La riscossa del Sud

19 SETTEMBRE: SAN GENNARO PATRONO DEL REGNO


Oggi celebriamo la solennità di san Gennaro, il Santo tutto napoletano, ma io lo ritengo tutto meridionale, il Santo del Regno delle Due Sicilie. Da sempre venerato nel nostro meridione, terra ricca di tradizioni e fede, ma terra intrisa di sangue innocente, quello stesso Sangue prezioso, che ogni anno, e anche quest'anno, si è liquefatto, per dire alla gente della nostra terra di non abbattersi, di non perdere la speranza, di avere sempre viva la fede nell'Onnipotenza di Dio, c'è sempre l'avvento di un nuovo giorno, di un giorno migliore, una redenzione perfettaper ciascun uomo e per questa nostra Patria.Stamattina, alla buon'ora, ho pensato ad un aneddoto simpatico, e ho scritto questa storiella, per ricordare un segno del dispiacere di questo Santo tutto meridionale. Il dittatore Garibaldi quando arrivò a Napoli, per prima cosa, da perfetto maleducato, andò a fare "una pisciata" dietro ai vagoni del treno, e poi chiese di andare da San Gennaro (il diavolo voleva imporre anche al Santo la sua dittatura), e quando è arrivato in cattedrale, oltre all'indifferenza del grande Cardinale Sforza, si ritrovò con i canonici impauriti e sospettosi (vuoi vedere che questo mariuolo si fotte il tesoro), e un San Gennaro, che non mosse neppure un capello. Dopo qualche tempo è arrivato il Vittorione, il macellaio torinese, e subito anche lui in cattedrale, dicendo di voler fare visita a San Gennaro, per ricevere il suo beneplacido. Pensava il maialone che San Gennaro gli facesse un gran sorriso, e compisse per lui il miracolo del sangue, fuori stagione. Ma quel giorno ci fu tempesta. Cielo aperto e pioggia a catinella.  Il becero Savoia era nervoso, anche perché a lui Napoli non piaceva, e aveva una grande antipatia per "i beduini meridionali". Ma chi gli è l'ha fatto fare  a venirci a rompere le scatole.La buona gente meridionale lo guardava con sospetto, attorno facevano una "festa addomesticata", i pochi cagnolini, che per qualche mollica di pane, facevano le moine al padrone. Che grande varietà. Vittorio Emanuele, nella sua alterigia tutta piemontese, non sapeva nulla dei napoletani, e figurati poi i napoletani, che se ne fottevano di questo re che parlava ostrogoto.Si presenta in una cattedrale semivuota, non è accolto neppure dal Cardinale, anche perché il triste mercenario Garibaldi s'era sbrigato a mandarlo in esilio, visto che il grande e santo Cardinale Sforza era un Borbonico eccezionale. Non riuscì, però, a mandare in esilio San Gennaro che gli aveva dimostrato indifferenza, e neppure a rubargli il tesoro, perché da satanista pervertito e superstizioso qual'era, pensò: manco i cani tocco a San Gennaro, quello mi fulmina. Tornando al Vittorione, questo tutto infracidato dalla pioggia, e con una faccia boriosa e scura, si presenta al portone della Cattedrale.Gli si para davanti il ministro Liborio Romano, esempio di grande fedeltà e onorabilità, circondato da eccezionali cattolici, Tore e Crescenzo, la Giovannara e la bella compagnia della camorra napoletana. Persone rispettabilissime, dal punto di vista del Savoia, certo abituato com'era a circondarsi nella sua  corte piemontese di massoni, di politici corrotti, di fuggiaschi traditori e di "monnezza" varia.Nella bella Napoli Capitale, che fino ad allora aveva avuto il piacere di avere per Re dei veri  gentiluomini, i Borbone delle Due Sicilie, che erano nell'animo napoletani e amanti di questa terra, fino a quel momento non c'era  mai stata sporcizia, neppure un "sacchetto di immondizia" fuori posto. Il mare era così bello che dentro ci si bagnavano "i tarallucci". Nell'aria c'era sempre un profumo meraviglioso, della bella varietà napoletana, che faceva del paesaggio una vera opera d'arte. Che bella cosa, quando c'era il Borbone a Napoli.Ma appena è arrivato il Savoia, ecco che già un poco  "di monnezza" incomincia a mettere fuori la testa. Persino fuori alla Cattedrale.La Giovannara tutta eccitata, rivestita di  un vivace tricolore, si butta ai piedi del Vittorione e con la sua voce "sguaiata", grida un evviva. Tutte le "vajasse" della camorra le si fanno accanto, e affascinate dal conquistatore, così poco nobilmente torchiato e corto, fanno un applauso. Tutte "le zoccole" di Napoli, alla vista dell'immondizia arrivata dal Piemonte, mettono la testa fuori dalle fognature. Erano ormai cambiati i tempi. I ratti erano tornati a fare da padroni, e non vedevano l'ora di saccheggiare la bella Napoli.Dopo tutti i convenevoli, e il saluto borioso e falso del tristo ministro napoletano, la compagnia entra in Cattedrale, una Cattedrale buia e semivuota. Il piemontese pensava che i canonici facessero i balletti per lui, e che lo stesso San Gennaro scendesse dal trono e gli si parasse davanti. Ma al Santo non importava proprio nulla di questo straniero, e per giunta brutto, che era venuto a versare sangue meridionale.  Ancora più nervoso il tiranna si avvicina all'altare, e chiede che gli mostrino le ampolle del sangue. Povero canonico, che così timorosamente va a prenderle, nella paura che l'empio Savoia potesse compiere uno scempio, o peggio ancora, rubarsele e portarle a Torino. Non era la prima volta che i barbari portassero via le cose belle. Arriva con le reliquie davanti al "baffone", che ignorante e antireligioso qual'era, non si toglie neppure il cappello.Il tristo sovrano piemontese, s'aspettava che il Sangue miracoloso si sciogliesse, e così avere da parte di San Gennaro il beneplacido alla sua triste azione. Ma San Gennaro, che la vedeva lunga, e che conosceva la mala parata, prevedendo il gran male che sarebbe avvenuto in tutto il meraviglioso Regno, con la calata di tanta barbarica progenie,  gli voltò la faccia, e di miracoli non se ne videro neppure l'ombra. Povero San Genanro, che già vedeva mischiato al suo Sangue, il sangue innocente di migliaia di meridionali, donne, bambini, vecchi, uomini, giovani, che sarebbero stati fatti straziare e uccidere, da quel verme che gli si parava davanti.Già vedeva tutti i mali di Napoli e del Sud, e vedeva concretizzarsi, per colpa di quell'impostore che si faceva chiamare padre della patria, la profezia del buon Francesco II, e San Gennaro voleva bene al giovanissimo Borbone, che lasciando la preziosa Capitale disse:non vi lasceranno neppure gli occhi per piangere.E il miracolo tanto preteso non avvenne. Solo un segno dal cielo, un violento temporale, lampi, tuoni  e grandine, che non smise  mai in quella triste giornata.Tutti se ne ritornarono a casa, il beffeggiato Savoia, con un diavolo per baffo, il cinico don Liborio, le beffarde megere e i tristi vassalli.
E San Gennaro restò nella sua Cattedrale, e forse segretamente lo fece il miracolo, pensando al suo figlioletto Franceschino e alla dolce Maria Sofia, che a Gaeta, circondati dall'affetto dei soldati e del popolo, soffrivano sotto le bombe di Cialdini; pensando ai poveri soldati meridionali, che sarebbero stati deportati in Piemonte, per trovarvi  una triste morte; pensando al popolo delle Due Sicilie, che mai come allora, avrebbero dovuto subire un grande castigo infernale, a tutto il sangue che sarebbe stato versato; pensando ai tanti esuli che per lunghi anni, avrebbero dovuto lasciare i bei lidi meridionali, per terre lontane, rimpiangendo amaramente la Patria perduta. E lo fece il miracolo San Gennaro, segretamente, lo fece per noi Duosiciliani, per dirci di non aver paura, di non perdere la speranza, di saper attendere tempi migliori, perché la malerba non è eterna, le usurpazioni non durano sempre, prima o poi tornerà il sole su Napoli e su tutto questo Regno,e non ci sarà più l'empietà a governare, ma la giustizia.