Memorie di una colf

Memorie di una colf. Scorre il fiume.


Ci sono cose che danno sicurezza nella vita. I punti fermi a cui ancorarsi in questo quotidiano imperversar del vento. Tutte la mattine emergo dalle viscere del sottosuolo e, nel buio, mi dirigo verso la Gran Piazza. Attraverso Porta Santo Spirito e li, a due passi dalla chiesa degli inglesi, c’è l’antico chioschetto…. e sotto un riparo trasparente, seduta al tavolino, con il giornalino "a gratis" aperto davanti agli occhi c’è lei….la sora Lella. Oddio…non è esattamente la sora Lella…la buonanima..... ma sicuramente le due devono aver fatto le scuole insieme in qualche quartiere di la del grande fiume perché a guardarla, a sentirla parlare, è proprio lei sputata. Può piovere, esserci il sol leone, nevicare, tirare la bora, esondare Albula….ma lei è li, tutte le mattine. D’inverno, con il cappottino verde e la pelliccetta sul bavero, d’estate, con l’abitino grigino di cotone e le braccia paffute al vento. Sta seduta con davanti, sul tavolino-altare, l’offerta alla divinità “cornetto e cappuccino” e le fa ala una specie di corte dei miracoli (che poi immagino siano i dipendenti del vecchio ospedale che sta li a due passi che aspettano l’orario per entrare e continuare l’estenuante attività all’interno) che pende dalle sue labbra. La sora Lella legge il giornalino e commenta e gli altri, quasi tutti uomini, come in una novella e mattutina micro società matriarcale, annuiscono e aggiungono rispettosi qualche elemento. Si….perché è lei a guidare e scandire i tempi della conversazione. Tutte le mattine passo li davanti e mentre aspetto il verde del semaforo la osservo. Credo che il giorno che non la vedrò più il mondo mi sembrerà un posto molto meno sicuro.