Memorie di una colf

Memorie di una colf. Andar per mare.


…E’ che a volte capita a tutti di sbottare. Di arrivare a tappo e non sentirsela più di andare un passo oltre. Di decidere su due piedi che non si può continuare così, che si è sbagliato tutto e che bisogna imprimere una bella virata al barcone e cominciare a mettere la prua verso il mare aperto. Ma subiti dopo ci si accorge che nel mare non c’è solo quello scoglio, che quel pezzo di roccia contro il quale stavamo bellamente dirigendoci e che abbiamo deciso d’evitare, è in realtà solo un elemento di una scogliera. Che quella scogliera, ad essere giusti, non sta li con il preciso intento di propiziare il nostro precoce affondamento ma, al contrario, è una parte del molo frangiflutti piantato nel mare da mani intelligenti per proteggere la nostra nave quando rientra in porto. Che liberarsi dello scoglio che ci sta cordialmente sulla punta di un non meglio specificato elemento anatomico maschile non è possibile senza smantellare tutta la scogliera. Che non si può snobbare quel baluardo di pietra evitando di snobbare tutto il resto della struttura, se non altro per non fare la figura dei dissociati di fronte alla nostra coscienza. E allora, dopo un po’, calmatosi il mare, sparite all’orizzonte le nubi foriere di pioggia, sottratto ai venti il controllo delle nostre vele, ci rendiamo conto che la vita è un complesso di relazioni umane. Che una rottura non è un elemento avulso dal contesto, che fare con gli altri il grande viaggio è una sorta di complicato sistema di vasi comunicanti e che se chiudi un tubicino, l’acqua va a mancare anche in posti dove proprio non te lo aspetti e proprio non vuoi. La difficoltà del vivere non sta nel dover risolvere o abdicare ai singoli problemi ma nel non essere sempre capaci di far ruotare, su lunghi bastoni, un gran numero di piatti, alcuni in equilibrio sulle mani, altri sulla fronte, altri sulla punta dei piedi ed altri ancora tenuti ben stretti fra i denti.