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rieccomi, sono tornata

Post n°1624 pubblicato il 01 Ottobre 2016 da ormalibera
 

Sono ritornata, dopo lunga assenza. Giustificazione? ero intenta a scrivere. Il sogno della mia vita. Da pensionata me lo posso permettere: 5 racconti in 6 mesi credo che siano un bel record. Due raccontano della mia vita misti a un po' di fantasia, tre sono fantasy. Difficile farli leggere a un editore, ma ci sto provando. Dopo aver mandato il primo, ora ci provo con un altro. 

Sarebbe bello se qualcuno leggesse un poco di quello che ho scritto e di offrisse le sue critiche.


Come iniziò

 

 

                Avevafinito di scrivere i suoi appunti. Più che altro si trattava di rimembranze, provenientida una vita vissuta, accompagnate da personali riflessioni. Lo aveva fatto perricordare ai figli com’era stato il suo viaggio. Ignorava ancora se quellepagine le avrebbe fatte leggere a qualcuno, o lasciate là in cantina, chiuse inanonime scatole di cartone. Assalita dalla netta sensazione che un altro viaggiostava per iniziare: a lungo si era preparata. Lo sapeva, intuiva, presagiva:tutta la sua vita era stata un continuo allenarsi per compiere una specie di“missione”. Aveva affrontato grandi difficoltà, superato insormontabiliostacoli, sofferto, amato, disperato, presagendo un compito ignoto, in attesa,là fuori, da qualche parte. Ora, quell’attesa era finita, l’ignoto siavvicinava, le era molto vicino. Si sentiva come un grande guerriero che siprepara, per tempo, ad affrontare la grande battaglia della propria vita, e poigiunge il giorno nel quale deve scegliere se accettare o no la sfida. Lerestava solo quello: scegliere.  

Guardò lescatole chiuse, e avvertì una strana sensazione, come se vi avesse riposto unaparte del proprio cuore. Forse una fotocopia. Sì, aveva fatto un copia-incolladi se stessa. Si rilassò, ora doveva pensare ad altro: a combattere. Non avevaarmature, se non il proprio coraggio. Non aveva eserciti, se non il proprioamore. Stava assistendo, impotente, alla distruzione della Vita. L’Oscuritàaveva avvolto le anime; la razza umana stava per soccombere. La nausea laprendeva quando provava a seguire un notiziario. Sempre le stesse minestre,seppure condite in modo diverso: furti, rapine, omicidi, truffe, ingiustizia,leggi fatte per singole persone potenti, tasse, balzelli … E ora ci si mettevaanche l’invasione islamica. Non che fosse con questa o quella religione: aveva abbandonatoil cattolicesimo, e ogni altra religione, una volta compreso che non era ciòche dicevano essere.

Li osservava,nei pseudo servizi giornalistici: migliaia di giovani, ben pasciuti e spavaldi; ogni giorno aumentavano, e le autoritàsi prodigavano nello spalmarli sul territorio.  I giornalisti, prezzolati o ricattati daipoteri forti, imbonivano i creduloni dicendo che si trattava di poveretti chefuggivano dalla guerra. Ma quale guerra? Dov’erano le donne e i bambini? E ivecchi? No, neppure l’ombra. Solo maschi, paffuti, bellicosi, prepotenti,dall’eterno sguardo di sfida. I politici, sostenuti dai buonisti, proclamavanoil dovere dell’accoglienza. Blateravano sul preciso dovere di prestare “aiuti”a gente che fuggiva dalla guerra. Le navi militari, che in altri tempi avevanodifeso la nazione dagli attacchi esterni, ora raggiungevano le coste straniereper “salvare” chi, in verità, aspettava di invadere un territorio senza l’usodelle armi. Quelle le avrebbero usate in un secondo momento, se necessario. Intanto,erano accolti e mantenuti e ospitati come principini viziati: sottraendorisorse e sicurezza al popolo. No, non sopportava più di vedere la propriagente martoriata e sfruttata non solo in favore di caste potenti, ora ci simetteva anche l’assedio di un nemico trattato con i guanti bianchi. Guai aprotestare! Guai a impedire loro di delinquere! Guai a non sottostare a ogniloro capriccio! Lo scopo? La distruzione, smembramento, svuotamento di grandiricchezze quali la cultura, storia, arte, conoscenza, radici  di un popolo. Ovviamente senza trascurare ibeni materiali e ogni altro avere, al fine di togliere prima la dignità e poi vita.

                Pochisi erano resi conto che quella era solo una copertura; una scusa chiamata“aiuti umanitari”, per distrarre l’attenzione da ciò che avveniva dietro lequinte. In realtà si trattava di uno strumento in mano a una sapiente regia, ilcui unico intento era dominare su tutti i popoli della terra. E, per farlo,bisognava prima gettarli nell’insicurezza, miseria, disperazione, precarietà, sradicarlidalla loro storia, rimescolare artificiosamente razze e culture in modo tale dadissolverle: utilizzando oppio, somministrato con grande oculatezza. Amirastava solo osservando le prove tecniche di conquista, con il consenso e sostegnodel conquistato. Se ci riuscivano con un popolo, potevano farlo con due e poi …

                L’invasionein atto nella sua terra, agli altri popoli sembrava non interessare più ditanto. Giudicavano e imponevano ma, in realtà, non fregava un fico secco. E sottocerti aspetti lei, Amira, lo riteneva anche giusto. Un antico proverbiorecitava: chi è cagione del proprio male pianga se stesso. E il suo popolo quelmale non solo se lo era cercato e caricato, ma non intendeva neppure scrollarselodi dosso. Anzi molti lo ritenevano una grande ricchezza. Del limite dellastupidità umana non si sa nulla, non se ne trova traccia, essendo infinita. Purtroppo,gli altri popoli ancora non si rendevano conto che poi sarebbe toccato anche aloro.

                Mal’invasione non era il solo problema della sua gente. No, non solo di quello sitrattava.

                Nonera certo l’unica a rendersi conto che gli esseri umani avevano smarrito laStrada Maestra. E si stavano dirigendo in gran fretta verso l’annientamento.

                Dadecenni, mediante servizi e documentari, ottimi giornalisti e scienziatiavevano lanciato i primi ammonimenti, e poi un vero e proprio allarme suidisastri ambientali, surriscaldamento globale, perdita delle acque dolci, degradodella civiltà: invano. Nessuno, o quasi, sembrava preoccuparsene.  Ora era in grado di vedere con i propri occhiquello che si stava abbattendo sugli esseri umani, e non solo loro. Acominciare dai cambiamenti climatici, fin troppo chiari ed evidenti. Aveval’età giusta per ricordare che fino a qualche decennio prima quei fenomenierano del tutto sconosciuti: caldo torrido, tornado, trombe d’aria, siccità,sbalzi di temperatura anche oltre i dieci gradi in poche ore. E non solo, malattiein continuo aumento: nuove e vecchie. Alcune si accanivano sin dal grembomaterno. Dicevano trattarsi di effetti collaterali del progresso: si dovevanoaccettare per mantenere le comodità ritenute da tutti irrinunciabili. Ma leisì, volentieri, vi avrebbe rinunciato. Non le restava che osservarel’autodistruzione, avanzare sempre più velocemente. Era davvero questo che lerestava da fare? Avrebbe dovuto rinunciare a combattere per il bene dei proprifigli? Ma, alla fine, cosa poteva fare lei? Piccolo essere che si dibatteva, smarritonella massa dei dormienti! Non lo sapeva, però non smetteva mai di chiederselo.Qualsiasi cosa fosse stata in grado di fare, lo avrebbe fatto! Questo, dentrodi lei, ormai era ben chiaro.

                Ungiorno fu colta da uno strano pensiero, che la fece rabbrividire sia di piacereche di paura. Da mesi combatteva le formiche che, dopo aver invaso il suogiardino erano riuscite a entrare in casa. Non le detestava per partito preso,niente affatto! Se per strada o in campagna ne vedeva una, evitava dicalpestarla: riconoscendole il diritto alla vita. Se non le dava alcunfastidio,  perché ucciderla? Ben diversoda quando le vedeva invadere il proprio territorio, allora la cosa cambiavaparecchio. Le aveva provate tutte, ma proprio tutte. Iniziando da metodinaturali consigliati: caffè, cenere, calce, sapone liquido. Sì, di tutto e dipiù: inutilmente. Poi era passata ai veleni in commercio ma, scomparivano perun poco e poi eccole, sempre più agguerrite e massicce. Alla fine aveva trovatoun ultimo sistema, che l’aveva lasciata alquanto perplessa. Una scatolina damettere vicino al loro passaggio. All’interno c’era un veleno che le formicheavrebbero molto gradito e portato nella loro tana. E … fine del nido! Non lesembrava molto etico: era un inganno. Non aveva altre alternative; sapeva cheerano in grado di scavare profonde gallerie sotto il pavimento o nelle pareti:doveva farlo. E lo fece. Non le sembrò vero: le formiche erano scomparse! Persentirsi meno in colpa, pensò che finalmente avessero capito che nel suo“territorio” non dovevano entrarci. In verità aveva fatto un eccidio. E, mentreosservava la parete libera dalla scia operosa, le venne in mente qualcosa dialtrettanto terribile e subdolo. E se qualcuno fosse riuscito a far penetrarenelle tane dei vermi, dei potenti, dei Signori dell’Oscurità, un veleno altrettantopotente? Se il denaro, un tempo chiamato “sterco del diavolo” si fossetrasformato in crusca? Quello stesso denaro, divenuto potentissimo strumento dicontrollo e conseguente sfruttamento di miliardi di esseri umani! Quel denaroche continuava a riempire i forzieri, già colmi e stracolmi, dei puloni che nonintendevano porre alcun limite alla loro sete di potere e di dominio! Quellostesso denaro, accumulato in modo forsennato o bramosamente ricercato, chestava distruggendo, attraverso gli umani, la vita sull’intero pianeta! E seproprio quel denaro, di colpo, si fosse trasformato tutto in carta straccia? Lestesse formiche avevano portato nel nido il veleno! L’idea la allettò, e fecesorridere: aveva scoperto l’acqua calda! Niente di speciale! Restava solo un piccolo,insignificante dettaglio: per riscaldare l’acqua devi avere una fonteenergetica! E al Polo Nord non è facile trovare combustibile e accendere unfuoco. Gli esseri umani si trovavano al polo nord dal punto di vista energetico.Non possedevano né combustibile né innesco per alimentare un fuoco in grado di fermare,o anche solo rallentare, la folle corsa dell’umanità verso la propriadistruzione.

                Perdistruggere il denaro occorreva … il denaro! Sciocco, vero? Sì, ma l’idea lesembrava fantastica.

                Lasua vita era stata difficile, eppure mai avrebbe immaginato di ritrovarsi avivere in un’epoca come quella nella quale si trovava immersa. A volte sichiedeva se non sarebbe stato meglio vivere come quei milioni di individui, aiquali non fregava nulla della fine che li attendeva. E neppure delle vite dialtre creature, fregava un cavolino! A loro bastava sognare di vincere a unalotteria, di spappolarsi il cervello con droghe di ogni tipo. E andare avanti,ovvero … regredire. Quando una comunità, o popolo, o singolo individuo decidedi prendere una strada senza via d’uscita, la morte è assicurata anzitempo.

 

Era incavolatanera. Dopo una vita vissuta nel desiderio di pace e serenità. Dopo le tantelotte intestine ed esterne che aveva dovuto combattere, anelava al benessere,alla tranquillità. Ma la sua vecchiaia non era destinata a quella vita. Se nerendeva conto. Dentro le sue vene, il sangue pulsava con sempre più forza.Cresceva una strana tensione, come quella del guerriero che si appresta allabattaglia. In vista, purtroppo, non vedeva alcun esercito al quale aggregarsi. Eneppure soldati o guerrieri che si preparavano alla lotta. Tutto taceva. Ovunque,solo passività, se non qualche mugugno qua e là. Il “servizio” era stato fattoa dovere. Le pecore tosate, munte, e avviate al macello. Di tanto in tanto, sostituiteda altre, ancora più tranquille. Non c’era bisogno di bendarle mentre andavano almattatoio: si bendavano da sole o chiudevano gli occhi.

No, lei non sisarebbe mai piegata. No, il guerriero che da sempre si celava nel suo animo,pian piano si stava risvegliando: “Venderò cara la pelle!”, si diceva semprepiù di frequente. Se un tempo si era sempre tenuta lontana dai guai, evitando, ostinatamentee caparbiamente, ogni genere di conflitto: quel tempo era ormai passato. Orasarebbe scesa in guerra in qualsiasi momento. Mai avrebbero avuto la sua resa.Dovevano passare sul suo cadavere, se volevano arrivare a sottometterla.

C’era un soloproblema: non riusciva a trovare il modo di incanalare la propria energia ecollera verso la resistenza attiva; quella passiva già la conosceva e lametteva in atto da molto tempo.

Aveva provatoa condividere idee e riflessioni sui social, i consensi non erano mancati. Peròsentiva che mancava qualcosa. Anche le pecore belano mentre sono tosate, ma ciònon impedisce al pastore di derubarle.

 

Stava facendola fila a una delle casse del ipermercato. Ci andava molto raramente. Preferivai piccoli negozi ancora rimasti, sopravvissuti all’eccidio della “grandedistribuzione”. Diceva che lì ancora si riusciva a trovare un residuo diumanità. Poteva conversare con altri clienti, il padrone o gli addetti. Lariconoscevano, sapevano cosa preferiva, e spesso la consigliavano. Da diversotempo non acquistava più prodotti industriali. La lotta era cominciata primadel palese manifestarsi dell’Oscurità. Prediligeva i prodotti fatti in casacome il sapone, la pasta, i biscotti, le conserve … Ma ora si trovava lì; inattesa del proprio turno alla cassa, si guardava intorno.

“Salve, lepiace fare la fila?!”

La voce allesue spalle la colse di sorpresa, facendola sussultare. Era sicura che, chiunquefosse, di certo non si stava riferendo a lei. Non aveva notato nessun visofamiliare, ma si girò ugualmente: tanto per accertarsene. Tolto il saluto, ladomanda era piuttosto stupida! A chi piaceva fare la fila? Forse si trattava diun “attaccabottoni”, o un deficiente che tentava un banale approccio. Comunque,aveva la ferma certezza che non poteva essere lei l’oggetto dell’avance! No, nonnei suoi confronti! Era avanti negli anni, c’erano tante belle sgualdrinelle adisposizione che l’avrebbero data gratis, e forse anche con tantiringraziamenti. No, non certo lei! Si volse incuriosita, voleva vedere ilsoggetto dal quale proveniva quella voce, e a chi fosse rivolta la domanda.

Con sommasorpresa ed evidente stupore, si accorse di avere due occhi puntati proprio sudi lei. Il sorriso era proprio rivolto a lei. Incredibile! No, non cercava unasgualdrinella da quattro soldi! Neppure una donna facilmente abbordabile cheormai erano la maggioranza assoluta.

“Prego?!”, siritrovò a rispondere. “Ce l’ha con me?! Ci conosciamo?!”. Voleva essere dura e scostante,ma si accorse che il tono della sua voce era dolce.

“No, non ciconosciamo! Non in questa vita, volevo dire!”, il sorriso si era spento, orasembrava pensieroso.

  Con unbrivido gelido, pensò di avere a che fare con un maniaco. Uno di quelli dalquale bisogna guardarsi con estrema prudenza. Sì, non poteva trattarsi di altro.Doveva tenerlo a bada e cercare di liberarsene, con garbo ma chiaradeterminazione. Ebbe la tentazione di lasciare il carrello e scappare via. Ma sidiede della sciocca! No, doveva mantenere la calma e il sangue freddo. Gliuomini l’avevano sempre messa in allarme, nessuno aveva mai ricevuto la suacompleta fiducia, e di sicuro quello non era il momento per cambiare idea.

“La prego! Nonsi allarmi! So che ora si sente preda dell’agitazione. Non si allarmi! Riprendail controllo di se stessa tanto … nessun altro può vedermi, oltre a lei!”,disse e il sorriso tornò sulle sue labbra.

Senza dubbiodoveva essere proprio matto, ora ne aveva la certezza assoluta.

“No, non sonomatto. E, tranquilla! Non lo è neppure lei, anzi, possiamo darcitranquillamente del tu. Lo trovo piùpratico e informale! Mantieni la calma! Non stai impazzendo e io non sonomatto. Lo capirai in seguito. Per ora continua tranquillamente a fare la fila.Fra poco ti accorgerai che gli altri non possono vedermi. Aspetta “. Era fintroppo sicuro di sé, e anche molto tranquillo.

Non sapeva piùcosa fare. Non vi erano tante alternative: o aveva a che fare con un folleconclamato o un tale che voleva fare una avance inusuale o, cosa assaiprobabile, era diventata matta lei. Negli ultimi tempi le frullavano tante ideestrane per la testa. Ma, aveva ragione il tizio: doveva mantenere la calma efar finta di niente. Il sangue freddo le era indispensabile in quel momento.

“Quando avraifinito di pagare alla cassa, guardati indietro e capirai. Ma, ti prego, nonallarmarti. Non sono qui per crearti problemi. Anzi, sono qui per aiutarti!”,disse da dietro le sue spalle.

Giunta allacassa, pagò e mise le poche cose acquistate nella borsa di tela che portavasempre con sé. E poi, con nonchalance, si girò per dare uno sguardo verso lacassa. L’uomo aveva diversi prodotti in mano ma, la cassiera … non lo vedeva.Lo lasciò passare tranquillamente, senza degnarlo di uno sguardo, mentreserviva il cliente successivo.

Rimasestrabiliata, o si erano messi d’accordo in anticipo oppure era lei amanifestare i primi sintomi di una terribile malattia mentale.

Cercando difar finta di niente, prese la sua borsa e si allontanò. Pensando che prestotutto sarebbe tornato alla “normalità”. Si sbagliava! Con un brivido gelido chela attraversò da capo a piedi, si rese conto che l’indesiderato era di nuovo alsuo fianco.

“Ma, insomma!Mi vuole lasciare in pace?! Chiunque lei sia! Lo scherzo è durato anche troppo!Reale o immaginario, mi lasci stare! Per favore! Ho già tanti problemi per latesta. Ci mancava solo un attaccabottoni che si è messo d’accordo con lacassiera! Già! Vi siete accordati prima, e lei ha fatto finta di non vederti!Vattene via, e lasciami stare”, era passa al tu, senza accorgersene.

 “Lo so che per te è difficile credere a questanovità! Lo avevo messo in conto. Ma non potevo fare diversamente. I tempi sonodifficili! E rimane poco spazio temporale per rimediare!” si interruppe, sirese conto che stava andando troppo avanti. E lei doveva prima essere pronta.

Amira ora sisentiva sospesa in un limbo. La sola cosa certa era il peso della borsa nellasua mano. Tutto il resto sembrava dissolversi in un sogno dal quale avrebbevoluto svegliarsi prima possibile. Se quello non era un furbo truffatore,psicotico, dongiovanni, incline agli scherzi o chissà cos’altro! Lei stavadiventando matta. Senza dubbio! Come avrebbe fatto a tornare alla suaquotidiana quieta guerra? Al suo mondo “reale”, dove la razionalità era fedelecompagna? Non lo sapeva. Tremava il suo cuore, smarrita era la sua mente.Doveva tornare a casa. Sì, forse lì avrebbe trovato di nuovo la sua vita, consalde radici nella fede alla Realtà!

“Chiunque tusia, per favore, lasciami in pace! Lasciami stare! Ho già abbastanza confusioneper la testa, se ti ci metti pure tu, è la fine!”. 

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Commenti al Post:
ninograg1
ninograg1 il 12/10/16 alle 23:49 via WEB
più che critiche sensazioni... anche perchè, e premetto che non conosco personalmente chi ha scritto questo testo, noto nelle righe un che di autobiografico e quindi mi riesce difficile dire la mia su qualcosa che fa parte della storia altrui.. penso che sia interessante e che la trama vada ulteriormente sviluppata e rivista forse perchè a orecchio mi suona un pò lenta: non sono un critico nè altro: ripeto solo sensazioni e non voglio urtare nessuna sensibilità un saluto orma
(Rispondi)
 
ormalibera
ormalibera il 12/11/16 alle 08:27 via WEB
grazie del commento, ne terrò conto
(Rispondi)
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