Gioiosa_mente

PART ONE


  "LOVELY LAKE": UNA STORIA VERA by Andry,Aprile, G.,Lorelai,Tere poi?? SE IL TITOLO NN VI PIACE CAMBIATELO PURE!!SE SIETE D'ACCORDO CON LE MODIFICHE IN CORSIVO SOTTOLINEATO LO MANDO A ELEONORA (MAGARI ASPETTO ANCORA UN Pò..). CHI SI è OCCUPATO DELL'EPILOGO LO ASSEMBLI E LO INVII PERFAVORE... lorelai Le sere estive sono quelle peggiori, per chi lavora fino a notte fonda. Nonostante il caldo, l’afa e gli esuberanti vacanzieri dalle mille pretese, quella sera era stata abbastanza tranquilla. Solo clienti conosciuti, fatta eccezione per una giovane coppia in vena di smancerie. Il ristorante “Lovely Lake” aveva una clientela selezionata. Era posto in una posizione strategica, lontano dal rumore e dalla confusione del centro, facilmente raggiungibile a piedi dal lungolago. Molti clienti erano soliti passeggiare, dopo aver gustato i piatti di Noemi, lo chef del ristorante, dotata di un talento e di una fantasia culinaria fuori dal comune. Amedeo aveva rilevato il locale alcuni prima, e lo gestiva come gestiva la sua vita privata: con arroganza e aria boriosa. La cucina viveva dei continui screzi fra Noemi e Paolo. Quest’ultimo mal sopportava l’idea di avere un capo donna, ed il suo maschilismo gli procurava un forte senso di frustrazione. Quella mattina Margherita, la responsabile degli acquisti, era arrivata in cucina, come al solito, per discutere con Noemi e Paolo dei rifornimenti necessari. Era una donna ancora bella, anche se la sua bellezza un tempo radiosa, ora era annebbiata dalle difficoltà della vita. L'ovale quasi perfetto e i riccioli un po' ribelli riuscivano ad addolcire dei lineamenti un tempo solo forti, ora induriti dalle battaglie quotidiane: le frequenti umiliazioni di Amedeo al ristorante, le snervanti trattative con i fornitori, spesso arroganti ed insolenti nei confronti di una donna, i problemi in famiglia. Negli occhi le si leggeva comunque determinazione e forza, non si sarebbe mai arresa davanti ad un ostacolo. Come tutte le mattine Marcello e Hiro, i due camerieri, preparavano la sala da pranzo. Ormai lavoravano per Amedeo da svariati anni: lo avevano seguito dopo l’esperienza, non andata a buon fine, di un locale notturno gestito dal padrone del ristorante anni prima. Hiro aveva conservato molte delle abitudini del suo paese, insieme ad una serie di fissazioni e stranezze varie che lo rendevano un personaggio particolare. Al ristorante era solito fare il turno mattutino, servire a pranzo e occuparsi della raccolta differenziata. I clienti del mezzogiorno erano generalmente da pasti veloci: manager di aziende nazionali ed estere, qualche docente della vicina Università… Forse l’ambiente di famigliarità che Amedeo cercava, con molti sforzi, di instaurare all’interno del locale stava dando qualche timido risultato. Marcello e Hiro avevano appena terminato i preparativi della sala, quando un anziano cliente solitario e dall’aria trafelata chiese di poter mangiare una zuppa nonostante la cucina fosse ancora chiusa. Marcello, nonostante amasse il pettegolezzo, era un uomo dotato di una profonda bontà, che traspariva nel rapporto che sapeva instaurare con i clienti. Il cliente venne così accontentato, e la zuppa fu servita al più presto. “Scusi – sussurrò l’anziano cliente al quale Hiro aveva da poco servito la zuppa – non ci vedo molto bene senza occhiali, ma mi sa che nel mio piatto c’è un wurstel, ed io non posso mangiare insaccati… Sa, ho il colesterolo un po’ alto. Passi per la verdura, anche se non è di mio gradimento, ma i wurstel proprio non li digerisco”. “Non è possibile, non è possibile, sono certo di aver detto in cucina di prepararmi una zuppa di verdure.. . E poi i wurstel non ce li hanno ancora consegnaaaaah… Ah, sì sì signore, mi scusi, davvero… Provvedo subito”. Pallido come un lenzuolo, il meticolosissimo cameriere del Sol Levante tolse il piatto dal tavolo del vecchietto, e si lanciò a tutta velocità verso la cucina: si guardò attorno, ma non c’erano altri clienti, era ancora presto. Marta, moglie di Amedeo e direttrice di sala, intuì che c’era qualcosa che non andava, ma non poteva di certo lasciare la sala: stavano entrando dei nuovi clienti. Era un po’ preoccupata, infatti Daniele non si era ancora visto, ma il fascino e la sua aria un po’ sofisticata non facevano mettevano in luce i suoi timori. Intanto in cucina la giornata si svolgeva secondo il solito copione. “Paolo… Paolo! Ah, Marcello – faceva Noemi con la sua vocina dolce – dammi una mano con questo pollo per favore”. “Col pollo o col Paolo? – rispose Marcello ironico – io lo cercherei nell’ufficio del boss, se fossi in te! Ultimamente ci passa parecchio tempo… il Paolo, mica il pollo!”. “Aspetta che lo prendo, vedi come gli faccio passar la voglia di andare a spasso!”. “Dov’è Amedeo? Dov’è? Dov’è? Dov’è?”, bisbigliava Hiro correndo per tutta la cucina. “E che ne so?” rispose Noemi, “dai, non farmi perder tempo. E dove vai con quel piatto in mano? Mica quel vecchio rimbambito ha protestato perché mancano i fagiolini? Laura, gliel’avevi detto, vero?” “Sì, sì, ma li hanno appena consegnati, posso aggiungerne un po’ al volo. Dammi questo piatto… Ehi, ma dove scappi?” “Prepara subito dell’altra zuppa. Anzi, no, prepara qualcos’altro, e alla svelta. Mi sa che oggi chiuderemo in anticipo!” rispose Hiro prima di entrare nell’ufficio di Amedeo. “Buongiorno a tutti” fece Agata, la cassiera. “Oggi non mi sento molto bene. Devo aver bevuto troppo vino ieri sera... Ho la nausea. Figuratevi che sento un forte odore di pollo bruciato...” “Il pollo!! Noo… Mannaggia a voi e a tutte le vostre chiacchiere…” brontolò Noemi con tono dispiaciuto: “Marcello, butta tutto prima che dia di matto!” Hiro si era precipitato nell’ufficio di Amedeo con la zuppa ancora fumante. Era letteralmente atterrito. Erano molti anni che viveva in Italia, e si era abituato a quelle che lui riteneva “stranezze” dei suoi colleghi di lavoro. Conosceva Amedeo e la moglie Marta da quando, cinque anni prima, aveva cominciato a lavorare per loro. Li aveva visti molto uniti ma poi, a poco a poco, i due coniugi si erano allontanati, e lui si era accorto della simpatia che Marta provava nei confronti di Daniele, il sommelier del ristorante. Si trattava di un inguaribile dongiovanni, che ci provava con tutte, suscitando la gelosia di Marta, la quale soffriva in silenzio perché non voleva creare scandali, con il rischio di separarsi da Amedeo. Hiro non riusciva a capire se Amedeo fosse a conoscenza della cosa e la ignorasse, o se semplicemente non si fosse accorto di nulla. C’era poi quello strano trio in cucina: Noemi, il capo Chef, Paolo, il suo vice e Laura, sempre schiacciata fra gli attriti dei due. Tutti e tre avevano una vita privata piuttosto movimentata. Noemi era molto orgogliosa e insofferente, e sovente cambiava fidanzato. Ormai Hiro aveva imparato a conoscere i segnali delle crisi dello Chef. Noemi si presentava al lavoro molto irritata e nervosa, litigava di brutto con Paolo e dopo alcuni giorni… ecco che era nuovamente una donna libera. Paolo invece era stato sposato per qualche anno, ma le cose non avevano funzionato, e lui l’aveva presa molto male. Come reazione a questo mostrava atteggiamenti palesemente misogeni. Forse era per questo che non sopportava di avere un capo donna. Laura invece era gentile, ed aveva un carattere dolce. Forse proprio per questo trovava sempre uomini che si approfittavano di lei. Qualche volta Hiro aveva anche cercato di metterla in guardia da certi suoi amici, ma non c’è mai stato nulla da fare, lei doveva sempre sbatterci il naso. Poi c’era Agata, la cassiera, che con le sue arie da donna fatale da una che sa sempre tutto di tutti, pur essendo in fondo in fondo timida, e Margherita, l’unica che all’apparenza conduceva una vita normale. E Margherita..eternamente divisa fra il marito, la famiglia ed il lavoro al ristorante. Spesso si tratteneva per lunghe chiacchierate con Noemi, Laura e Paolo, a cui piaceva carpire i segreti della cucina. Anche con Daniele aveva un buon rapporto, e le discussioni sugli accostamenti dei vini occupavano molte delle loro serate. Infine Marcello, il cameriere, abituato ad intrattenere i clienti, e che sovente raccoglieva molte loro confidenze. Per tutti lui trovava una parola buona, tanto che alcuni venivano al locale per sfogarsi con lui. Hiro aveva imparato a conoscere bene i suoi colleghi di lavoro e a conviverci serenamente, ma ora, davanti a quel piatto con un dito dentro, tutto era irrimediabilmente stravolto. Cosa era mai successo in quel tranquillo e rispettabile ristorante? La testa gli girava e la nausea lo stordiva. Quando Amedeo vide Hiro arrivare stravolto nel suo ufficio, intuì che era successo qualcosa di terribile. Lui, da buon orientale sapeva sempre tenere a freno le emozioni, ma quella volta era diverso. Le mani di Hiro tremavano, ed il brodo nel piatto pieno di zuppa tremava con lui, fluttuando come un mare in tempesta… ma ehi! In quel mare galleggiava qualcosa, e non erano solamente carotine e patate. C’era qualcosa di rossiccio… impossibile fosse un pezzo di manzo, da quando il ristorante aveva aperto, quella zuppa non aveva mai avuto tra i suoi ingredienti la carne! Hiro appoggiò il piatto sulla scrivania e, recuperando l’autocontrollo, guardò per un attimo fisso negli occhi Amedeo. Poi afferrò di scatto il tagliacarte sul tavolo e lo alzò con fare solenne. Per un attimo Amedeo credette che Hiro avesse perso la ragione: forse voleva fargliela pagare perché si era accorto che gli straordinari del mese scorso non erano stati pagati, forse voleva avere un posto più importante all’interno dello staff del ristorante e Amedeo sarebbe stato disposto a darglielo pur di salvarsi la vita…. Con occhi supplicanti il gestore cercò lo sguardo di Hiro, che invece aveva già posato il tagliacarte sul piatto. Cosa stava succedendo? Immergendo piano il tagliacarte nel piatto, Hiro cercava di portare a galla quel pezzo rossiccio nella zuppa. Una volta portata a termine l’operazione, tutto divenne tragicamente chiaro. Era un dito di mano! Ma di chi? E come era finito nel piatto? E che ne era della mano e del corpo cui il dito era stato un tempo attaccato? “Calma, calma Amedeo. Ne hai passate di peggiori”, pensò il proprietario del ristorante, mentre tentava in tutti modi di convincersi che la situazione fosse sotto controllo. Poi si rivolse al cameriere: “Dobbiamo scoprire a chi appartiene il dito. Se era nella zuppa significa che qualcuno della cucina l’ha messo nella pentola. Anche se a pensarci bene potrebbe avercelo messo anche il cliente!” “A giudicare dalla sua espressione non direi proprio”, rispose Hiro, “e poi il dito era cotto”. Detto questo cominciò a perlustrare il locale in ogni suo angolo, alla ricerca del resto del cadavere. Senza dare troppo nell’occhio, proprio come si era raccomandato Amedeo. Ma per quanto fosse stato discreto, ad Agata non erano sfuggiti gli strani movimenti del cameriere. Del resto, dopo un’estenuante opera di mediazione, era riuscita a fare collocare la cassa in una posizione che le consentisse, semplicemente alzando lo sguardo, di controllare quanto avvenisse in ogni angolo del locale con un solo colpo d’occhio. “Ma cosa starà facendo Hiro? Oggi è più strano del solito, non vedete che sta aprendo tutti gli armadi?” Questi interrogativi erano diventati il tormentone di quel mezzogiorno, al quale nessun collega poteva sottrarsi. Agata mandò addirittura degli SMS a quelli della cucina, che non potevano uscire. Non le importava che li leggessero, quello che contava era divulgare la notizia. Lultima volta che vide Hiro fu quando si recò nella stanza in cui si trovava il congelatore. Lo fissò con particolare attenzione, fino a quando la porta si chiuse alle sue spalle. “Riunione!”, tuonò Amedeo all’uscita dell’ultimo cliente. “Che c’è Amedeo? Altri turni di straordinario?” chiese Margherita.“Lo sapevo! Proprio ora che devo andare dalla parrucchiera. L’hai fatto apposta, come al solito del resto”, esclamò nervosamente Marta. “Nulla di tutto ciò. È inutile girarci intorno, il cadavere di Paolo è nel congelatore”, disse Amedeo, il quale, temendo che situazione gli scappasse di mano, aggiunse: “ovviamente nessuno uscirà di qui senza che prima venga trovato il colpevole. Chiamerò la polizia solo quando avrò qualcosa di più preciso in mano”. Ma nessuno l’ascoltò e quell’improbabile stato di paralisi generale non tardò ad andare in frantumi. Marcello e Daniele si fecero coraggio e aprirono il congelatore. Il corpo era in fondo, nascosto. Ne mancavano delle parti, probabilmente già eliminate. “Il corso di recitazione ti è proprio servito, vero Noemi?”, esclamò Marta, “lo sappiamo tutti che non sopportavi Paolo e non vedevi l’ora di sbarazzartene!”. Quell’affermazione colse tutti di sorpresa, e li predispose alla ricerca del colpevole. I ripetuti scontri tra il capo chef e la vittima, non collocarono di certo Noemi in una posizione favorevole. Noemi conobbe il lato peggiore di tutti i suoi colleghi proprio quel pomeriggio. Fu timidamente difesa solo da Laura, che conosceva meglio di chiunque altro il rapporto tra lei e Paolo. Ma c’era ben poco da difendere. Sebbene Paolo fosse in ferie, qualche giorno prima Noemi aveva chiesto insistentemente delle ore di permesso per motivi personali. Laura se lo ricordava bene, poiché si ritrovò per qualche ora tutta la cucina sulle spalle.“Non sono tenuta a rendere conto a te di quello che faccio fuori dal ristorante. Chiaro!”, aveva risposto Noemi a questo proposito ad Amedeo prima di ritirarsi definitivamente in cucina. Si era fatta già sera. A breve il ristorante avrebbe aperto, come se nulla fosse successo. Di tempo per cucinare non ce n’era stato poi molto. Le accuse, i fraintendimenti, i sospetti e quel che restava di Paolo avevano prosciugato le energie nervose di tutti. Noemi aveva preparato l’indispensabile, ma senza metterci particolare cura. “Chissà se ai clienti piacerà”, pensava tra sé e sé, mentre svolgeva una serie di gesti per il semplice fatto di averli automatizzati. Laura aveva fatto il possibile per sostituire Paolo, si era fatta in quattro per mettere in pratica tutti i trucchi del mestiere imparati quando in cucina erano ancora in tre. Noemi si era accorta dei miglioramenti di Laura, e senza di lei probabilmente quella sera non ce l’avrebbe fatta. Si fecero le otto. “Il ristorante apre sempre a quest’ora, e dovrà aprire anche oggi”. Così aveva detto Amedeo con tono perentorio. Ma tutto non andò come di consueto. Marcello e Hiro non riuscivano a coordinarsi, e prendevano continuamente ordini sbagliati. Alla cassa Agata lavorava con particolare lentezza, a causa di una ferita che diceva essersi procurata sistemando le rose regalatele dal suo ultimo corteggiatore. Marta non si era mai trovata così in imbarazzo. Regalava sorrisi di circostanza ai clienti nel tentativo di sdrammatizzare una situazione certamente non piacevole: “ Signora, la pasta è scotta” diceva una voce al tavolo 5. “Madame, mi perdoni, ma nel risotto al tartufo manca il tartufo…” brontolava il signore al 14. “Le avevo detto di essere celiaco, come posso mangiare la zuppa di pasta che mi avete portato? Mi ero così tanto raccomandato con quel giapponese!” si lamentava l’uomo coi baffi seduto all’angolo. E mentre rimuginava sull’ennesima leggerezza di suo marito, che non avrebbe mai dovuto aprire il ristorante dopo una giornata del genere, Marta si consolava guardando il suo Daniele, che nonostante tutto non sembrava cavarsela poi tanto male. Il sommelier era infatti riuscito a limitare i danni: la sua dialettica e la sua consolidata esperienza in campo di vini erano riuscite a distrarre i clienti. Solo uno si era lamentato del Malvasia servito con il dolce, mentre un altro aveva espresso qualche riserva sul Cabernet che aveva accompagnato l’arrosto al timo. Per Daniele il vino era tutto, o quasi. Lo sceglieva con cura, conosceva le migliori cantine e stava pensando di aprire un’enoteca tutta sua. Ogni sera, dopo la chiusura, scendeva in cantina per assicurarsi che tutto fosse in ordine. Ma quella sera no, non se la sentiva proprio. Era troppo stanco e frastornato. Sarebbe sceso la mattina seguente.