As time goes by

Turandot G. Puccini 1926


“A Pekino, al tempo delle favole”.Atto I Le mura di Pechino, città imperiale. A destra il loggiato della reggia. Presso la porta è appeso un gong.Un mandarino annuncia che il Principe di Persia, non avendo saputo sciogliere i tre enigmi proposti dalla Principessa Turandot a chi aspira alla sua mano, verrà decapitato, secondo la legge, al sorgere della luna. La folla, eccitata dall’idea del sangue, si agita tumultuando. Un vecchio viene travolto, la fanciulla che l’accompagna chiede aiuto: un giovane accorre e riconosce nel caduto il proprio padre. Il giovane è il Principe Calaf, suo padre è Timur, re tartaro in esilio che la giovane schiava Liù ha condotto in salvo. Chi lo sconfisse e ne usurpò il regno ancora lo perseguita: per questo nessuno a Pechino deve riconoscerlo. Quando il Principe Calaf chiede alla giovane schiava il perché di tanta dedizione a suo padre, Liù risponde: «Perché un dì, nella reggia, tu mi hai sorriso».Intanto, invocata da una folla prostrata, sorge la luna, e il Principe di Persia viene condotto al supplizio. È così giovane che la folla si impietosisce e chiede che Turandot gli faccia la grazia.La Principessa appare sul loggiato e con un gesto conferma la sentenza di morte. Calaf, alla vista di Turandot, se ne innamora perdutamente e vuole suonare il gong che annuncia un nuovo aspirante alla sua mano.I tre ministri Ping, Pang e Pong lo fermano, anche Timur e Liù lo sconsigliano dall’impresa.Katia Ricciarelli 1983 Vienna - Signore ascoltaLiùSignore, ascolta! Ah, signore, ascolta! Liù non regge più, si spezza il cuor! Ahimè, quanto cammino col tuo nome nell'anima, col nome tuo sulle labbra! Ma se il tuo destino doman sarà deciso, noi morrem sulla strada dell'esilio. Ei perderà suo figlio, io l'ombra d'un sorriso. Liù non regge più! Ah!Josè Carreras 1983 Vienna - Non piangere LiùCalafNon piangere, Liù! Se in un lontano giorno io t'ho sorriso, per quel sorriso, dolce mia fanciulla, m'ascolta: il tuo signore sarà domani, forse solo al mondo…Non lo lasciare, portalo via con te!Il principe ignoto percuote il gong: è pronto a sfidare Turandot.
Atto IIPing, Pang e Pong, ministri del Mandarino, rievocano tutte le esecuzioni alle quali sono stati costretti ad assistere. Giunge Turandot e racconta che gli enigmi ai pretendenti stranieri sono un modo per vendicare la sua ava Lo-u-Ling, uccisa da uno straniero che aveva conquistato il suo regno. Quindi rivolge i suoi tre difficilissimi quesiti al principe ignoto che, tra lo stupore dei presenti, li risolve tutti. Turandot rifugge all’idea di sposare un principe straniero e gli manifesta tutto il suo odio. Il principe le propone a sua volta un quesito: “dimmi il mio nome prima dell’alba, e all’alba io morirò!”.Atto IIIÈ notte: Turandot ha imposto che nessuno dorma a Pechino perché si deve scoprire il nome dell’ignoto pretendente. Anche il principe non dorme, sognando la sua vittoria. Josè Carreras 1983 Vienna - Nessun dormaCalafNessun dorma! Nessun dorma! Tu pure, o Principessa, nella tua fredda stanza guardi le stelle che tremano d'amore e di speranza...Ma il mio mistero è chiuso in me, il nome mio nessun saprà! No, no, sulla tua bocca lo dirò, quando la luce splenderà…Ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia.
Alcuni sgherri hanno intanto catturato Timur e Liù: erano con il principe, loro sapranno dirne il nome. Arriva anche Turandot e Liù confessa di sapere il nome, ma non lo dirà mai perché lo ama e temendo che la tortura la possa far confessare, si uccide. Turandot è turbata dal sacrificio della giovane. Rimasti soli il principe ignoto la bacia e le confessa di chiamarsi Calaf, e se lei non lo ama non gli importa di morire. È l’alba: davanti al popolo Turandot confessa al padre di sapere il nome del principe: “il suo nome è… Amor”.26 aprile 1926, Teatro alla Scala di Milano: va in scena la prima di Turandot di Giacomo Puccini, sul podio c’è Arturo Toscanini; dopo il coro che segue la morte di Liù, il direttore si ferma, si gira verso il pubblico e dice: «Qui finisce l’opera, perché a questo punto il Maestro è morto». Giacomo Puccini era morto il 29 novembre 1924 a Bruxelles lasciando incompiuta l’opera: mancava il duetto finale, che fu completato, seguendo gli appunti di Puccini, da Franco Alfano, musicista e Direttore del Conservatorio di Torino.  Anche nella sua ultima opera Puccini traccia i due modelli di donna così cari al suo immaginario: la dolce Liù che muore per amore e la crudele Turandot che prima di cedere a Calaf, gli uomini li faceva decapitare.