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LA VERGOGNA

Post n°845 pubblicato il 24 Agosto 2009 da MacRaiser

"Con le navi dei poveri del mondo che affondano nel mediterraneo affonda anche la dignita' di una paese come l’Italia. Dai tempi antichi esiste la legge del soccorso in mare e dell’ospitalita'; erano leggi non scritte ma praticate da persone che s’incontravano nelle zone d’incrocio che sono tipiche delle zone marittime. Ospitalita', accoglienza, incontro, dialogo: parole antiche come i dialoghi di Platone che faceva dialogare Socrate con tutti quelli che incontrava per strada, parole antiche come quelle di Gesu' Cristo che se n’andava per le strade polverose della Galilea a predicare l’amore e la fratellanza, parole antiche pronunciate dai migranti italiani che si recavano in Sud America, in Nord America, in Australia, in Belgio e in tanti altri posti, parole antiche come la vita che e' sempre un grande viaggio fatto d’incognite e di terre sconosciute da scoprire, viaggio che avviene anche senza spostarsi perche' nel ciclo esistenziale di un individuo vi sono tanti incontri e tante storie di relazione diverse. Come diceva Jacques Maritain nel suo testo “L’umanesimo integrale”: siamo genti in cammino, alla ricerca dell’incontro , del mistero dell’esistenza e di un po’ di umanita', di affetto , di equita' e di amore. I migranti lasciati affondare e annegare nel mare non interessano nessuno; muoiono di fronte alla piu' totale indifferenza della maggioranza della gente chiusa nel proprio piccolo e povero narcisismo; muoiono di fronte anche all’ostilita' dei tanti che proiettano su di loro tutte le loro frustrazioni facendone un capro espiatorio ideale per chi governa e detiene il potere economico e mediatico. Andiamo verso un enorme societa' dell’apartheid, della separazione della negazione dell’umanita' e della dignita' dei tanti migranti che arrivano perche' fuggono da un mondo basato su una struttura d’ingiustizia. La vergogna e' quella di una classe politica che organizza il consenso con la demagogia xenofoba , razzistica e classista: i barconi non devono essere soccorsi e devono tornare indietro (dove nei campi del deserto in Libia dove si muore comunque!)  oppure devono affondare con il loro carico umano (che per qualcuno umano non e'!). La vergogna e' quella di una ‘opposizione' democratica che non osa organizzare la disubbidienza civile e la protesta per paura di essere impopolare e di perdere voti. La vergogna e' quella dei tanti intellettuali e accademici che preferiscono tacere perche' sono genti ‘serie’ che non si sporca le mani in denuncie che non hanno nulla di ‘scientifico’. La vergogna e' quella dei tanti media e dei tanti giornalisti che alimentano campagne di paura con una informazione distorta. La vergogna e' quella dei tanti giovani che preferiscono godersi i loro piccoli narcisismi egocentrici piuttosto che indignarsi per l’ingiustizia di cui sono vittime i poveri del mondo. La vergogna e' anche quella delle gerarchie religiose che pure denunciando la barbarie e la disumanita' in nome del cristianesimo finiscono comunque per il passare accordi con chi fa le leggi razziali poiche' in fondo vi e' da difendere potere e ‘identita' cristiana’ contro la concorrenza degli altri credi religiosi di cui sono portatori i migranti. La vergogna e' quella del mondo del lavoro e degli imprenditori che sfruttano come schiavi questi migranti e sostengono poi le posizioni razziste di alcune formazioni politiche al potere. La vergogna e' purtroppo anche di una scuola che si sta allineando alle nuove pulsioni xenofobe: non basta sperimentare ‘percorsi d’integrazione’ se poi si veicola pregiudizi e stereotipie esplicitamente razziste nella relazione con le famiglie migranti. La vergogna e' anche quella di chi dovrebbe essere garante della Costituzione repubblicana basata sul principio di eguaglianza di tutti i cittadini a prescindere delle loro origini e firma comunque le nuove leggi razziali senza metterne in discussione la sostanza fondamentalmente discriminatoria. La vergogna e' di chi guarda tranquillamente la televisione vedendo scene di morti annegati senza soccorsi e non sente nessuna emozione di simpatia umana per chi e' morto in quelle terribili condizioni. La vergogna e' quella di chi osserva per denunciare il clandestino o di chi inventa un gioco per amici per fare ‘rimbalzare il clandestino’ un po’ come i nazisti facevano rimbalzare gli ebrei. La vergogna e' quella della donna nigeriana incinta senza documenti che non sa come fare per partorire perche' andando in ospedale rischia una denuncia. La vergogna e' la violenza psicologica che subiscono tanti bambini migranti che vedono i propri genitori angosciati perche' non hanno avuto il rinnovo del permesso di soggiorno. La vergogna e' quella dei tanti che vedono in spiaggia passare i poveri del mondo e provano solo fastidio perche' guastano le loro ferie. La vergogna e' quella di una societa' che non riesce neanche piu' a sentire nulla di umano perche' contano solo i soldi e le merci, perche' gli esseri umani sono ridotti a categorie contabili e a numeri insignificanti sul registro di un centro d’identificazione per immigrati. La vergogna e' quella dei nuovi lager a cielo aperto nelle nostre citta' e che tutti fanno finta di non vedere oppure i nuovi campi per i Rom che sono considerati come sub-umani. Eppure gia' alla fine del 900’ lo storico napoletano Pasquale Villari notava a proposito dell’emigrazione italiana in un libro intitolato “L’Italia e la civilta'”: “Le correnti migratorie costituiscono il fenomeno antropico piu' importante dell’ultimo secolo e allo sviluppo di esse e' ormai intimamente legato l’avvenire dell’Europa… E’ un fenomeno cosi' grandioso che supera tutti quelli che per forza di eventi si sono verificati dalle invasioni barbariche ai nostri giorni”. “E se ora domandiamo, che cosa e' mai questo singolare fenomeno della nostra emigrazione, quale ne e' la causa prima e fondamentale, dobbiamo rispondere: la miseria e l’abbandono in cui da secoli abbiamo lasciato le classi lavoratrici del contado, che sono pure la maggioranza della popolazione italiana. Esse sentono questo abbandono, sanno che troveranno per tutto altrove migliore retribuzione all’opera delle loro braccia, ed abbandonano una patria che fu loro sempre matrigna e non mai madre.” La vergogna e' anche quella di chi dimentica la propria storia di migrazione e di sofferenza offendendo cosi' la memoria dei milioni d’italiani che andarono cercare fortuna all’estero. Una storia migratoria che fu una delle pagine piu' importanti dell’umanita' con le sue luci e le sue ombre; ci furono i coraggiosi lavoratori che andarono nelle miniere del Nord Europa, molti vi morirono come nella tragedia di Marcinelle, altri morirono dopo della silicosi, ci furono migranti come Sacco e Vanzetti che pagarono con la vita il loro impegno per la giustizia sociale e contro il razzismo anti italiano, vi furono anche i mafiosi e i criminali, vi furono gli intellettuali antifascisti come Rodolfo Mondolfo che introdusse Hegel , traducendolo in spagnolo, in Argentina e che insegno' in quella terra il patrimonio prodotto dall’umanesimo italiano da Picco della Mirandola a Cesare Beccaria. La vergogna e' l’offesa fatta alla memoria dei tanti emigranti che pagarono con la vita il tentativo di crearsi un futuro migliore. La vergogna e' anche questa cospirazione del silenzio di fronte all’orrore di un Mediterraneo che si sta trasformando in una vera fosse comune; il mare nostrum degli antichi dove navigavano Platone, Pitagora, Aristotele e Seneca. La vergogna e' quella dell’indifferenza della gente che gira la testa da un’altra parte non vedendo questi fratelli e sorelle che soffrono, che provano emozioni, che hanno aspettative, che vogliono – come i tanti emigranti italiani- un futuro migliore e piu' umano. L’indifferenza che diventa complicita' di un meccanismo d’ingiustizia e di morte; di un meccanismo che non fa che umiliare la dignita' della persona umana e che lo fa anche in quelli che esprimono odio verso ‘lo straniero’. La vergogna e' anche il pretesto avanzato da alcuni con il fatto che e' sempre stato cosi' o che la vita e' una valle di lacrime per non fare nulla. E’ quello che affermava Jacques Maritain: “Non si puo' prendere il pretesto che la vita presente e' una valle di lacrime per rassegnarsi all’ingiustizia o alla condizione servile o la miseria dei suoi fratelli.” La vergogna e' quella di un paese che rivendica continuamente le sue radici cristiane facendo esattamente il contrario dell’insegnamento di Cristo che parlava di accoglienza, giustizia, amore e fratellanza. La vergogna e' quella dei tanti che vanno i giro per turismo sessuale per sfogare il loro odio verso la propria umanita' degradando e violentando quella delle bambine povere senza difesa . La vergogna sono quelle immagini di morti sulle spiagge e di corpi galleggianti che non provocano nessun sentimento di sdegno per l’umanita' violentata e ferita. La vergogna e' quella dell’assenza di reazione umana di fronte alla barbarie dei discorsi che offendono la dignita' della persona umana! Scriveva Don Lorenzo Milani: “Io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria , gli altri i miei stranieri”. Scriveva Giuseppe Mazzini: “Dio decreto' che la voce straniero, come abitatore di terra diversa, passerebbe dalla favella degli uomini e solo straniero sarebbe il malvagio”. La vergogna e' anche che non vi siano piu' grandi italiani come Don Milani e Mazzini per affermare in faccia all’universo e ai potenti la loro fede nell’umanita', nella giustizia e nell’eguaglianza. La vergogna e' che tutti in fondo finiscono per fare finta di niente e la barbarie continua a fare danni profondi nell’anima delle persone. La vergogna e' anche quella di chi tace e dovrebbe , tuttavia, garantire i valori di eguaglianza della Costituzione repubblicana. La vergogna e' la violenza quotidiana diffusa verso l’immigrato e verso chi ha la pelle scura o parla una lingua diversa; violenza praticata da tutti dal bar all’autobus all’uscita della scuola. E’ quel razzismo diffuso che fa parte ormai del modo di essere di tante persone di questo paese. Possiamo dire di questo sistema di rapporti quello che diceva Franza Fanon del sistema coloniale: “Il regime coloniale e' un regime instaurato con la violenza. E’ sempre con la forza che il regime coloniale si e' instaurato….Apartheid in Sud Africa, lavori forzati in Angola. Disprezzo, politica di odio. Queste sono le manifestazioni di una violenza molto concreta e molto penosa. Una violenza nel comportamento quotidiano”. La vergogna italiana, e non solo perche' in altri paesi d’Europa le cose stanno peggiorando (basta pensare alla pulizia etnica verso i Rom nell’est dell’Europa, alle lotte interetniche nelle ex repubbliche sovietiche, alla caccia al migrante in diversi paesi d’Europa occidentale); la vergogna della disumanita' delle politiche e dei discorsi dei media e dei politici nei confronti dei poveri del mondo sta diventando la vergogna di ceti dominanti che sono pronti, per mantenere il loro potere e le loro ricchezze,  come e' successo in altri momenti della storia, a sacrificare la vita di decine di migliaia di miserabili trasformandoli in capro espiatorio e indirizzando verso di loro il disagio sociale ed esistenziale ormai diffuso. Come Franz Fanon diciamo . “Bandiamo dalla nostra terra qualsiasi forma di razzismo , qualsiasi forma di oppressione e lavoriamo per l’uomo , per l’affermazione dell’uomo e per l’arricchimento dell’umanita'!”. - Alain Goussot

 
 
 
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ANTONELLA ANEDDA

Vedo dal buio
come dal più radioso
dei balconi.
Il corpo è la scure:
si abbatte sulla luce
scostandola in silenzio
fino al varco più nudo -al nero
di un tempo che compone
nello spazio battuto
dai miei piedi
una terra lentissima
- promessa

---

Perfino adesso vedo
un gesto nuziale
dopo l'immensa distanza
di questa estate lenta
nell'arco dei suoi steli amari
dopo gli anni che in avanti
hanno sbarrato l'amore
perche' non si perdesse
fino a perderlo
attutito contro l'erba.
Oggi e' una notte di pioggia
possiamo traversarla
in due diversi bagliori
senza luce
dire, toccando il gelido bordo
di un bicchiere,
che tanta lontananza
non e' stata un errore
se ha cinto e sciolto segretamente
ogni irreale desiderio.


---

Volevo che
il mio amore non finisse
che resistesse intero
in disaccordo
perfino col ricordo
e ignorasse il corpo
che da me si scostava
che ne ignorasse
distanza e indifferenza
e fosse cosa mia
doppiamente intrecciata
cesta di giunco e aria,
cesta per acqua
forma che la mano conosce
e che la storia medita quando
– così di rado
per questo raramente sacra –
salva un bambino dal suo Nilo.
Così a volte
fanno canestri i pazzi
per il silenzio – credo –
che sale dagli spazi
per quella paglia
che le dita oscurano
per quel nodo terreno
di aria e di materia.


---

Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell'ombra della sera
per la sera che di colpo
crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta
a una ringhiera
per l'attesa marina
- senza grido - infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare
più sola nell'enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi,
mia la luce deserta
- da brughiera -
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso
e la parola bosco
trema più fragile del bosco,
senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.

 
Questa felicità promessa o data
m'è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove
il molteplice nell'unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.

Mario Luzi

---

Venite pensieri
vi penseremo a fondo
ora che e' mattino.
La luce vi fa sembrare tanto forti
da raschiare il buio
come se avessimo un coccio
e la notte fosse cuoio.
C'e' un geco sul granito.
Il suo ventre oscilla
come acqua di fonte.
E' spaventato. E' attento.
Aspetta senza capire.
Come succede a noi
quando un saluto di colpo
si trasforma in addio

---


Che speri,
che ti riprometti, amica,
se torni per così cupo viaggio
fin qua
dove nel sole le burrasche
hanno una voce
altissima abbrunata,
di gelsomino odorano e di frane?
Mi trovo qui
a questa età che sai,
né giovane né vecchio,
attendo, guardo
questa vicissitudine sospesa;
non so più quel che volli
o mi fu imposto,
entri nei miei pensieri
e n'esci illesa.
Tutto l'altro che deve essere
è ancora,
il fiume scorre,
la campagna varia,
grandina, spiove,
qualche cane latra
esce la luna, niente si riscuote,
niente
dal lungo sonno avventuroso.

Mario Luzi

---

il vento
è un'aspra voce che ammonisce
per noi stuolo
che a volte trova pace
e asilo sopra questi rami secchi.
E la schiera
ripiglia il triste volo,
migra nel cuore dei monti,
viola scavato
nel viola inesauribile,
miniera senza fondo
dello spazio.
Il volo è lento, penetra a fatica
nell'azzurro che s'apre
oltre l'azzurro,
nel tempo ch'è di là dal tempo;
alcuni mandano grida acute
che precipitano
e nessuna parete ripercuote.
Che ci somiglia
è il moto delle cime nell'ora
- quasi non si può pensare
né dire -
quando su steli invisibili
tutt'intorno
una primavera strana
fiorisce in nuvole rade
che il vento
pasce in un cielo
o umido o bruciato
e la sorte della giornata è varia,
la grandine, la pioggia,
la schiarita.

Mario Luzi

---

Poco dopo si è qui come sai bene,
file d'anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo,
chi quasi in catene.
Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita,
figge un punto.
Raramente
qualche gabbiano appare.

Mario Luzi
 
E’ pur nostro il disfarsi delle sere.
E per noi è la stria che dal mare
sale al parco e ferisce gli aloè.
Puoi condurmi per mano,
se tu fingi di crederti con me,
se ho la follia di seguirti lontano
e ciò che stringi, ciò che dici,
m’appare in tuo potere.
Fosse tua vita quella
che mi tiene sulle soglie
e potrei prestarti un volto,
vaneggiarti figura. Ma non è,
non è così. Il polipo che insinua
tentacoli d’inchiostro tra gli scogli
può servirsi di te.
Tu gli appartieni e non lo sai.
Sei lui, ti credi te.

Eugenio Montale

---

Sempre di nuovo,
benchè sappiamo
il paesaggio d'amore
e il breve cimitero
con i suoi tristi nomi
e il pauroso abisso silente,
dove per gli altri è la fine:
torniamo a coppie tuttavia
di nuovo tra gli antichi alberi,
ci posiamo sempre, di nuovo,
con i fiori contro il cielo.

Rainer Maria Rilke

---

Felicita’ raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede,
teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi
chi piu’ t’ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari,
il tuo mattino
e’ dolce e turbatore
come i nidi delle cimase.
Ma nulla
paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.

Eugenio Montale

---

Il suo sguardo,
dopo tanto fissare,
e’ divenuto cosi’ stanco
che non puo’ accettare null’altro.
Per lei
e’ come se le sbarre
fossero migliaia,
e oltre le migliaia di sbarre:
nessun mondo.
Nel suo girare
in quel cerchio ristretto,
senza soste,
la sua potente falcata
diviene una danza rituale
attorno ad un centro,
dove una grande volonta’
si trova come paralizzata.
A volte,
le palpebre si sollevano in silenzio
ed una forma entra,
scivola attraverso
l’angusto silenzio tra le spalle,
raggiunge il cuore,
e muore.

Rainer Maria Rilke – La pantera

---

Gettava pesci vivi
a pellicani famelici.
Sono vita anche i pesci fu rilevato,
ma di gerararchia inferiore.
A quale gerarchia
apparteniamo noi
e in quali fauci…?
Qui tacque il teologo
e si asciugo’ il sudore.

Eugenio Montale
 

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MARIA LUISA SPAZIANI

Quelle labbra
ch'era peccato mordere
tanto infantili e tenere s'aprivano
(neve di sogno
non può il tempo sciogliere)
chiude un sigillo di divina cera.
Ma avete flauti eterni
come il mare,
o labbra più profonde della sera.

 

ANTONELLA ANEDDA

Dell'incedere a scatti di quell'uomo
che nella strada per Venaco
gridava dentro il sole
non s'e' mai detto nulla
nulla della camicia
strappata sulle ascelle
e dei piedi circondati di paglia
ne' della voce bruciata di francese.
Lo aspetto' l'inverno,
lo strinse nel ramo di una scala
lo spinse piano
col volto tra i vasi di gerani

---

Per trovare la ragione di un verbo
perché ancora
davvero non é tempo
e non sappiamo
se accorrere o fuggire.
Fai sera come fosse dicembre
sulle casse innalzate
sul cuneo del trasloco
dai forma al buio
mentre il cibo
s'infiamma alla parete.
Queste sono le notti
di pace occidentale
nei loro raggi vola
l'angustia delle biografie
gli acini scuri dei ritratti,
i cartigli dei nomi.
Ci difende di lato un'altra quiete
come un peso marino nella iuta
piegato a lungo, con disperazione.

---

Non esiste innocenza
in questa lingua
ascolta come si spezzano i discorsi
come anche qui sia guerra
diversa guerra
ma guerra - in un tempo assetato.
Per questo scrivo con riluttanza
con pochi sterpi di frase
stretti a una lingua usuale
quella di cui dispongo
per chiamare
laggiù perfino il buio
che scuote le campane.

 

PEDRO SALINAS

Non voglio che ti allontani,
dolore, ultima forma
di amare. Io mi sento vivere
quando tu mi fai male
non in te, né qui, più oltre:
sulla terra, nell'anno
da dove vieni
nell'amore con lei
e tutto ciò che fu.
In quella realtà
sommersa che nega se stessa
ed ostinatamente afferma
di non essere esistita mai,
d'essere stata nient'altro
che un mio pretesto per vivere.
Se tu non mi restassi,
dolore, irrefutabile,
io potrei anche crederlo;
ma mi rimani tu.
La tua verità mi assicura
che niente fu menzogna.
E fino a quando ti potrò sentire,
sarai per me, dolore,
la prova di un'altra vita
in cui non mi dolevi.
La grande prova, lontano,
che è esistita, che esiste,
che mi ha amato, sì,
che la sto amando ancora.

---

Quello che sei
mi distrae da quello che dici:
Lanci parole veloci,
pavesate di risa,
invitandomi
ad andare dove mi porteranno.
Non ti presto attenzione,
non le seguo: sto guardando
le labbra da cui sono nate.
Intanto guardi lontano.
Fissi lo sguardo laggiù,
non so in cosa, e già si precipita
a cercarlo la tua anima
affilata, come saetta.
Io non guardo dove guardi:
io ti vedo guardare.
E quando desideri qualcosa
non penso a quello che vuoi
nè lo invidio: è il meno.
Ciò che ami oggi, lo desideri;
domani lo dimenticherai
per un nuovo amore.
No. Ti aspetto
oltre qualsiasi fine o termine
in ciò che non deve succedere.
Io resto nel puro atto
del tuo desiderio, amandoti.
E non voglio altro
che vederti amare.

 

REINER MARIA RILKE

Niente è paragonabile.
Esiste forse cosa
che non sia tutta sola
con se stessa e indicibile?
Invano diamo nomi,
solo è dato accettare
e accordarci
che forse qua un lampo,
là uno sguardo ci abbia sfiorato,
come se proprio in questo
consistesse vivere la nostra vita.
Chi si oppone
perde la sua parte di mondo.
E chi troppo comprende
manca l’incontro con l’eterno.
A volte
in notti grandi come questa
siamo quasi fuori pericolo,
in leggere parti uguali
spartiti fra le stelle.
Immensa moltitudine

---

Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili
a stanze chiuse a chiave
e a libri scritti in lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che non ti possone essere date
poichè non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivi le domande ora.
Forse ti sarà dato,
senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano giorno,
in cui avrai la risposta.

 
Che io debba ricevere il castigo
neppure si discute. Resta oscuro
se cio’ accada in futuro oppure ora
o se sia gia’ avvenuto
prima che io fossi.
Non ch’io intenda evocare
l’esecrabile fantasma
del peccato originale.
Il disastro fu prima dell’origine
se un prima e un dopo
hanno ancora un senso.

Eugenio Montale

---

Perfino adesso vedo un gesto nuziale
dopo l'immensa distanza
di questa estate lenta
nell'arco dei suoi steli amari
dopo gli anni che in avanti
hanno sbarrato l'amore
perche' non si perdesse
fino a perderlo attutito contro l'erba.
Oggi e' una notte di pioggia
possiamo traversarla
in due diversi bagliori senza luce
dire, toccando il gelido bordo
di un bicchiere,
che tanta lontananza
non e' stata un errore
se ha cinto e sciolto segretamente
ogni irreale desiderio.

Antonella Anedda


---

Mia vita,
a te non chiedo lineamenti
fissi, volti plausibili o possessi.
Nel tuo giro inquieto
ormai lo stesso sapore
han miele e assenzio.
Il cuore che ogni moto tiene a vile
raro è squassato da trasalimenti.
Così suona talvolta nel silenzio
della campagna un colpo di fucile.

Eugenio Montale

---

Volevo che
il mio amore non finisse
che resistesse intero
in disaccordo
perfino col ricordo
e ignorasse il corpo
che da me si scostava
che ne ignorasse
distanza e indifferenza
e fosse cosa mia
doppiamente intrecciata
cesta di giunco e aria,
cesta per acqua
forma che la mano conosce
e che la storia medita quando
– così di rado
per questo raramente sacra –
salva un bambino dal suo Nilo.
Così a volte
fanno canestri i pazzi
per il silenzio – credo –
che sale dagli spazi
per quella paglia
che le dita oscurano
per quel nodo terreno
di aria e di materia.

Antonella Anedda

---

Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell'ombra della sera
per la sera che di colpo
crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta
a una ringhiera
per l'attesa marina
- senza grido - infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare
più sola nell'enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi,
mia la luce deserta
- da brughiera -
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso
e la parola bosco
trema più fragile del bosco,
senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.

Antonella Anedda
 
Questo tetto che affiora dalla notte
ci protegge piu' di una croce o un santo.
Ora che improvvisamente piove
e' benedetto.
In un'abside di plastica bagnata
splende una pianta di ortensie azzurro-fuoco

Antonella Anedda

---

...
Soffiero' su quel viso
mischiando i suoi gesti
a quelli di amori passati,
prendendo i ricordi migliori
le poche frasi di ognuno
fino a costruire il mio Golem
il mio amore brucera' altissimo e ignoto
lungo la cappa del camino.
...

Antonella Anedda


---

Vergine altera, mia compagna
t'arde un mistero negli occhi.
Non so se odio o amore
e' questa luce eterna
della tua nera faretra.
Con me verrai
finche' proietti un'ombra il corpo
e resti ai miei sandali arena.
La sete o l'acqua sei
sul mio cammino?
Dimmi, vergine altera,
mia compagna.

- Antonio Machado -

---

...
Pensi davvero che basti non avere colpe
per non essere puniti,
ma tu hai colpe.
L'aria e' piena di grida.
Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
Dai mattoni salgono respiri,
brandelli di parole.
...

Antonella Anedda
 

 

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