BIANCANEVE

VITA E MORTE


Dal “Corriere della Sera” del 9 marzo 2007 “Si è arreso. Ha lottato per sei giorni e sei notti, ma alla fine il cuore del bimbo sopravvissuto all'aborto terapeutico effettuato alla ventiduesima settimana all'ospedale fiorentino Careggi non ce l'ha fatta. Se ne è andato in silenzio, nella notte. E' morto per complicazioni cardiocircolatorie. «E' in condizioni gravissime» aveva detto il direttore generale dell'ospedale Meyer, Paolo Morello poche ore prima. Il piccolo era ricoverato lì, nel reparto di terapia intensiva neonatale. Il cervello non era ancora formato. La pelle quasi trasparente. Soffriva di una gravissima insufficienza respiratoria. Per lui non c'erano quasi speranze. Era un affarino di appena 500 grammi, lungo una ventina di centimetri e sopravvivere per sei giorni è stata la sua battaglia.«Non aveva la malformazione ipotizzata dalle ecografie, l'atresia all'esofago — ha spiegato il direttore generale — ma soffriva di tutte quelle complicazioni di un bambino estremamente prematuro. Per lui abbiamo fatto il possibile” 
 Personalmente non posso negare che l’aborto sia un omicidio. Credo che tra le più grandi tragedie che una donna possa conoscere ci sia proprio la perdita di un figlio, avvenga con un’interruzione di gravidanza volontaria, decisa sulla base di qualsiasi motivo, che naturale. Chiaro che sono dolori diversi: l’uno è caratterizzato dal senso di colpa e inadeguatezza, l’altro dalla sensazione di non poter essere stata scelta per realizzare l’incantesimo della maternità.Di fronte alla prospettiva di mettere al mondo un figlio gravemente malformato l’aborto terapeutico è una scelta che non mi sento di giudicare: è un bivio che apre due possibilità ugualmente dolorose e che investe la donna di una responsabilità troppo grande… ma quando il timore di non farcela, di saper gestire insieme alla propria colossale sofferenza anche la vita imperfetta che si ha generato ha il sopravvento sul barlume di fiducia e di ottimismo, probabilmente si vorrebbe cancellare tutto, tornare con il guadagnato bagaglio di colpe omicide alla vita di sempre.  Ma se la diagnosi fosse sbagliata, se dei nostri timori ne facesse le spese una vita con tutte i numeri per farcela, un progetto a cui non manca nulla? Come tornare alla normalità? Come? Genitori, medici… non è una responsabilità troppo grande per dei semplici ed errabili esseri umani?Questo paradossale e drammatico episodio influirà inevitabilmente sul destino della legge 194: la vita spezzata della piccola vittima di una scienza che troppo spesso deve ammettere l’errore sarà strumentalizzata dalle parti politiche come evidenza di un concetto tra vita e morte, ma che non trova una collocazione netta e che sconvolge totalmente le nostre coscienze di donne e uomini dalle certezze granitiche e dalle posizioni nette.Non chiedetemi come la penso…. Fate in modo che non ci debba pensare…