Prima di tutto, senza farsi prendere dalla follia generale. Infatti, a parte qualche economia seriamente in gravi condizioni (i primi nomi a naso sono quelli del Venezuela e dell’Argentina), è difficile vedere i tanto temuti impatti della politica di inondazione di capitali (vista la proporzione e l’estensione geografica, chiamarla semplicemente iniezione sarebbe diminutivo) che si manifestano nell’inflazione incontrollata. E, cosa ancora più anomala e inquietante, soprattutto se vista con gli occhi di un investitore vecchio stampo, l’oro non è più un bene rifugio con perdite che ad aprile hanno fatto gridare all’orrore. Decenni di guadagni bruciati anche in pochi giorni e crolli che rimarranno nella storia del metallo prezioso al pari dei sui leggendari rally. Si perdono tutti i cari, vecchi, solidi punti di riferimento.
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E visti i numeri dell’economia che arrivano dagli ultimi dati sul Pil trimestrale europeo (con qualcosa di sconcertante sul fronte del mercato del lavoro) e dagli alti (tanti ma incerti) e bassi (pochi ma incisivi) di quella statunitense, la prima considerazione che salta in testa sarebbe quella di approfittare del rally finchè c’è. In altre parole il famoso Carpe Diem di oraziana memoria. Il fenomeno più particolare che si osserva, è quello di una gigantesca onda di disinflazione sta colpendo il mondo. Il che potrebbe sembrare una buona cosa, ma i segni suggeriscono che si tratta di un calo dei prezzi guidato da un crollo della domanda e questo, come in Italia notiamo sempre più spesso, non potr essere un trend che dura a lungo.
La zona euro è in recessione (chi più, chi meno, poco importa), con la Germania che ha rinunciato ai suoi sogno di gloria che potevano permetterle di sfruttare una obbligata austerit , nei cui effetti negativi, però, stavolta ci è caduta anche lei. Com’era inevitabile. E se qualcuno sperava nella produzione industriale Usa, salvata dai costi abbattuti grazie al fracking, si è trovato deluso anche in questo caso, con un calo dello 0,5% sul mese precedente. E forse anche su questo versante con un mercato esageratamente in rialzo sulle fondamenta di un’economia disastrata, la Federal Reserve, prima ad aver creato le politiche di QE che sono alla base dell’euforia dei mercati, si è preparata anche, per paradossale che sia, a contrastate proprio quel rally che lei stessa ha fomentato. Anche perchè nel frattempo (sono passati ormai 5 anni dallo scoppio della crisi e 4 dal profondo rosso del Dow di marzo 2009) la situazione sembra quasi esserle sfuggita di mano e se il ricordo del crack è un lontano gioco di memoria, il guadagno finora ricevuto, non solo ha cancellato le perdite, ma ha portato anche a un surplus rispetto ai valori registrati prima della crisi. Ma è una situazione che riguarda tutto il mondo: Londra non ha un deficit/Pil in salute (8% e per sua fortuna non deve fare i conti con le restrizioni dell’euro). Paradosso, tra tanti, se la Fed ha esagerato nel creare rialzo e adesso deve stare attenta alle bolle, la Bce (Toronto: - ) ha esagerato (forse) nel dare una sicurezza (per ora ancora teorica) sulla sua presenza e un ribasso del costo del denaro allo 0,5% non ha fatto altro che sgonfiare il rendimento di Bonos e Bot per la felicit dei rispettivi governi, un po’ meno degli investitori.
Quindi? Azioni. Ma è anche vero che parte della valutazione degli stock è influenzata dall’economia reale (sempre più a pezzi in Europa). Una parte che si riduce sempre di più se, dall’altra parte si trova un doping a basso prezzo. Equilibrio precario? Si, e per questo motivo per guadagnare realmente su un rally che nasce da una situazione letteralmente drogata, in cui gli stessi pusher temono le conseguenze (il pericolo bolla è sempre in agguato), è bene limitare quanto più possibile investimenti che bloccano sui lunghi periodi, proprio perchè bisogna essere sempre pronti a fare le valige e spostarsi verso lidi più sicuri. Proprio quello cui mirano i cassettisti, ai quali gli esperti consigliano sempre di puntare al sicuro: bond solidi (magari anche più costosi e con rendimenti bassi ma che non facciano brutte sorprese) e nel caso proprio non si possa o voglia evitare le azioni, si potrebbe puntare a societ sicure e dalle basi fisse sul principio cardine della diversificazione, magari internazionale, visti gli andamenti favorevoli e statisticamente oggi più sicure, in alcuni, collaudati, mercati emergenti. Ed è proprio la novit la vera protagonista del nuovo target d’investimento: non guardare più con sicurezza ai beni rifugio perchè mai come adesso non è tutt’oro ciò che luccica. Nel vero senso della parola.