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Condannata ad essere condannata

Post n°707 pubblicato il 26 Febbraio 2009 da MacRaiser

"La politica di repressione contro rumeni e zingari in Italia si è estremizzata. Angelica, una rumena di 16 anni, accusata di aver tentato di rapire una bimba a Napoli il maggio scorso, è stata condannata a quasi quattro anni di carcere nonostante le irregolarità e la mancanza di prove valide nel processo. Dietro la sentenza giuridica si intrecciano una serie di interessi politici e cittadini. E la mano della Camorra. Angelica V., una rumena di 16 anni, è stata arrestata l’11 maggio scorso a Napoli con una schiacciante accusa: tentato rapimento di un neonato. Da qualche giorno appena, un giudice del Tribunale dei Minori napoletano ha condannato la giovane a scontare una pena di tre anni e otto mesi di prigione. È la prima condanna di questo tipo inflitta ad una persona di etnia nomade in Italia. Il suo avvocato farà ricorso, ma non ha speranze. “Il giudizio è stato parziale, lo sarà anche l’appello”, dichiara Christian Valle. E aggiunge, “per tutto il processo i diritti umani di Angelica sono stati violati”. Angelica si trova da otto mesi nel carcere napoletano per minori di Nisida, nonostante si sia dichiarata innocente e sia stata condannata senza prove se non la testimonianza della madre del neonato. Lì, il 100% delle arrestate sono, come lei, di etnia nomade. L’insolito caso di Angelica difficilmente si spiega in un paese come l’Italia, che fino ad ora ha la giusta fama di essere uno dei posti in Occidente dove la certezza della pena è meno certa e la giustizia meno efficiente. Per capire il paradosso basta ascoltare la frase pronunciata da Salvatore, un tassista romano: “Qui, dottore (in italiano nel testo, N.d.T.), le regole valgono solo per i deboli”. Angelica V. è debole, è donna, è gitana e non ha studiato. In più si è trovata a passare per Napoli quando era appena cominciata in società la politica dl pugno duro del fiammante Governo Berlusconi. Napoli, stanca di malgoverno e immondizia nelle strade, aveva votato come mai per il Cavaliere (in italiano nel testo, N.d.T.). Più di tutti gli altri, più di Milano. 36% di voti nella sua città, 48% a Napoli. A capo degli Interni, Berlusconi ha piazzato un uomo della Lega Nord, l’eterno numero due di Umberto Bossi. Ha baffi e principi, è intelligente, ha un debole per il discorso xenofobo e populista, i sabati suona la tastiera con una banda blues e quando era un giovane di estrema sinistra prese a morsi la gamba di un poliziotto che lo stava arrestando. È Roberto Maroni e il suo obiettivo dichiarato è quello di restituire le strade agli italiani, riportare la sensazione di sicurezza. Bobo Maroni arriva con le idee chiare e il nemico identificato. Non è la Camorra nè la ‘Ndrangheta, nè Cosa Nostra. Sono i nomadi. Come ha detto il suo partito nella vittoriosa campagna elettorale, “violentano e uccidono le nostre donne, rapiscono bambini, aggrediscono anziani”. L’Italia vive l’”emergenza nomadi”. Però lui la risolverà e li caccerà tutti. La storia di Angelica V. è legata ai perseguitati di Ponticelli. A maggio le immagini hanno fatto il giro del mondo. Dopo che una donna del quartiere lanciò l’allarme per un tentato rapimento del suo neonato, gruppi di giovani centauri si fecero giustizia da soli incendiando e assaltando gli accampamenti nomadi del quartiere. “La reazione è stata violentissima, allucinante”, ricorda Marco Imarisio, giornalista locale del Corriere della Sera, che seguì gli attacchi per il suo giornale e ora ha scritto quello che ha visto in un libro intitolato “I giorni della vergogna. Cronaca di un’emergenza infinita” (L’Ancora del Mediterraneo). Alcuni tentarono di dipingere gli attacchi come una rivolta popolare contro i rom, come una spontanea battaglia tra poveri, però a Napoli tutti sanno che si è trattato di un’altra cosa. “Un fatto di Camorra” (in italiano nel testo, N.d.T.). Imarisio dà un dato: “Il clan che comanda nel quartiere, prendeva 60 euro a testa per permettere ai nomadi di stare lì. Per anni. Di colpo è passato dal business all’incendio delle baracche. La gente del quartiere non voleva i nomadi e loro gli chiedevano il pizzo, facevano affari con loro. Il presunto sequestro ha costituito la scusa per cacciarli e recuperare la propria autorità”. Da allora, il tempo, i mesi passati, hanno rivelato che sotto i selvaggi attacchi scorreva un ingrovigliato cocktail di motivi fatto con ingredienti della peggior marca. Degrado e miseria, razzismo e demagogia, crimine organizzato e speculazione edilizia. La cosa fondamentale è che su alcuni terreni occupati dagli accampamenti illegali incendiati a maggio, il Comune di Napoli aveva deciso di costruire il Palaponticelli, uno spettacolare intervento urbano dichiarato di interesse pubblico nel maggio del 2007 dalla giunta del sindaco del Partito Democratico Rossa Russo Iervolino. Si tratta di un progetto faraonico, sviluppato su 85.000 metri quadri che include un edificio multiuso, una sala per concerti di 11.000 metri quadri, altri 44.000 metri di zona commerciale, un parcheggio per 3000 macchine, una nuova piazza pubblica, attrezzature… Il costo è di 200 milioni di euro, a carico del promotore privato; e creerà 1000 posti di lavoro (http://www.comune.napoli.it). Nell’aprile del 2008 Andrea Santoro, consigliere di Alleanza Nazionale, ha denunciato pubblicamente l’operazione come “una delle più grandi speculazioni edilizie e commerciali che abbia mai colpito la città”. L’edile ha avvertito inoltre che un sistema di “scatole cinesi” avrebbe protetto la società promotrice, Palaponticelli, creata ad hoc nel 2007 con un capitale sociale di 2.500 euro. Detta società è proprietà dell’Armonia, impresa di Reggio Emilia, costituita con 10.000 euro di capitale sociale e amministrata da Marilù Faraone Mennella (conosciuta come “Lady Confindustria” perchè suo marito, Antonio Amato, è l’ex presidente del gruppo italiano), e da Silvio de Simone. Questa società emiliana è proprietà della romana DM che, a sua volta, ha concluso Santoro, è proprietà di un gruppo “outdoor”: F1Napier, F2Napier, Hakon. “Società lussemburghesi, anonime, soggette ad una giurisdizione per la quale è impossibile conoscere i soci. Dietro il Palaponticelli ci può stare chiunque”, ha affermato il consigliere. Da allora, silenzio assoluto. Le accuse sono finite nel nulla. Il progetto è andato avanti. E giovedì scorso la giunta comunale ha approvato il progetto definitivo senza opposizione apparente. La giunta municipale afferamava nel 2007 che l’area scelta per il Palaponticelli, “è in condizioni di abbandono e degrado”. Appena un anno dopo, il Comune ha risolto il problema senza cacciare un euro e senza riallocare nessuno. “I nomadi sono fuggiti, sono stati alloggiati in case accoglienza e ora la grande maggioranza sta nel proprio paese”, spiega Roberto Malini, della ONG EveryOne. Il giorno dell’esodo dei nomadi, Patrizio Gragnano, consigliere ex comunista, ha ritenuto colpevole degli attacchi sia la destra che il Partito Democratico (PD). “Non hanno fatto altro che seminare odio e alimentare l’esasperazione della gente”, ha dichiarato a “La Repubblica”. Il giornalista aggiungeva di suo pugno: “Nell’area dove si trovava il campo nomadi, è prevista la costruzione del Palaponticelli, una struttura di 12.000 posti per concerti. Lo sfratto dei nomadi, lì, era programmato da tempo. Torniamo al rapimento. La donna che ha accusato Angelica del tentato sequestro di sua figlia, si chiama Flora Martinelli, ha 28 anni ed è figlia di Ciro Martinelli, di 57 anni, più conosciuto dai carabinieri come “O Cardinal e O vescovo” (scritti in dialetto nel testo, N.d.T.). Martinelli è un collaboratore del clan Sarno, il clan camorrista che domina Ponticelli, famoso per la sua abilità di ottenere contratti pubblici. La lista di precedenti penali di O Vescovo occupa varie pagine. Nel 1999 fu condannato per associazione a delinquere. Anche sua figlia, la madre della bimba, fu arrestata nel 2004 per un crimine minore: falso ideologico commesso di fronte ad un funzionario ufficiale (come a dire, mentire ad un poliziotto) e falsificazione di documenti relativi alla ITV e di permessi di circolazione. Angelica era arrivata in Italia dalla Romania da poco tempo. Andava sempre in giro con il fidanzato. I nomadi di Ponticelli, la conoscevano appena. Vivevano nascosti, si guadagnavano la vita rubando, mendicando e facendo commissioni. Angelica non rubava con particolare astuzia. Perchè in pochi giorni è finita per essere vittima di due tentativi di linciaggio a Ponticelli. In entrambi i casi l’ha salvata la polizia, ma nessuno dei suoi aggressori è stato arrestato. Dopo il parapiglia, Angelica è stata consegnata alla Comunità di Monte di Procida, una delle tante case famiglia che sono cresciute come funghi sul territorio italiano, dove la carità è privatizzata e quasi sempre in mano alla chiesa cattolica. Due o tre giorni dopo, scappa e torna a Ponticelli. Perde un’altra volta la paura di morire. O forse ha fame. E domenica 11, alle nove e mezza di sera, sale al secondo piano di una casa e cerca di portarsi via una bimba. La madre la scopre. Settanta persone cercano di linciarla un’altra volta (per la seconda volta). La polizia la salva. Viene incarcerata il 13 maggio.La stessa notte dell’11 cominciano le vendette. La prima vittima è un rumeno non nomade. Ha una casa, non vive negli accampamenti, è un operaio. Lo aggrediscono in venti. Calci, pugni e una coltellata nella schiena. Dopo seguono gli incendi e le pietrate. Attaccano tutti: donne, bambini e giovani. Ordinano i Sarno (o per ordine dei Sarno). In 48 ore tutti i nomadi fuggono da Ponticelli. La polizia non è capace di garantire la loro sicurezza. Lasciano le loro cose, i vestiti e cinque cani. Sembrano essere gli unici abitanti di una terra affumicata. Non ci sono arrestati. Questo è il racconto che ha fatto la stampa all’epoca. Forse convincente, però incompleto. Perchè secondo Marco Imarisio, il giornalista del “Corriere” e l’avvocato di Angelica, non c’è mai stato un tentato rapimento. “Il rapimento della bimba non si è mai verificato”, scrive Imarisio. “Del fatto che niente quadra in questa storia, è convinta anche la polizia che dal principio dubitò della versione ufficiale ricostruita in base al racconto della madre della bimba e dei suoi familiari”. Nel rapporto conclusivo, la polizia ha espresso “fortissimi dubbi” sulla “veridicità” di ciò che è accaduto quel giorno. “Per due mesi i cellulari dei Martinelli furono messi sotto intercettazione”, spiega Imarisio, “per vedere se nelle loro conversazioni private si potessero capire i motivi di ciò che agli investigatori sembrava una messa in scena o, al massimo, una versione ampliata di quello che è successo nella casa”. O Cardinal è stato colui che ha afferrato la ragazza mentre scappava sull’uscio di casa. “È un personaggio molto conosciuto, un ‘uomo d’onore’. Difficile pensare che qualcuno entri a rubare in casa sua, soprattutto sua nipote”. Angelica era stata a casa sua in precedenza, raccontano i vicini, “almeno tre o quattro volte”. Secondo gli investigatori “Probabilmente molte di più”. “Lei ha raccontato che ci andava spesso perchè le davano i vestiti”. La madre della bimba ha dichiarato alla polizia che è entrata forzando la porta e si è presa la bambina. Nel processo ha cambiato versione affermando che la porta era aperta. La tesi della polizia è che Angelica sia entrata con il permesso della famiglia e che la madre della bambina abbia lasciato la neonata nel salone per andare a cercare qualcosa nella sua stanza; in questo momento, forse, Angelica decise di rubare qualcosa e la madre la vide. Secondo la versione della madre, quando tornò nel salone, vide la giovane nomade uscire di casa con la bimba in braccio. La polizia e l’avvocato giudicano inverosimile il racconto: la distanza era breve ed avrebbe avuto il tempo di scappare, “a meno che non abbia fatto un passo al minuto”. Però, la mamma (in italiano nel testo, N.d.T.), insiste: uscì, afferò la bimba dalle braccia della ragazza e cominciò a gridare. Il nonno che vive al piano di sotto, sente le grida e sale. È un uomo alto e grasso. Ha il tempo di bloccarle la strada per le scale, ma la lascia misteriosamente fuggire. Dopo la segue per 500 metri fino a prenderla. Un testimone racconta di aver chiesto alla ragazza se aveva tentato di rubare la bambina e lei lo negò. Alla polizia venne raccontato il contrario. Nel processo, O Cardinale e i suoi vicini hanno sostenuto che nessuno di loro vide Angelica con la bimba in braccio. La vide solo la mamma. Una testimonianza sufficiente per il magistrato Cirillo. Il 13 gennaio, il Tribunale dei Minori ha condannato A. V. a tre anni e otto mesi di carcere con l’aggravante del minore indifeso dal momento che la madre si trovava in un’altra stanza. Ho l’impressione che abbiano appena condannato un’innocente”, ha commentato Enzo Esposito, segretario della ONG Opera Nomadi di Napoli. L’avvocato Valle ha la stessa sensazione. “Non è stato un processo imparziale. Tutte le domande della difesa sono state considerate irrilevanti. E gli atti non sono stati tradotti, come prevede la legge quando l’imputato non conosce l’italiano. Il giudice le ha offerto il patteggiamento: se si fosse dichiarata colpevole, le avrebbero cambiato la pena in un programma di riabilitazione. Lei non ha accettato. L’unica base della condanna è la testimonianza della madre della bimba. Incredibile, soprattutto perchè ha il precedente di aver mentito alla polizia. Tuttavia, secondo la magistratura e i giudici, la madre non aveva nessun interesse ad accusare la ragazza. E non lo avrebbe fatto se non ci fosse stato il tentativo di rapimento. Non sembra un ragionamento sbagliato, soprattutto in una città in cui le mamme non mentono. Tra una mamma napoletana, figlia di un uomo d’onore e una nomade ladra, a chi credere? Dopo la sentenza, il gruppo di avvocati di Soccorso Legale, a cui appartiene l’avvocato Valle, ha emesso un comunicato. “Ogni richiesta della difesa è stata sistematicamente respinta, inclusa l’ammissione dell’avvocato d’ufficio. (…) L’apparato giudiziario ha così scatenato la sua offensiva contro la piccola nomade, incarnandosi in un’ossessione di castigo alimentata dal più vergognoso razzismo e dalla devastante ideologia della sicurezza di matrice fascista”. Angelica era condannata ad essere condannata. Forse avava la vocazione del capro espiatorio. Nei giorni precedenti all’incidente, gli abitanti del quartiere si erano riuniti numerose volte per studiare il modo di cacciare i nomadi da lì. Imarisio ricorda che gli abitanti delle case popolari nate negli anno sessanta nella periferia orientale di Napoli, figlie della speculazione amministrata dal sindaco e proprietario della città Achille Lauro, avevano fondato non meno di cinque comitati civici (Rinascita Ponticelli, Insieme per Ponticelli, Comitato Civico Lettieri…), per sloggiare gli accampamenti. Ma il parroco di Ponticelli si era opposto. Era l’unico difensore dei nomadi. e quando è avvenuta la persecuzione ha dichiarato: “Qui c’è un intreccio incredibile, qualcosa di più della mafia”. Si riferiva al Palaponticelli, all’efficace unanimità con cui i politici e i media italiani hanno montato l’odio contro la popolazione rom. A Napoli, questa criminalizzazione è stata capeggiata dalla sinistra, come dimostra il programma-manifesto distribuito dal partito Democratico locale intitolato “Via gli accampamenti nomadi di Ponticelli”. Ironico, soprattutto se si pensa che i nomadi stavano lì da 15 anni senza che il Comune si sia mai preoccupato di integrarli. Ironico, se si pensa che il quartiere è un posto assolutamente degradato e abbandonato, dove la legge la impone la Camorra. Ironico, perchè in quei giorni Ponticelli era soffocata dall’altra emergenza infinita - quella dell’immondizia - di cui tanto sa il PD che governa la regione e il Comune ormai da più di dieci anni. Gli abitanti di Ponticelli aspettavano da anni. Aspettavano il messaggio di Berlusconi e Maroni: più sicurezza, più Stato, fuori i nomadi. Aspettavano un’imminente pioggia di milioni che non arrivava mai e che avrebbe dovuto cambiare l’aspetto di questa periferia miserabile. Forse questo intreccio ha potuto incoraggiare la denuncia della mamma? Il fattore camorrista è la terza gamba. Il clan che domina il quartiere, i Sarno, è conosciuto per la sua abilità nel muoversi all’interno del tortuoso terreno dei contratti pubblici, un mondo che si è scoperto solo in parte qualche settimana fa con l’arresto di Alfredo Romeo, super contrattista legato al Partito Democratico, imputato per corruzione insieme ad altre 16 persone. Il giovane che ha diretto gli attacchi contro il campo nomade è uno dei nipoti del cugino del sindaco di Ponticelli, Ciro Sarno, che dal carcere, continua ad essere il boss del quartiere. Il 21 febbraio del 2008, la giunta comunale ha modificato e dato forma definitiva all’agognato Programma di Recupero Urbano di Ponticelli (PRUP). Secondo la stampa locale, la modifica prevedeva un’importante clausola: se i lavori non fossero cominciati prima del 4 agosto, sarebbe decaduto il finanziamento del ministero. Per cui, c’era fretta. Il giorno in cui Angelica è stata arrestata, il 14 maggio, la direttrice del Dipartimento delle Infrastrutture e dei Trasporti del Comune di Napoli, Elena Carmelingo, con le ceneri ancora fumanti, ha disposto che i tecnici andassero nel quartiere per cominciare a progettare il Palaponticelli. È un progetto storico, “venduto” così nel sito internet del Comune: “Il più grande multiuso in Italia, una Casa della Musica, della Cultura e degli Spettacoli che avrà una capacità di 12.000 spettatori, con spazi annessi per attività culturali, sociali, di attività commerciali e di ricreazione, realizzato interamente con investimento privato, che riempirà la carenza nel capoluogo di provincia campano e nel sud Italia, di luoghi coperti per concerti e altre attività legate alla cultura, alla musica e allo spettacolo, consentendo alla città di far parte dei giri musicali più significativi a livello internazionale”. Il disegno definitivo insiste meno sulla musica: ci saranno 11.000 metri di sala da concerti e 44.000 per il centro commerciale. Alla fine di maggio scorso, quando i tizzoni non si erano ancora spenti, il ministro Maroni ha annunciato che sarebbe cominciato il censimento di tutti i nomadi d’Italia, inclusi i bambini. Di fronte alle denunce di Commisione e Parlamento europei, ha fatto retromarcia decidendo di applicare la normativa solo agli adulti. A luglio, 30 famiglie nomadi, hanno avuto il coraggio di tornare a Via Argine. Prima che gli venisse dato il tempo di sistemarsi, gli abitanti incendiarono i luoghi dove si erano accampati. “Un avvertimento contro il loro ritorno”, dissero i ragazzi del quartiere. Forse Angelica ha tentato relamente di rapire quella bimba. Sembra improbabile. Secondo uno studio dell’Università degli Studi di Verona per la Fondazione Migrantes, presentato a novembre, il 100% delle accuse di questo tipo fatte in Italia tra il 1986 e il 2007, è risultato falso. Non c’è stato fino ad ora un solo caso provato nè una condanna. Lo studio, intitolato “La zingara rapitrice” ha analizzato 40 denunce: 29 di rapina e 11 di scomparsa. “In nessun caso c’è stato un riscontro effettivo” affermano gli investigatori, “ma si è sempre trattato di tentativo di sequestro o meglio, di un racconto di tentato sequestro”. E la testimone a carico è sempre una “madre coraggio” che salva il suo bimbo. L’avvocato di Angelica ricorrerà in appello. Forse la prossima volta la giustizia gli permetterà di citare in giudizio, oltre che il silenzioso O Cardinale, i politici locali, i membri della famiglia Sarno…e magari qualche rappresentante del Governo che appicca il fuoco della xenofobia e continua a tollerare storie come questa." - Articolo originale di Miguel Mora su El Pais - 01/02/2009

 
 
 
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ANTONELLA ANEDDA

Vedo dal buio
come dal più radioso
dei balconi.
Il corpo è la scure:
si abbatte sulla luce
scostandola in silenzio
fino al varco più nudo -al nero
di un tempo che compone
nello spazio battuto
dai miei piedi
una terra lentissima
- promessa

---

Perfino adesso vedo
un gesto nuziale
dopo l'immensa distanza
di questa estate lenta
nell'arco dei suoi steli amari
dopo gli anni che in avanti
hanno sbarrato l'amore
perche' non si perdesse
fino a perderlo
attutito contro l'erba.
Oggi e' una notte di pioggia
possiamo traversarla
in due diversi bagliori
senza luce
dire, toccando il gelido bordo
di un bicchiere,
che tanta lontananza
non e' stata un errore
se ha cinto e sciolto segretamente
ogni irreale desiderio.


---

Volevo che
il mio amore non finisse
che resistesse intero
in disaccordo
perfino col ricordo
e ignorasse il corpo
che da me si scostava
che ne ignorasse
distanza e indifferenza
e fosse cosa mia
doppiamente intrecciata
cesta di giunco e aria,
cesta per acqua
forma che la mano conosce
e che la storia medita quando
– così di rado
per questo raramente sacra –
salva un bambino dal suo Nilo.
Così a volte
fanno canestri i pazzi
per il silenzio – credo –
che sale dagli spazi
per quella paglia
che le dita oscurano
per quel nodo terreno
di aria e di materia.


---

Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell'ombra della sera
per la sera che di colpo
crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta
a una ringhiera
per l'attesa marina
- senza grido - infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare
più sola nell'enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi,
mia la luce deserta
- da brughiera -
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso
e la parola bosco
trema più fragile del bosco,
senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.

 
Questa felicità promessa o data
m'è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove
il molteplice nell'unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.

Mario Luzi

---

Venite pensieri
vi penseremo a fondo
ora che e' mattino.
La luce vi fa sembrare tanto forti
da raschiare il buio
come se avessimo un coccio
e la notte fosse cuoio.
C'e' un geco sul granito.
Il suo ventre oscilla
come acqua di fonte.
E' spaventato. E' attento.
Aspetta senza capire.
Come succede a noi
quando un saluto di colpo
si trasforma in addio

---


Che speri,
che ti riprometti, amica,
se torni per così cupo viaggio
fin qua
dove nel sole le burrasche
hanno una voce
altissima abbrunata,
di gelsomino odorano e di frane?
Mi trovo qui
a questa età che sai,
né giovane né vecchio,
attendo, guardo
questa vicissitudine sospesa;
non so più quel che volli
o mi fu imposto,
entri nei miei pensieri
e n'esci illesa.
Tutto l'altro che deve essere
è ancora,
il fiume scorre,
la campagna varia,
grandina, spiove,
qualche cane latra
esce la luna, niente si riscuote,
niente
dal lungo sonno avventuroso.

Mario Luzi

---

il vento
è un'aspra voce che ammonisce
per noi stuolo
che a volte trova pace
e asilo sopra questi rami secchi.
E la schiera
ripiglia il triste volo,
migra nel cuore dei monti,
viola scavato
nel viola inesauribile,
miniera senza fondo
dello spazio.
Il volo è lento, penetra a fatica
nell'azzurro che s'apre
oltre l'azzurro,
nel tempo ch'è di là dal tempo;
alcuni mandano grida acute
che precipitano
e nessuna parete ripercuote.
Che ci somiglia
è il moto delle cime nell'ora
- quasi non si può pensare
né dire -
quando su steli invisibili
tutt'intorno
una primavera strana
fiorisce in nuvole rade
che il vento
pasce in un cielo
o umido o bruciato
e la sorte della giornata è varia,
la grandine, la pioggia,
la schiarita.

Mario Luzi

---

Poco dopo si è qui come sai bene,
file d'anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo,
chi quasi in catene.
Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita,
figge un punto.
Raramente
qualche gabbiano appare.

Mario Luzi
 
E’ pur nostro il disfarsi delle sere.
E per noi è la stria che dal mare
sale al parco e ferisce gli aloè.
Puoi condurmi per mano,
se tu fingi di crederti con me,
se ho la follia di seguirti lontano
e ciò che stringi, ciò che dici,
m’appare in tuo potere.
Fosse tua vita quella
che mi tiene sulle soglie
e potrei prestarti un volto,
vaneggiarti figura. Ma non è,
non è così. Il polipo che insinua
tentacoli d’inchiostro tra gli scogli
può servirsi di te.
Tu gli appartieni e non lo sai.
Sei lui, ti credi te.

Eugenio Montale

---

Sempre di nuovo,
benchè sappiamo
il paesaggio d'amore
e il breve cimitero
con i suoi tristi nomi
e il pauroso abisso silente,
dove per gli altri è la fine:
torniamo a coppie tuttavia
di nuovo tra gli antichi alberi,
ci posiamo sempre, di nuovo,
con i fiori contro il cielo.

Rainer Maria Rilke

---

Felicita’ raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede,
teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi
chi piu’ t’ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari,
il tuo mattino
e’ dolce e turbatore
come i nidi delle cimase.
Ma nulla
paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.

Eugenio Montale

---

Il suo sguardo,
dopo tanto fissare,
e’ divenuto cosi’ stanco
che non puo’ accettare null’altro.
Per lei
e’ come se le sbarre
fossero migliaia,
e oltre le migliaia di sbarre:
nessun mondo.
Nel suo girare
in quel cerchio ristretto,
senza soste,
la sua potente falcata
diviene una danza rituale
attorno ad un centro,
dove una grande volonta’
si trova come paralizzata.
A volte,
le palpebre si sollevano in silenzio
ed una forma entra,
scivola attraverso
l’angusto silenzio tra le spalle,
raggiunge il cuore,
e muore.

Rainer Maria Rilke – La pantera

---

Gettava pesci vivi
a pellicani famelici.
Sono vita anche i pesci fu rilevato,
ma di gerararchia inferiore.
A quale gerarchia
apparteniamo noi
e in quali fauci…?
Qui tacque il teologo
e si asciugo’ il sudore.

Eugenio Montale
 

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MARIA LUISA SPAZIANI

Quelle labbra
ch'era peccato mordere
tanto infantili e tenere s'aprivano
(neve di sogno
non può il tempo sciogliere)
chiude un sigillo di divina cera.
Ma avete flauti eterni
come il mare,
o labbra più profonde della sera.

 

ANTONELLA ANEDDA

Dell'incedere a scatti di quell'uomo
che nella strada per Venaco
gridava dentro il sole
non s'e' mai detto nulla
nulla della camicia
strappata sulle ascelle
e dei piedi circondati di paglia
ne' della voce bruciata di francese.
Lo aspetto' l'inverno,
lo strinse nel ramo di una scala
lo spinse piano
col volto tra i vasi di gerani

---

Per trovare la ragione di un verbo
perché ancora
davvero non é tempo
e non sappiamo
se accorrere o fuggire.
Fai sera come fosse dicembre
sulle casse innalzate
sul cuneo del trasloco
dai forma al buio
mentre il cibo
s'infiamma alla parete.
Queste sono le notti
di pace occidentale
nei loro raggi vola
l'angustia delle biografie
gli acini scuri dei ritratti,
i cartigli dei nomi.
Ci difende di lato un'altra quiete
come un peso marino nella iuta
piegato a lungo, con disperazione.

---

Non esiste innocenza
in questa lingua
ascolta come si spezzano i discorsi
come anche qui sia guerra
diversa guerra
ma guerra - in un tempo assetato.
Per questo scrivo con riluttanza
con pochi sterpi di frase
stretti a una lingua usuale
quella di cui dispongo
per chiamare
laggiù perfino il buio
che scuote le campane.

 

PEDRO SALINAS

Non voglio che ti allontani,
dolore, ultima forma
di amare. Io mi sento vivere
quando tu mi fai male
non in te, né qui, più oltre:
sulla terra, nell'anno
da dove vieni
nell'amore con lei
e tutto ciò che fu.
In quella realtà
sommersa che nega se stessa
ed ostinatamente afferma
di non essere esistita mai,
d'essere stata nient'altro
che un mio pretesto per vivere.
Se tu non mi restassi,
dolore, irrefutabile,
io potrei anche crederlo;
ma mi rimani tu.
La tua verità mi assicura
che niente fu menzogna.
E fino a quando ti potrò sentire,
sarai per me, dolore,
la prova di un'altra vita
in cui non mi dolevi.
La grande prova, lontano,
che è esistita, che esiste,
che mi ha amato, sì,
che la sto amando ancora.

---

Quello che sei
mi distrae da quello che dici:
Lanci parole veloci,
pavesate di risa,
invitandomi
ad andare dove mi porteranno.
Non ti presto attenzione,
non le seguo: sto guardando
le labbra da cui sono nate.
Intanto guardi lontano.
Fissi lo sguardo laggiù,
non so in cosa, e già si precipita
a cercarlo la tua anima
affilata, come saetta.
Io non guardo dove guardi:
io ti vedo guardare.
E quando desideri qualcosa
non penso a quello che vuoi
nè lo invidio: è il meno.
Ciò che ami oggi, lo desideri;
domani lo dimenticherai
per un nuovo amore.
No. Ti aspetto
oltre qualsiasi fine o termine
in ciò che non deve succedere.
Io resto nel puro atto
del tuo desiderio, amandoti.
E non voglio altro
che vederti amare.

 

REINER MARIA RILKE

Niente è paragonabile.
Esiste forse cosa
che non sia tutta sola
con se stessa e indicibile?
Invano diamo nomi,
solo è dato accettare
e accordarci
che forse qua un lampo,
là uno sguardo ci abbia sfiorato,
come se proprio in questo
consistesse vivere la nostra vita.
Chi si oppone
perde la sua parte di mondo.
E chi troppo comprende
manca l’incontro con l’eterno.
A volte
in notti grandi come questa
siamo quasi fuori pericolo,
in leggere parti uguali
spartiti fra le stelle.
Immensa moltitudine

---

Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili
a stanze chiuse a chiave
e a libri scritti in lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che non ti possone essere date
poichè non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivi le domande ora.
Forse ti sarà dato,
senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano giorno,
in cui avrai la risposta.

 
Che io debba ricevere il castigo
neppure si discute. Resta oscuro
se cio’ accada in futuro oppure ora
o se sia gia’ avvenuto
prima che io fossi.
Non ch’io intenda evocare
l’esecrabile fantasma
del peccato originale.
Il disastro fu prima dell’origine
se un prima e un dopo
hanno ancora un senso.

Eugenio Montale

---

Perfino adesso vedo un gesto nuziale
dopo l'immensa distanza
di questa estate lenta
nell'arco dei suoi steli amari
dopo gli anni che in avanti
hanno sbarrato l'amore
perche' non si perdesse
fino a perderlo attutito contro l'erba.
Oggi e' una notte di pioggia
possiamo traversarla
in due diversi bagliori senza luce
dire, toccando il gelido bordo
di un bicchiere,
che tanta lontananza
non e' stata un errore
se ha cinto e sciolto segretamente
ogni irreale desiderio.

Antonella Anedda


---

Mia vita,
a te non chiedo lineamenti
fissi, volti plausibili o possessi.
Nel tuo giro inquieto
ormai lo stesso sapore
han miele e assenzio.
Il cuore che ogni moto tiene a vile
raro è squassato da trasalimenti.
Così suona talvolta nel silenzio
della campagna un colpo di fucile.

Eugenio Montale

---

Volevo che
il mio amore non finisse
che resistesse intero
in disaccordo
perfino col ricordo
e ignorasse il corpo
che da me si scostava
che ne ignorasse
distanza e indifferenza
e fosse cosa mia
doppiamente intrecciata
cesta di giunco e aria,
cesta per acqua
forma che la mano conosce
e che la storia medita quando
– così di rado
per questo raramente sacra –
salva un bambino dal suo Nilo.
Così a volte
fanno canestri i pazzi
per il silenzio – credo –
che sale dagli spazi
per quella paglia
che le dita oscurano
per quel nodo terreno
di aria e di materia.

Antonella Anedda

---

Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell'ombra della sera
per la sera che di colpo
crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta
a una ringhiera
per l'attesa marina
- senza grido - infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare
più sola nell'enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi,
mia la luce deserta
- da brughiera -
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso
e la parola bosco
trema più fragile del bosco,
senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.

Antonella Anedda
 
Questo tetto che affiora dalla notte
ci protegge piu' di una croce o un santo.
Ora che improvvisamente piove
e' benedetto.
In un'abside di plastica bagnata
splende una pianta di ortensie azzurro-fuoco

Antonella Anedda

---

...
Soffiero' su quel viso
mischiando i suoi gesti
a quelli di amori passati,
prendendo i ricordi migliori
le poche frasi di ognuno
fino a costruire il mio Golem
il mio amore brucera' altissimo e ignoto
lungo la cappa del camino.
...

Antonella Anedda


---

Vergine altera, mia compagna
t'arde un mistero negli occhi.
Non so se odio o amore
e' questa luce eterna
della tua nera faretra.
Con me verrai
finche' proietti un'ombra il corpo
e resti ai miei sandali arena.
La sete o l'acqua sei
sul mio cammino?
Dimmi, vergine altera,
mia compagna.

- Antonio Machado -

---

...
Pensi davvero che basti non avere colpe
per non essere puniti,
ma tu hai colpe.
L'aria e' piena di grida.
Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
Dai mattoni salgono respiri,
brandelli di parole.
...

Antonella Anedda
 

 

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