megamaxy

KNOCKIN' ON HEAVENS DOOR


            Ho bussato Alle porte del paradiso, ma non c’erano porte. Mi sono ritrovato in un immenso deserto di cielo e di nuvole, dove la terra non si vedeva, camminavo sopra un immenso tappeto di nuvole, e sopra la mia testa c’era il cielo, un cielo più blu del blu, dove le stelle si vedevano anche alla luce del sole.            Ho camminato senza meta per chissà quanto tempo senza incontrare niente e nessuno. Non c’erano alberi ne terra ne cespugli, non c’erano uccelli o insetti, tutto era immobile e vuoto.            Non ero stanco quindi continuai a camminare, ma in quel posto non c’era ne il giorno ne la notte.            D’un tratto una folata di vento venuta da chissà dove fece arruffare delle nuvole non distanti da me, si era creata un’onda gigante di zucchero filato, che piano piano e leggera leggera si riposava a terra. Era uno spettacolo stupendo.            Da quel momento mi sentii osservato, avevo una sensazione di  essere spiato, non sapevo dirlo con certezza , ma sentivo di non essere più solo.            All’improvviso sentii un saluto alle mie spalle:            “Salve”            Feci un salto di qualche metro per lo spavento, il cuore mi batteva velocissimo nel petto, mi voltai .                 Vidi un vecchio viandante con i vestiti usurati dal tempo ma puliti, ricambiai il saluto, quella era la prima persona che vedevo da non so quanto tempo.            Avevo tante domande da fare ma non sapevo nemmeno a chi farle.            Chiesi al vecchio che posto fosse questo, dove mi trovavo.            Il vecchietto mi guardava con un aria calma e pacifica, aveva un sorriso in volto anche se non rideva, l’espressione dei suoi occhi era di pace e di gioia. Anche a me venne un senso di pace e di gioia, non avevo più quel senso di vuoto dentro di me.            “Questo è il mio sogno, mi sono addormentato ed eccomi qua.            Gli chiesi da quanto tempo fosse lì.            “Non so, un ora un giorno una vita, chissà , ora devo andare, ciao.”            Si voltò e incominciò a camminare, rimasi a fissarlo per qualche minuto, avevo quasi voglia di seguirlo, ma dove, sentivo che quella non era la mia direzione.            Più smarrito di prima mi rimisi a camminare verso il nulla, niente a destra, niente a sinistra.             Ripresi a camminare per questa distesa di nuvole, ma non vedevo strade, non c’erano incroci, era un deserto di nuvole e basta. Mi ero stancato di non vedere niente e nessuno e mi stavo quasi demoralizzando.            La Domanda era :“Sto dormendo o no?”.            Se era un sogno si presentava molto strano, un sogno vuoto di tutto e di tutti. Eppure non avevo ne fame o sete, non avevo sonno e non v’era più ne paura e ne ansia, mi sentivo bene.            “Sono morto? Questo è quello che c’e’ dopo? E tutti gli altri che fine hanno fatto?”, domande che farebbero riflettere tutti ma io non mi preoccupavo, se è un sogno mi voglio svegliare il più tardi possibile.             Continuai a camminare ma con un sorriso in volto, mi guardavo a destra e a sinistra come se quel paesaggio vuoto fosse pieno di alberi e di montagne innevate, di fiumi e di torrenti che formano cascate altissime e laghi cristallini. Camminavo quasi saltellando.            In lontananza sentii una canzoncina, una filastrocca da bambino, e li mi diressi con molta curiosità.                   Vidi in lontananza una bambina che saltava e giocava con un grosso pallone rosso. Quella macchia rosso acceso si doveva vedere da chilometri di distanza, ma non era così, me ne accorsi solo a qualche centinaio di metri. La bambina saltava e faceva volare in aria la palla, canticchiava e era felice.            Arrivatogli vicino, la bambina mi guardò e mi sorrise, poi mi disse :”Ciao, tu chi sei?”” Io sono Massimiliano, e tu?”“ Io mi chiamo Gaia.”Gaia continuava a giocare con la sua palla, rincorrendola e facendola volare in aria. Quando correva dietro di lei si alzavano un po’ di nuvole, ogni tanto si gettava a terra su delle nuvole più grosse facendole volare in aria come se fossero milioni d piume, bianchissime leggerissime piume candide.            Chiesi a Gaia :”Sai dirmi dove siamo?”            “Certo” mi rispose, “Siamo a casa.”            Gli chiesi:”Questa è casa tua?”            Non disse niente ma fece cenno di si con la testa, poi mentre mi guardava mi disse :”Mi stanno chiamando, ciao devo andare.”. Detto questo si voltò e incominciò a camminare e saltellare, dietro di lei si alzavano sbuffi di nuvole, e dopo qualche secondo non c’era più nessuno, e le nuvole piano piano tornavano a formare quel deserto.            Ero rimasto molto stupito di questo incontro. Casa, ci può vivere qualcuno in questo posto? E dove sta la casa? Mah.            Che cavolo di sogno, il nulla a destra e a sinistra. Le uniche persone , quel vecchio e quella bambina sembravano uscite da un film di Sergio Leone. Che faccio, vado avanti? Si ma dove?. Però era un posto da favola, mi aspettavo di vedere da un momento all’altro un castello incantato che sbucava da queste nuvole, quindi mi rimisi a camminare, e camminai… e camminai…            Il tempo non passava mai, potevo riflettere su tutto quello che ho fatto nella mia vita, avevo tutto il tempo del mondo e ancora di più.            Poi ecco qualcosa di inaspettato, non distante da me vidi un enorme cancello, con un arco sorretto da due colonne maestose, dietro il cancello non c’era niente di più, non c’erano muri per delimitare il perimetro di quella proprietà, di qua o di là non cambiava niente.            Sembravano le rovine di qualche antica civiltà ormai scomparsa, ma erano in buono stato, sembravano usate spesso, ma verso dove portavano?             Mi sedetti con la schiena appoggiata ad una colonna, toccando l’inconsistenza di quelle nuvole pensavo ancora alla mia vita, ai dolori che ho provocato, agli sbagli che ho fatto, a tutto il dolore che ho provato fino ad ora, ed una lacrima si fece largo nel mio cuore, salì fino agli occhi e uscì provocando un dolore interno molto forte.             La lacrima cadde per terra e nello stesso istante si alzò un vento freddo, e dal punto dove cadde la lacrima stava nascendo una pianta.            Quel germoglio cresceva in fretta, in pochi attimi si era già trasformato in un alberello, non finiva di crescere e in un attimo era già diventato un albero millenario, altro fin dove non potevo vedere.            Questo mi rese molto felice, la nascita di una nuova vita, il nulla con un albero immenso al centro.Ero così felice che mi rimisi a piangere così tanto che in quel posto ancora adesso c’e’ un immenso lago con acque cristalline e un enorme albero che gli fa compagnia.