senza titoli

UN VERO SCHIFO NELLA FOLGORE


non esistono parole per quanto riportato dall'articolo di panorama, violentare una somala con una bomba per puro divertimento di alcuni ufficiali italiani, ci sono le foto pubblicate sul settimanale, un crimine commesso nel 1993 dalle così dette nostre forze di pace in somalia, quelli della folgore, sono letteralmente schifata per quanto accaduto, così come, credo e mi auguro, tutto il popolo femminile di qualsiasi schieramento politico, un atto di pura barbarie compiuto da personaggi che dovrebbero avere unafunzione istituzionale e protettiva nei confronti di cittadini inermi, stiamo parlando di persone atte, proprio per le loro mansionie formazione, al rispetto delle regole e del rigore morale, in virtù di ciò auspico una dura condanna da parte delle stesse forze armate, un processo la cui sentenza preveda l'ergastolo, una pena detentiva a vita senza più speranza di ritornare liberi, non i 29 anni così come previsti dal codice, la gravità dell'atto non ha eguali ed investe più reati ad associare a quello terribile di stupro collettivo, tra questi abuso di potere, offesa alla divisa che indossano, onta che offende e lede la dignità di ogni italiano, in quanto con la loro divisa ci rappresentano tutti.....mi vergogno di essere italiana.... " Violentata con una bomba. Io c' ero "" Stragi, pestaggi. Gli ufficiali davano l' esempio. E i tedeschi ci chiedevano in prestito le armi " . Su " Panorama " nuove foto choc e le testimonianze di due soldati italiani. " Gli ordini: nel dubbio, sparare su donne e bambini "pestaggi. Gli ufficiali davano l'esempio. E i tedeschi ci chiedevano in prestito le armi" Su "Panorama" nuove foto choc e le testimonianze di due soldati italiani. "Gli ordini: nel dubbio, sparare su donne e bambini" Dalla Somalia altro orrore. Orrore italiano: torture, violenze, abusi compiuti dalle truppe della missione Ibis. E come per le fotografie scattate dall'ex para' Michele Patruno, anche questo nuovo verminaio viene alla luce sulle pagine di Panorama, nel numero di oggi. Sono immagini scattate da due giovani impegnati in Somalia e hanno raccontato al settimanale i fatti colti dalle loro macchine fotografiche. Descrivono un clima di cameratismo perverso, in cui era diffuso il ricorso a forme di rappresaglia come quelle gia' illustrate da Patruno (sulle quali sono in corso indagini) e come quelle che ora vengono alla luce. Denuncia uno: "Quando gli ufficiali volevano divertirsi, tutta la banda gli andava dietro". E affiorano le responsabilita' dei tedeschi: alcuni avrebbero fatto fuoco sui somali benche' il loro mandato non consentisse di sparare. Lo stupro. Il primo episodio, corredato da quattro scatti, e' raccontato da un giovane para'. E' la fine di novembre 1993, lo scenario il posto di blocco Demonio, sulla strada tra Mogadiscio e Balad. Una sera due blindati con una decina di para' della Folgore si fermano al check point: i militari di guardia stanno vociando, raccolti intorno a una ragazza somala. I para' (il testimone e' con loro) scendono dai blindati: "Andiamo a divertirci anche noi". La ragazza era terrorizzata. Racconta il testimone, che ha chiesto di mantenere l'anonimato e viene indicato come "Stefano": "Abbiamo cominciato a dare pizzicotti e a toccare". Poi e' comparsa una bomba illuminante. La ragazza e' stata legata a un mezzo blindato e qualcuno "ha spalmato sulla bomba della marmellata. Per farla entrare meglio. Ed e' entrata. Esattamente...". La ragazza "urlava e si dimenava". Durante lo stupro i militari "ridevano. C'era tanto casino. Piu' che un gioco sessuale era un far qualcosa. Un sentirsi grandi. Era stare nel gruppo... Eravamo para', bersaglieri e carristi". Domanda dell'intervistatore: "Durante le sevizie ha fatto qualcosa? Ha partecipato ad altri fatti del genere?" Risposta: "Ho fotografato. Questo episodio". Domanda: "Ha partecipato o e' stato testimone di altri fatti del genere?". Risposta: "Si', ma non li ho fotografati. Poi erano di diverso genere, non su donne...". L'ex para' descrive cosi' quello che provo' durante lo stupro: "Dentro di me forse c'era un po' di rammarico per non poter fare niente. Il rammarico per non poterli fermare. Quando gli ufficiali volevano divertirsi, tutta la banda gli andava dietro. E quella sera e' stato cosi". "Stefano" racconta di non aver mai raccontato nulla di quello che accadde ai familiari e alla fidanzata ("non capirebbero"), di continuare a pensare "giorno e notte" a quello che accadde: "Sono ricordi che portero' sempre con me. Quelle sevizie come tante altre cose brutte, molto brutte". E mentre lo stupro veniva portato a termine "si pensava piu' che altro che quelli (i somali, ndr) uccidevano dei nostri compagni". E la bomba spalmata di marmellata "e' probabile" che sia stata una ritorsione. "Non si poteva stare in quell'ambiente senza essere esaltati... Dovevi seguire il gruppo... L'unico modo per essere sicuri di tornare a casa. Il guaio e' che poi, quando e' finita, ci pensi... Io non sono orgoglioso di me". Il massacro della jeep. Il secondo testimone rintracciato da Panorama, un palermitano ventitreenne, era di leva nel 78o reggimento fanteria Lupi di Toscana. "Avevo paura", ma ha deciso di parlare dopo aver letto l'intervista di Patruno e quando ha cominciato a temere che "si voleva insabbiare tutto, sostenendo che quelli" fossero soltanto "casi isolati". In Somalia tra agosto '93 e febbraio '94, Benedetto Bertini racconta diversi episodi. Di uno Panorama pubblica due immagini, dove si vedono somali morti. Scenario dell'episodio, un villaggio al confine con l'Etiopia. "Eravamo in colonna. Ricevemmo un messaggio radio: "Se sentite spari non allarmatevi, siamo noi che facciamo il tiro al bersaglio sui somali". Erano commilitoni che inseguivano una jeep". Bertini vide poi l'auto ribaltata, "4 o 5 somali morti e a poca distanza altri due, fatti proprio a pezzi: uno con il busto completamente girato, maciullati. I commilitoni ci dissero che avevano "calcato un po' troppo la mano". La jeep dei somali ("non erano armati") era stata centrata da una bomba da fucile. Con gli italiani c'erano i tedeschi, ma a sparare furono gli italiani. Perche' le foto? "Tutti avevano una macchina fotografica". L'addestramento. Dice Bertini: "I graduati ci dicevano che non dovevamo trattare i somali come esseri umani, non dovevamo dar loro da bere o da mangiare, non dovevamo avere pieta'. La consegna era: "Nel dubbio spara", anche se erano donne e bambini". Le violenze? Nascono dalle "condizioni ambientali", dallo "stress". "Cominci a cambiare, a sentirti un Rambo, a convincerti che la vita umana (quella dei somali) non ha valore". I pestaggi. Durante i rastrellamenti nelle abitazioni, se i somali protestavano "venivano picchiati e, se si trovavano armi, era il finimondo, a volte ci scappava il morto". Quando in una capanna fu trovata una doppietta che "non era un fucile da guerra", i militari italiani ne arrestarono i proprietari, un diciassettenne e un vecchio. Li portarono all'accampamento, vennero legati mani e piedi. Calci, pugni, sputi. "Rividi i somali dopo l'interrogatorio dei para' del Tuscania: il ragazzo era gonfio di botte, aveva costole e braccia rotte, non poteva camminare. Pure il vecchio aveva le braccia rotte". E ancora: "Un certo sottotenente Pucciarelli (ma non sono sicuro che sia il nome esatto)" fermo' un vecchio. Sto seminando, spiego'. Il sottotenente "gli sferro' un calcio nello stomaco che lo sollevo' da terra. Poi continuo' a colpirlo e lo lascio' in una pozza di sangue, massacrato". Bertini riferisce "di un incursore del Col Moschin che andava in giro armato di una mazza chiodata da lui costruita: la dava in testa ai somali... Seppi che fu rimpatriato". Con i tedeschi. All'inizio del '94 fu ucciso a Balad il tenente Luzzi. Ufficiali e soldati che lo conoscevano, a Jalalaxi, decisero di vendicarlo, "anche se i somali di Jalalaxi non c'entravano niente con la morte di Luzzi". Gli ufficiali dissero che "ci sarebbero stati "fuochi d'artificio" contro "quei bastardi di somali"... Via radio, per giustificarsi, dicevano di vedere somali armati, ma non era vero". All'attacco parteciparono anche i tedeschi. Che tuttavia, in base al loro mandato, non potevano sparare. "Avevano le munizioni controllate... Ci chiesero di usare le nostre armi". Vennero scagliate bombe a mano. Ci furono morti? "Chiaro".R. E.