per non smarrirmi

della Gioia e del Dolore...


Ieri è stata una giornata pesante, terribilmente pesante, come pure oggi. Ma più della fatica, dello stress, mi ha colpito la doppia faccia, che ha assunto, che vi ho visto e, da questa ambivalenza, sono rimasto colpito.Da un lato, una persona, che lavora per una ditta esterna, presso la mia azienda, m'ha confidato che aspetta il suo primo figlio: non stava più nella pelle e sentiva il bisogno di raccontarlo a qualcuno. Io ero quel qualcuno, perché la mia immagine pubblica, forse un po' troppo sovrastimata, di persona educata e gentile, l'hanno messo a suo agio.Pur nello stress, di una giornata lavorativa non-facile, sono entrato facilmente in sintonia con lui e mi sono felicitato, per questa notizia che gli dava una fortissima gioia. Anche se ancora non so il suo nome (purtroppo, mi capita spesso: tutti sanno chi sono, ma io non so mai chi siano gli altri), ero veramente emozionato per lui e partecipavo sinceramente alla sua gioia, perché fondamentalmente amo gli esseri umani, nella purezza dei loro sentimenti. Forse ero anche un tantino invidioso (nel senso positivo del termine), perché vorrei ancora potermi sentire felice come lui e invece credo che non lo sarò mai più: a prescindere dalla felicità per la paternità, attualmente mi sento piuttosto pessimista, sugli esiti futuri della mia esistenza e, ad oggi, spero solo che chi amo riesca ad esserlo al mio posto.Dall'altro lato, un mio ex-dipendente, a cui sono affezionato, che in passato avevo cercato d'incoraggiare ad uscire dalla droga, ha ricominciato a farsi di brutto e sta buttando al vento il suo lavoro e la sua vita: l'altro ieri, quand'ero di riposo, m'hanno chiamato diversi colleghi per avvisarmi di un casino scoppiato al lavoro, che lo riguardava, affinché provassi ad intervenire. Purtroppo, non ho potuto chiamare subito (memoria del cellulare, resettata) e ieri, quando ho ritrovato i suoi numeri in una vecchia agenda di lavoro, non ero in condizione di farlo immediatamente.Come un tarlo, il pensiero di riuscire a parlare con lui (magari senza caos intorno), m'ha assillato finché non ho staccato e sono riuscito almeno a farlo con la madre. Anche se piuttosto dall'esterno, so bene che non è facile uscire dalla droga, definitivamente, ma per quanto riguardava lui, speravo proprio che la sua riabilitazione nella vita normale, fosse riuscita. M'ha fatto male, saperlo ed ancora mi scuote l'anima, pensare che ha poche probabilità di riprendersi e salvarsi. Per tutto il tempo, ho continuato a pensare che forse avrei potuto fare di più, che anche se avevo cambiato reparto e non era più alle mie dipendenze, avrei potuto cercarlo più spesso, per incoraggiarlo e supportarlo nei suoi momenti di crisi. Anche se mi rendo conto che, per lui, oggettivamente, sono solo un ex-superiore e che non starebbe a me, prestargli soccorso, continuo a starci male e a sentirmi un poco in colpa.La giornata di ieri, è stata un po' emblematica: come nello stesso giorno, possiamo avere motivi per essere felici, o soffrire (in questo caso, per altri), così accade anche nell'esistenza tutta.Il sapore dolce-amaro di ciò che ci accade, non è che il sapore, che il senso della vita...