E ci siamo arrivati, alla fine. Come si dice: "l'ironia della sorte". Il Macintosh, il calcolatore nato sotto la stella del Grande Fratello orwelliano e del "pensare differente", in apparente totale opposizione all'omologazione nullificante del sistema operativo unico, prima DOS e successivamente Windows (sistema che pareva destinato a dominare ogni singolo millimetro di schermo del globo terracqueo, annunciando un'era oscura di totalitarismo informatico), il Macintosh dicevo, giunge oggi a quello che con ogni probabilita' e' il capolinea della sua storia (o cosi' almeno sostiene lui) orrendamente mutato dalle radiazioni dell'RDF e dal genio distorto di Steve Jobs, in qualcosa di esattamente opposto. Nasce infatti il Mac App Store. E lasciamo pur perdere le questioni peraltro eloquentissime, di Wikileaks, di censure e condizioni di lavoro in Cina o delle decine e centinaia di Apps gia' bloccate ed eradicate perche' non allineate al pensiero jobbiano. Censure del software che peraltro si specchiano nel bullismo bello e buono esercitato in campo hardware & brevetti (poi pero' si scopre che spesso e' Apple ad aver rubato), fino ad arrivare a proibire a terzi di produrre mascherine di colori alternativi per iPhone e, di conseguenza, ai clienti regolarmente paganti di acquistarne. Lasciamo perdere tutto questo, dicevo, e consideriamo per un attimo questo nuovo Mac App Store che sta per nascere: di cosa si tratta? Di una replica informatica di cio' che Jobs ha gia' realizzato con successo per i suoi iPaddi, iPoddi e iFoni. Un ecosistema completamente chiuso, blindato e sorvegliato, all'interno del quale Apple e' per la prima volta in grado di esercitare il pieno e totale controllo su ogni singolo aspetto dell'uso che i clienti fanno dei suoi prodotti. Scremando il suo bel 30% dai ricavi degli sviluppatori, ovviamente. Fedeli e laboriosi manovali addetti al regolare funzionamento dell'immane ingranaggio-trebbiatrice da "giardino di portafogli", coltivato cosi' pazientemente in questi ultimi anni dal nababbo di Cupertino (in questo occorre riconoscergli si, il vero genio). Immagino che un sogno (o meglio, incubo) cosi' non lo abbia mai fatto neppure il Bill Gates monopolista degli anni "d'oro". Era lui che ci spaventava, era lui il cattivo, il Big Brother dal quale guardarsi, una volta, ricordate? Nel millenovecentottantaquattro.
MILLENOVECENTOTTANTAQUATTRO
E ci siamo arrivati, alla fine. Come si dice: "l'ironia della sorte". Il Macintosh, il calcolatore nato sotto la stella del Grande Fratello orwelliano e del "pensare differente", in apparente totale opposizione all'omologazione nullificante del sistema operativo unico, prima DOS e successivamente Windows (sistema che pareva destinato a dominare ogni singolo millimetro di schermo del globo terracqueo, annunciando un'era oscura di totalitarismo informatico), il Macintosh dicevo, giunge oggi a quello che con ogni probabilita' e' il capolinea della sua storia (o cosi' almeno sostiene lui) orrendamente mutato dalle radiazioni dell'RDF e dal genio distorto di Steve Jobs, in qualcosa di esattamente opposto. Nasce infatti il Mac App Store. E lasciamo pur perdere le questioni peraltro eloquentissime, di Wikileaks, di censure e condizioni di lavoro in Cina o delle decine e centinaia di Apps gia' bloccate ed eradicate perche' non allineate al pensiero jobbiano. Censure del software che peraltro si specchiano nel bullismo bello e buono esercitato in campo hardware & brevetti (poi pero' si scopre che spesso e' Apple ad aver rubato), fino ad arrivare a proibire a terzi di produrre mascherine di colori alternativi per iPhone e, di conseguenza, ai clienti regolarmente paganti di acquistarne. Lasciamo perdere tutto questo, dicevo, e consideriamo per un attimo questo nuovo Mac App Store che sta per nascere: di cosa si tratta? Di una replica informatica di cio' che Jobs ha gia' realizzato con successo per i suoi iPaddi, iPoddi e iFoni. Un ecosistema completamente chiuso, blindato e sorvegliato, all'interno del quale Apple e' per la prima volta in grado di esercitare il pieno e totale controllo su ogni singolo aspetto dell'uso che i clienti fanno dei suoi prodotti. Scremando il suo bel 30% dai ricavi degli sviluppatori, ovviamente. Fedeli e laboriosi manovali addetti al regolare funzionamento dell'immane ingranaggio-trebbiatrice da "giardino di portafogli", coltivato cosi' pazientemente in questi ultimi anni dal nababbo di Cupertino (in questo occorre riconoscergli si, il vero genio). Immagino che un sogno (o meglio, incubo) cosi' non lo abbia mai fatto neppure il Bill Gates monopolista degli anni "d'oro". Era lui che ci spaventava, era lui il cattivo, il Big Brother dal quale guardarsi, una volta, ricordate? Nel millenovecentottantaquattro.