Melamente assorto

La Mosca al naso di Maroni


«Preferirei continuare a svolgere il mio lavoro», ha risposto con garbo e fermezza, respingendo anche lo zucchero di un incarico prestigioso (capo di gabinetto di Scajola) offertogli per dissimulare la sgradevolezza della rimozione: «Ma da ragazzo nell’antica caserma della Nunziatella mi hanno insegnato l’obbedienza». Solo un servitore dello stato che ama il posto in cui è stato messo può dire dei «no» come quello pronunciato, senza clamore, in queste ore dal prefetto di Roma, Carlo Mosca. Un no da prefetto galantuomo, che, a 62 anni, dopo esser stato capo di gabinetto di Pisanu
e di Amato, può anche decidere di andare in pensione, se proprio deve togliere il disturbo. E dedicarsi solo all’insegnamento universitario. Il capo di gabinetto di Maroni, che lo ha incontrato nel fine settimana, è tornato al Viminale con la certezza che rimuovere Mosca non sarà facile. Come fu impossibile del resto convincerlo che suo compito era prendere le impronte digitali ai bambini rom se un ministro disponeva così. Qualche suo collega si adeguò, lui no, forte della Costituzione. Alla fine il Viminale ha dovuto dargli ragione. Tre mesi dopo, la volontà di rimuoverlo sembra più che mai ferma. «Sono decisioni governative, non entro nel merito», se ne lava le mani il sindaco di Roma Alemanno: «Il prefetto ha sempre la stima di tutti noi», recita la sua difesa d’ufficio. Ma non è un mistero che in
questi mesi il sindaco abbia sofferto la coabitazione. E se ne sia più volte lamentato con il Viminale. Alemanno vince le elezioni cavalcando la sicurezza e nel primo vertice in prefettura Mosca gli spiega che da mesi i reati sono già in calo. Alemanno invoca sgomberi e Mosca frena. Le sue posizioni, molto apprezzate in Vaticano, uniscono sempre il buon senso, la scomodità e un pizzico di cattolicesimo. Lo stesso sindaco ha dovuto più volte andargli dietro. Non solo lui: mentre Berlusconi invocava la polizia per gli studenti, Mosca ricordava che «la Costituzione prevede la libertà di riunione». Pochi giorni fa, appena terminato il censimento rom, ha di nuovo dettato la linea: «Ora dobbiamo garantire loro migliori condizioni». Anche i risultati di quel censimento adesso gli vengono contestati. Insieme a quella caparbietà nel mantenere la barra: «Severi con i delinquenti (parola che Mosca pronuncia con la “g”), accoglienti con gli altri». Un’idea troppo moderna della sicurezza? Maroni potrebbe portare il nome del nuovo prefetto nel prossimo consiglio dei ministri. Ma la pratica, visti i pretendenti (dall’ex prefetto di Palermo Marino a Morcone, in Campidoglio nell'interim tra Veltroni e Alemanno), non è semplice. E Maroni sa che si troverà contro i tanti estimatori di Mosca. A cominciare da Letta che in pubblico lo ha già difeso: «Un esempio per tutti noi» -  L'Unita'