Melamente assorto

QUARTI DI CUPERTINO


Ieri Macity ha pubblicato un fantastico articolo di Antonio Dini sulla vicenda che ha visto contrapposti l'editore Macmillan e Amazon. Cerco di riassumere la faccenda in breve: in vista dell'uscita di iPad, Macmillan stringe un accordo con Apple per la distribuzione dei propri libri attraverso iTunes Store. L'accordo prevede il rialzo dei prezzi delle ultime uscite "best seller" da 12,99 a 14,99 Dollari. Amazon non ci sta e smette di vendere il catalogo Macmillan. Breve braccio di ferro poi Amazon si piega, acconsentendo ad alzare i prezzi. Sapete con quale titolo Antonio Dini riassume tutto questo? "iPad infligge la prima sconfitta ad Amazon: libri pił cari". Avete letto bene: "piu' cari", non "meno cari". Cioe' Dini e Macity, non solo ritengono che il rialzo del prezzo dei libri sia un vantaggio per i lettori di libri digitali, ma pensano anche che l'apprezzamento di ben 2 Dollari sia una "vittoria" per Apple contro Amazon. E non basta: altre due perle seguono. La prima: "Secondo un analista americano costruire iPad costa circa 290 dollari. Sul dispositivo Apple avrebbe margini sopra il 50% e molto vicini a quelli che ricava da iPhone. Un'altra macchina da soldi per le casse di Cupertino". La seconda: "Il confronto con Apple ed iPad e la battaglia sui prezzi delle edizioni in digitale mettono in agitazione gli investitori di Amazon. Il titolo del pił grande rivenditore Internet del mondo perde pił del 5% in borsa". C'e' davvero poco da aggiungere, ma una elemento posso sottolinearlo in effetti: sul crollo del titolo Apple in borsa, nei giorni successivi alla presentazione dell'iPad, Macity e tutti gli altri siti Apple-centrici, hanno steso una perfetta coltre di silenzio: censura totale. Eppure la perdita, dopo l'ennesimo megashow di Jobs, e' andata ben oltre il 5%. Pero' chi legge Macity o SetteBit, o Italiamac, Melamorsicata o Melablog, ecc. non lo deve sapere. Altrimenti potrebbe farsi "idee sbagliate", chissa'. Una visione davvero meschina, dell'utente Apple. Una mancanza di rispetto del cliente che rasenta il vero e proprio disprezzo.