La riscossa del Sud

Gaeta, una memoria da ritrovare


 Il 13 febbraio 1861 cadeva Gaeta, sotto il fuoco continuo e imperterrito del conquistatore, e il giovane Re delle Due Sicilie, Francesco II, abbandonato e tradito dalla politica internazionale alla triste sorte dei vinti, che insieme a pochi coraggiosi stava difendendo l’indipendenza del Sud, dovette soccombere e firmare la resa.Terminava così l’indipendenza di una Nazione, quella meridionale, con quasi un millennio di storia, e terminava in modo cruento.  La storia  post-unitaria, falsificata dal nuovo regime,  si è adoperata per sradicare dalla coscienza e dalla memoria il modo violento con il quale l'unità si ottenne, ammantando di leggende quei criminali che conquistarono il meridione, nascondendo le vicende della guerra civile, nonostante la formale, ma falsa annessione al Regno di Piemonte, e tacendo, soprattutto la circostanza che le popolazioni del sud, salvo una minoranza di latifondisti ed intellettuali liberalisti-massoni, che vedevano nella conquista del sud la possibilità di arricchirsi,  non avevano nessuna voglia di essere "liberate", e anzi reagirono violentemente contro coloro i quali, a ragione, erano considerati invasori.
Nei giorni scorsi proprio a Gaeta si sono ritrovate molte  persone, tra cui tanti giovani meridionali, per ricordare quest’avvenimento e per commemorare i caduti, specialmente i cadetti della Nunziatella, che scappati dalla Napoli ormai garibaldina, si recarono a Gaeta per unirsi al Re nella difesa del Regno, e che dopo che era stato firmato l’armistizio, persero la vita insieme  a tanti civili, perché il criminale generale Cialdini, ordinò ancora di bombardare la città.La caduta di Gaeta, epilogo della caduta del Regno stesso,  ha segnato per il popolo meridionale quella condizione conosciuta ormai come “Questione Meridionale”, che resta una delle grandi contraddizioni della società italiana; da questa infatti trae origine il divario socio-economico esistente tra  nord e sud, la grande disoccupazione meridionale, lo spreco delle energie intellettuali, il decadimento nell'agricoltura, e la grande diaspora di emigrazioni.E oggi le condizioni non sono diverse, ancora assistiamo nel meridione a un vero degrado: la mala sanità, il problema dei rifiuti, il malaffare politico, la criminalità organizzata.Da quel fatidico giorno ad oggi stiamo assistendo ad una mistificazione della storia, volendo addossare la gravità del degrado meridionale alla stessa popolazione del sud, ritenendola parassitaria, ed endemicamente corrotta. Non manca chi ancora confonde il cosiddetto brigantaggio, che fu una spontanea insorgenza del popolo meridionale contro la colonizzazione del proprio paese e l’imposizione della piemontesizzazione delle proprie tradizioni e origini, come antefatto di quella realtà negativa che è mafia e camorra. Volendo nascondere che tali negatività, nella Nazione meridionale preunitaria, erano limitate e circoscritte. Solamente dopo l’unificazione esse trovarono quel terreno fertile, dovuto alla corruzione e al potere latifondista, nonché agli accordi segreti con il governo sabaudo, per trasformarsi da una pura e circoscritta sfera delinquenziale comune, ad una vera impresa parastatale.Questa mistificazione, poi, ha voluto allargarsi fino a creare una leggenda nera risorgimentale sui Borbone di Napoli, i cattivi e tiranni, opponendo i grandi e preinventati padri della patria italiana, i galantuomini, che avevano portato al sud povero e tiranneggiato, pane e libertà.Ma proprio questa era la realtà? Realmente quello Stato, che abbracciava quasi due terzi della penisola italiana, era arretrato, povero e intellettualmente degradato? Il sud della penisola era realmente una terra di terribili delinquenti?Eppure oggi i diversi documenti venuti alla luce e tenuti per circa un secolo e mezzo rinchiusi in archivi segreti, come le diverse pubblicazioni di storici e giornalisti, ci parlano di un’altra storia, così diversa da quella mistificata e falsa di uno Stato italiano, che, come diceva lo storico Gramsci, era stato per le isole e per le popolazioni meridionali, una vera tirannia.
Essi ci parlano di una Nazione, quella del regno borbonico, illuminista e socialmente progredito. Una Nazione all’avanguardia in Europa e nel mondo nei diversi settori della scienza, della cultura, dell’istruzione, dell’industria, dell’economia, del commercio, della sanità, della marina, dell’esercito. Una Nazione dove c’era libertà d’opinione e nella quale il Re, da buon Padre di Famiglia, si faceva prossimo al popolo, ne conosceva le esigenze, lo difendeva nel fabbisogno. Una Nazione dove l’ideale e la fede cattolica, che indirizzavano la vita morale dell’uomo, erano alla base della sua esistenza. Una Nazione all’avanguardia nel Diritto Civile e Penale, tanto è vero che lo stesso imperatore francese Napoleone III, manda alcuni osservatori perché possano apprendere dalle leggi napoletane l’equo modo di applicare la giustizia. In questo Stato borbonico, che per anni la falsità storica ha voluto tacciare come negazione di Dio, facendo propria la calunnia di un massone inglese, venne abolita la tortura, furono riformati i carceri, la pena di morte era una rarità, mentre nella civile Inghilterra, nella riformata Francia e nello sviluppato Piemonte, vi erano carceri tetri, e ancora la tortura era la massima espressione dell’interrogatorio dei prigionieri, e la pena di morte una corrente abitudine.In questa nazione la donna era rispettata e difesa, i bambini ricevevano attenzione ed istruzione, c’era per tutti lavoro e rispetto. Mai si assistevano a quelle scene di diaspora migratoria, conosciuta solamente dopo l’unità d’Italia, anzi nell’antica seteria di San Leucio, come nelle tanti antiche o nuove industrie che si andavano sviluppando, trovavano lavoro tanti che emigravano dagli Stati del nord, verso il sud.Non mancavano, poi, tanti dall’estero, che attratti dal buon governo borbonico, venivano al sud per investire i loro capitali, rassicurati dal patrimonio dello Stato, che, come testimoniava lo stesso Francesco Saverio Nitti, era pari al 66 % di tutta la penisola italica.Tutto questo finì con il crollo del Regno, e quella che fu tra le più grandi nazioni europee, divenne una colonia del Piemonte, spogliata del suo patrimonio economico, storico, culturale, industriale. La più bella capitale, terza in Europa, Napoli, divenne meno di una sottoprovincia. Depredate le banche, fatte fallire le industrie, chiuse le scuole, iniziò quel genocidio, peggiore di quello fisico, il genocidio della memoria, spogliando il popolo meridionale della sua storia, della sua dignità, del suo valore. Ancora oggi siamo incatenati a questa maledizione, e tanti meridionali, costretti al duro esilio “sui fiumi di Babilonia”, provano gratitudine verso coloro che li hanno depredati persino della dignità. Tanti, anche nel nostro sud, si sentono inferiori e non amano la loro terra, le loro belle città, anch’essi prigionieri di quella leggenda che fa del meridione la terra dei briganti. È tempo, ormai, di rialzarci dal sonno. Abbiamo bisogno di politici nuovi, e che facciano il bene del sud. Abbiamo bisogno di fare verità sulla nostra storia, e che questa verità non resti solamente un rimpianto, ma diventi azione concreta di rinascita, di sviluppo, di presa di coscienza. Solamente così possiamo riuscire a rialzarci e risolvere quella questione meridionale impostaci come marchio indelebile di una colonizzazione che dura ormai da quasi 150 anni.
Che il prossimo incontro di Gaeta non sia solamente ricettacolo di poche centinaia di persone, ma veda affluire in quella città martire e redentrice, migliaia di meridionali, e si possa finalmente costruire un altare per quei martiri, che sia un altare di vera memoria da opporre ai falsi altari della libertà, simboli di una verità corrotta.  (M.C. 2009)