mettendosi tra gli indipendentisti, fu uno dei capi dell’insurrezione, non perse l’occasione di entrare tra i masnadieri della rivoluzione risorgimentale. Infatti fuggito in Piemonte dopo i fatti del 1848, qui ebbe modo di conoscere Mazzini e di entrare nel suo circolo. Persino dal Piemonte, dove sbarcava il lunario come “pennivendolo”, per motivi di sovversione fu espulso. Protetto dalla massoneria si rifugiò prima a Malta, e poi a Parigi, ma anche qui fu espulso, e raggiunto Mazzini a Londra, continuò a cospirare per la creazione di un’Italia mazziniana.Contrario al Savoia, non ci pensò due volte di vendersi al massonico sovrano piemontese, pur di restare tra i capi del nuovo Stato, che le trame di Cavour e della massoneria andavano creando. In incognito venne diverse volte in Sicilia, e fu, probabilmente, proprio lui, insieme a La Farina,  che con i soldi della massoneria e il beneplacito del Savoia, contattò i mafiosi e i circoli liberali siciliani, dove certamente si annidavano maggiormente i latifondisti mafiosi dell’isola, preparando lo sbarco dei mille. Infatti non furono i siciliani onesti, che erano felici del loro attuale governo, ad accogliere i barbari di Quarto, ma le navi inglesi “Intrepid” e “Argus”, che fecero da protezione alle due “barchette” piemontesi, e nello sbarco a Marsala ai masnadieri in camicia rossa, si unirono i picciotti della mafia.Come prova che i siciliani male accolsero i mille è la stessa testimonianza che ci fa uno dei garibaldini, il toscano Giuseppe Bandi, anch’egli “pennivendolo”, che da “disertore” dell’esercito piemontese, seguì Garibaldi nell’impresa dei mille, il quale scrisse nelle sue memorie: << I mille vengono accolti dai marsalesi come cani in chiesa! >>. Credo che sia semplice l’interpretazione che possiamo dare a queste parole.Dopo la prima indifferenza, man mano che si andavano manifestando le vittorie delle scaramuccie garibaldine, grazie ai tradimenti di Landi, e le promesse che i liberali facevano ai contadini, anche tra i siciliani, dove sempre si era annidato lo spirito indipendentista, si fece largo l’idea della sommossa, e tanti spinti da vecchie promesse non mantenute e dai sorprusi dei latifondisti, incominciarono a credere che la venuta di Garibaldi e dei mille, fosse una possibilità di miglioramento.  Non erano servite neppure le prime riforme che il giovane Francesco II stava facendo per la Sicilia, riforme che sarebbero sempre più diventate realtà di miglioramento e di maggiore autonomia per l’isola. Tanti siciliani vennero spinti alla sommossa da provocatori, che speravano di diventare i padroni della Sicilia. Senza contare che tanti delinquenti comuni, ritornati anche da lontano nella loro isola, si infiltrarono tra i garibaldini, nella speranza di riceverne qualche beneficio personale. Lo stesso Garibaldi in una sua nota dice: " Francesco Crispi arruola chiunque: ladri, assassini, e criminali di ogni sorta". La Mafia prende la sua forma.Ma l’avanzata dei garibaldini, nelle cui file oltre ai picciotti mafiosi e ai delinquenti comuni, marciavano gente di ogni razza: turchi, algerini, polacchi, ungheresi, indiani inglesi, russi, creando disordini e violenza nei paesi occupati; il potere sempre maggiore di Garibaldi e dei suoi ufficiali, l’arrivo delle truppe piemontesi comandate dal Medici;  ben presto mostrano il vero volto dei liberatori. I villaggi venivano saccheggiati ed incendiati; i garibaldini uccidevano per motivi futili e per incutere timore, le bande garibaldine, torturavano e fucilavano tanti siciliani, e Garibaldi usava il suo potere per svuotare le banche siciliane. Tutto questo motivò la sommossa dei siciliani al nuovo Re piemontese, che risultò essere peggiore del Re napoletano, che tutto sommato aveva portato comunque alla Sicilia benessere e riforme.
Una delle prime sommosse,  anche se con motivazioni diverse, fu quella di Bronte, dove esisteva la Ducea di Nelson, una specie di feudo di 25.000 ettari concesso da Ferdinando I all’ammiraglio Nelson, come ricompensa per gli aiuti forniti al Reame nel 1799. Alle notizie dell’avanzata di Garibaldi, i contadini insorsero contro i padroni delle terre, aizzati dai settari che, dovendo sollevare comunque dei tumulti, promettevano loro le terre secondo i proclami garibaldini.  Era una calda giornata di agosto, e stanchi dei “galantuomini”, che da sempre avevano sfruttato il popolo, questi contadini reclamavano quella promessa loro fatta. Ma, poveri meschini, non avevano fatto i conti con il clan mafioso-liberale, che dall’avanzata di questo nuovo sistema politico, voleva prendere il potere sulle popolazioni siciliane; ne avevano pensato che il vero artefice di quella rivoluzione garibaldina era proprio l’Inghilterra massonica, che in quella Ducea di Bronte aveva il suo feudo. Neppure quei pochi liberali, che si erano messi a capo della sommossa, avevano pensato che stavano calpestando i piedi ad un potere più forte di loro.  Fiduciosi “dell’eroe in camicia rossa” e del suo esercito qualunquista, incominciarono la loro piccola rivoluzione personale.Purtroppo tra questi contadini, che forse mai avrebbero pensato di prendere “piglio alla violenza”, si annidarono delle teste calde, che usarono di una giusta rivendicazione per uccidere e vendicarsi.Dall’iniziale sommossa verbale, ben presto si passa ai fatti, e vengono massacrati una decina di  “galantuomini e notabili della città”. Non mancarono tra le vittime anche ragazzi innocenti, che nulla sapevano di potere politico o di differenza di classe. Il 4 agosto furono inviati a Bronte ottanta uomini della guardia nazionale, comandati dal questore Gaetano de Angelis, i quali però fraternizzarono con gli insorti, addirittura consentendo che venissero uccisi nella località detta Scialandro altri quattro "galantuomini" Nel disordine di quella ingiusta rivoluzione provocata dai garibaldini, ormai in preda al potere delle cosche e dei delinquenti comuni che si erano affiancati agli occupanti in camicia rossa, c’era il caos in tutta la Sicilia. Ben preso in altri paesi ci fu sommossa: Linguaglossa, Randazzo, Centuripe e Castiglione, confinanti con le proprietà inglesi.In questo caos il padrone inglese non tardò a richiamare i suoi cagnolini, Garibaldi e Crispi, perché intervenissero in questa sommossa con sollecitudine e determinatezza. Non interessava tanto riportare la pace  e la giustizia, ma salvaguardare gli interessi del padrone. Infatti sono interessanti da leggere le lettere inviate dal console inglese John Goodwin al duce Garibaldi e al ministro Crispi con “pressanti inviti volti a tutelare gli interessi economici del Nelson”, padrone di quelle terre. In esse il console accusa, senza alcuna fondatezza, l’avv. Nicola Lombardo, di essere capo e artefice di quella sommossa. Una ingiusta accusa. Il Lombardo, seppure liberale e fautore dei garibaldeschi, si era fatto anzi promotore di pace, ma inascoltato dai veri artefici di quella sommossa, che non è improbabile fossero amici dei nuovi colonizzatori.Fu cosí che per non danneggiare gli inglesi, che non avevano mancato di far giungere al generalissimo la loro riconoscenza, Garibaldi preoccupatissimo inviò il 6 agosto sei compagnie di soldati piemontesi e due battaglioni cacciatori, l’Etna e l’Alpi, al comando di Nino Bixio, uomo violento e testardo, per rimettere ordine e punire i colpevoli. Queste orde circondarono il paese, ma intano i veri colpevoli erano già scappati.
Bixio fece arrestare l'avvocato Lombardo, ritenendolo arbitrariamente il capo dei rivoltosi, e, per trovare una motivazione ed accusare i borbonici di quegli avvenimenti cruenti, lo accusò di essere borbonico, e per terrorizzare ulteriormente i cittadini, uccise personalmente a sangue freddo un notabile che stava protestando per i suoi metodi.  Lo stesso giorno, 6 agosto, un proclama di Bixio è lanciato come lingua di fuoco: "Bronte colpevole di lesa umanità è dichiarato in istato d'assedio: consegna delle armi o morte: disciolti Municipio, Guardia Nazionale, tutto: imposta una tassa di guerra per ogni ora sin che l'ordine sia ristabilito". Nei giorni successivi incriminò altre quattro persone, tra le quali un malato di mente. Il giorno 9 agosto vi fu un processo farsa che condannò a morte i cinque imprigionati, tra cui il povero demente, che erano del tutto innocenti, e li fece fucilare spietatamente il giorno successivo. In quel frangente Bixio si rivelò per ciò che realmente era: un tiranno e un feroce assassino. Per ammonizione, all' uso piemontese, i cadaveri furono lasciati esposti al pubblico, insepolti. Bixio ripartì il giorno dopo portando con sé un centinaio di prigionieri presi indiscriminatamente tra gli abitanti: la prima ingiusta deportazione del popolo meridionale. Dopo Bronte, ancora altri villaggi provarono l’ira di Bixio. Ecco cosa racconta uno dei garibaldini: <<Dopo Bronte, Randazzo, Castiglione, Regalbuto, Centorbi, ed altri villaggi lo videro, sentirono la stretta della sua mano possente, gli gridarono dietro: Belva! ma niuno osò più muoversi. Sia pur lontano quanto ci porterà la guerra, il terrore di rivederlo nella sua collera, che quando si desta prorompe da lui come un uragano, basterà a tenere quieta la gente dell'Etna. Se no, ecco quello che ha scritto: "Con noi poche parole; o voi restate tranquilli, o noi, in nome della giustizia e della patria nostra, vi struggiamo come nemici dell'umanità">>.
La Sicilia, ormai tutta conquistata dai colonizzatori, nel frattempo, venne posta praticamente in stato d'assedio dalla flotta piemontese, con l'aiuto delle navi francesi ed inglesi, che effettuarono un blocco dei porti e delle coste, causando il crollo dei commerci marittimi e di ogni altra attività produttiva dell'Isola. Inoltre vi fu l’applicazione di un regime fiscale molto più pesante di quello dell'ex regno di Napoli: così i contadini delle grosse borgate rurali furono sottoposti all'imposta immobiliare perchè abitavano in città. Inoltre vi fu anche l’obbligo al servizio militare per i giovani, cosa sconosciuta sotto la monarchia borbonica, che amava vivere in pace con tutti, e interessarsi solamente dello sviluppo del proprio regno.Ben presto i contadini e il popolo siciliano si resero  conto che le promesse del liberatore erano fandonie, e vedevano che quei latifondisti, che precedentemente per la politica di riforma dei Borbone stavano perdendo il loro potere, ricominciavano a comandare, a diventare padroni della terra, anzi persino la terra che era tolta ingiustamente alla Chiesa, e che per tanto tempo era servita per dare lavoro alla classe umile, ora per pochi soldi veniva riscattata dai mafiosi e dai baroni.Una delusione sempre più crescente andava ad animare il cuore dei siciliani, che disconoscendo questo nuovo Stato, e non rispondendo al servizio di leva, si unirono ad altri ribelli, per costituire quelle truppe di eroici patrioti, che andava ad opporsi alla colonizzazione piemontese; che, prima che nelle altre province, proprio in Sicilia, terra di quei liberali e massoni che avevano preso il potere come cortigiani del re piemontese e alleati dei mafiosi, aveva portato fame, povertà, ingiustizia, morte. Una guerra atroce continuò tra il libero popolo siciliano e gli occupanti piemontesi,; una guerra repressa nel sangue, nella violenza e dai bombardamenti. Una guerra che ha fatto migliaia di morti, di eroici Siciliani che si erano ribellati all'azione mafiosa del Piemonte e del Re Savoia.                                                                    La triste leggenda dei Mille