Melamente assorto

C'E' PIU' GUSTO AD ESSERE RAZZISTI


"Quando dieci anni fa siamo ufficialmente entrati nell'area euro grazie all'impegno del primo governo Prodi che impose la sanguinosa finanziaria del 1996, accettata peraltro
dall'opinione pubblica senza troppi mugugni tanto era chiaro e condivisibile l'obiettivo, abbiamo pensato che l'Italia stesse avvicinandoci a quella sospirata 'normalità' che da sempre ci sfuggiva. Un paese moderno, capace di indirizzare i propri sforzi verso mete ambiziose e di investire nel futuro, e con un governo in grado di convincere con argomenti razionali i propri cittadini. In quella fase tra bicamerali e 'normale' azione di governo la transizione sembrava avviarsi a conclusione. Poi, saltati uno dietro l'altro entrambi i tavoli grazie all'insipienza dei protagonisti del centro-sinistra d'allora, siamo ritornati in una fase di 'anormalità'; che perdura tuttora. Oggi l'anormalità italiana si nutre di due fattori principali sul piano politico (e quindi escludiamo macro-fenomeni come la criminalità organizzata, l'economia grigia, l'evasione fiscale, ecc. ). La prima, arcinota, ma repetita iuvant perché si fa sempre finta di niente, riguarda, né più né meno, la (sempiterna) presenza al vertice del governo di Silvio Berlusconi in ragione della sua biografia e del suo conflitto di interessi. La seconda, anch'essa sottaciuta e sottostimata, riguarda la circolazione tranquilla - e quindi la sostanziale accettazione - delle argomentazioni, della fraseologia e degli stereotipi del razzismo identitario. Questa versione del discorso razzista ha soppiantato il tradizionale, storico, razzismo biologico secondo il quale esiste una gerarchia delle razze e, ovviamente, quella bianca e/o ariana è naturaliter superiore alle altre. Nemmeno nell'estrema destra europea viene più adottata questa versione del razzismo. Più sottilmente, si declina la differenza tra i vari gruppi etnici in termini di diversità culturale.
Ma il risultato è lo stesso: alcuni sono accettabili, altri no. Se un gruppo vuole esprimere la propria identità culturale, liberissimo: ma lo faccia a casa sua, non venga a 'mescolarsi' con noi. E se per un impulso di bontà glielo concediamo, almeno lo faccia ben nascosto dai nostri occhi, in qualche sottoscala. Questo è l'approccio adottato per primo e con più coerenza dal Front National di Jean-Marie Le Pen, e poi diffuso in tutto il continente. Questo è l'approccio che sta diffondendosi, con velocità e successo crescenti, in Italia grazie alla Lega Nord. L'ineffabile leggerezza della ricezione della vulgata xenofoba e razzista (sub specie identitaria) costituisce anch'essa una anomalia italica: negli altri paesi europei discorsi di tal fatta sono stigmatizzati dall'opinione pubblica democratica, e gli esponenti politici che li veicolano sono emarginati dagli altri partiti. In Francia, ad esempio, Nicolas Sarkozy ha eretto un invalicabile cordone sanitario nei confronti del Front National. Qui la Lega continua a imperversare con una tambureggiante offensiva volta a stigmatizzare i 'bingo bongo' come elegantemente Umberto Bossi definì gli immigrati (domanda: qualcuno pensa che negli Usa pre-Obama o in Gran Bretagna o in Francia sarebbe ancora ministro un politico che si fosse espresso così?). Ora siamo all'introduzione di una nuova tassa ad hoc per gli immigrati.
In fondo, nonostante il governo Berlusconi si vantasse di voler abbassare le tasse, tartassare i più poveri rientra perfettamente nelle corde di un governo di destra.  L'odio contro i diversi alimentato in questi anni dalle fornaci leghiste si sta riversando lungo tutta la Penisola. L'offensiva anti-immigrati non si ferma di fronte a nulla, né di fronte a quelle voci, peraltro fioche, alterne, sporadiche, della Chiesa che reclamano un po' di umanità, né ai richiami delle organizzazioni internazionali e dell'Europa (sulla opposizione interna meglio stendere un velo). Un solo esempio: ancora pochi giorni fa il gaffeur principe della nostra diplomazia - l'ex brillante ministro degli Esteri Franco Frattini - ha emesso una dura nota contro le critiche sulla questione rom mosse da Thomas Hammarberg, commissario per i Diritti umani del Consiglio d'Europa - sprezzantemente definito 'il signor Hammarberg' (sic). La ricezione tranquilla del discorso razzista, senza reazioni di rigetto, senza la forza dell'indignazione, senza l'opposizione di valori universali, ci rende, una volta di più, anomali rispetto al mondo civile. Altrove, chi attraversa il confine tra il lecito e il non-lecito nella tavola dei valori democratici viene emarginato. Nel Belpaese, va al governo e viene riverito." - Piero Ignazi
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