Melamente assorto

PERFEZIONISTA UN CAVO


"Caro Steve, ci osservi da lassù seduto su una iCloud controllando che tutto vada per il verso giusto. In occasione del Natale vorrei chiederti una cosa: So che eri un maledetto pignolo rompiballe e amavi curare ogni dettaglio dei tuoi prodotti con un puntiglio maniacale. Te lo aveva insegnato il tuo papà, che ti faceva verniciare bene i mobili sul retro anche se nessuno lo doveva vedere. E facevi i capricci per la lucidatura delle viti dentro i case dei tuoi computer, anche se nessuno li doveva aprire. Oppure i colori, che non ti andavano mai bene. Perdevi giorni su dettagli apparentemente insignificanti di un’interfaccia con la giustificazione che i tuoi utenti l’avrebbero guardata per ore tutti i giorni. E, bada bene, io ti capisco. Ti capisco perché anche io sono un po’ così: un maledetto rompiballe genovese a cui non va mai bene nulla, quindi riesco a immedesimarmi nelle tue convinzioni. E allora perché, perché, perché tutti i maledetti cavi dei tuoi iCosi, dal primo che hai prodotto fino all’iPad 2 di mia moglie preso il mese scorso, perché, dicevo, si devono ridurre così? E non solo dalla parte del tuo (brutto, fattene una ragione) connettore proprietario, ma anche dall’altra parte, quella col connettore USB standard. Lo stesso connettore che l’ultimo dei produttori cinesi che fanno lavorare i neonati nelle loro cantine umide è in grado di fare meglio. Perché questo maledetto cavo deve essere il calimero della tua produzione? Perché i tuoi aggeggi che costano un fantastiliardo e 99 centesimi devono lasciare a piedi la gente sul più bello perché un cavo che non sei stato in grado di progettare decentemente si rompe? Sei tu forse in combutta con i duty free shop degli aeroporti? Con la FNAC? Con la lobby dei produttori di cavi da un dollaro su ebay? Posso capire che i primi modelli non fossero ancora abbastanza testati con un uso reale, ma dopo un gazzillione di iCosi venduti, qual è il motivo che ti ha spinto a continuare a testa bassa la produzione di questo cavo che, per citare la frase che tu usavi così spesso, è una merda? Il tuo affezionato rompiballe" - Andrea Beggi.  
 Dato che siamo di fronte alla piu' conclamata delle recidive, la risposta e' abbastanza semplice: Steve Jobs non era affatto un perfezionista, ma certo amava smisuratamente sembrarlo. In altre parole: apparenza mille, sostanza zero punto zero; dunque al massimo si poteva definire un esteta, non certo un maniaco dei dettagli o della perfezione. Pero' all'acquirente dei suoi prodotti piace credere questa emerita panzana; perche'? Ma per via del postulato del fanboy che recita: "Steve Jobs era un genio e io compro i suoi prodotti, percio' sono un po' genio pure io". A forza di salmodiar tra se' in questo modo e di ripeterselo vicendevolmente coi pari suoi, il novello Cartesio del fanboianesimo nostrano ne distilla l'inesorabilmente conseguente motto: "lui cogitava, ergo io sono". Diversamente nulla al mondo puo spiegare il tasso siderale di cialtroneria e di treccartarismo della risposta olografa riportata nell'immagine qui sotto; tutt'altro che "perfezionista" e ancor meno "geniale". Similmente, null'altro puo' spiegare l'oblio totale e pertinace degli eterni a-fiction-ados a priori dei prodotti della mela, quale Beggi dichiara di essere, quando -terminato il rancoroso rantolio d'ufficio causa ennesima rottura dell'ennesimo cavo (oltre che antennagate, batterygate, sim non riconosciute e chi piu' cazzi ha piu' ne metta)- si predispongono vieppiu' frementi di rorido desiderio all'ennesimo acquisto, scodinzolante MasterCard pronta alla mano, dell'ennesimo costoso, figoso, stiloso e prevedibilmente difettoso iGeggio Apple appena sfornato.  
P.S. In quanto a neonati che lavorano nelle cantine umide, Steve Jobs sapeva pure lui il fatto suo.