per non smarrirmi

TROPPO VICINI


La poca luce che dal parabrezza arrivava al vano del furgone, disegnava sulle pareti confuse ombre di uomini seduti in fila: al passare per viali alberati, per ampie piazze o per illuminati sottopassaggi, le sagome si deformavano e si fondevano in un’unica macchia scura. Ad ogni curva, ad ogni sobbalzo, l’informe gruppo di persone si disuniva o si assembrava, mentre un sommesso vocio aleggiava nel vano.         - Fate silenzio, là dietro, che c’è la polizia in giro - li apostrofò il guidatore - Ricordatevi che non possiamo farci notare. La polizia non dovrebbe tollerare azioni come la nostra, quindi ricordatevi che, ufficialmente, noi ora non siamo qui!         Il gruppo tacque di colpo, lasciando al ronzio del motore e al traffico cittadino, la colonna sonora del tragitto e, per la prima volta, ognuno fu lasciato solo con i suoi pensieri...         “E anche se succede?” pensava quello chiamato Uzi, uno dei più esaltati “Prima o poi ci dovremo scontrare con qualcuno e se temessi di dover fare a botte, non sarei qui. Che vengano, se non ci danno strada vorrà dire che ne abbatterò qualcuno!”         “No, per carità, ora è troppo presto” si allarmò Hekto, il più stratega “Uno scontro nel quartiere sbagliato, può essere controproducente alla causa.”         “Che noia, non sono qui certo per restare nascosto!” pensò Mohak.         “Ma chi vuoi che si metta a origliare in questo furgone?” fu il pensiero di Nhemo “E poi stavamo parlando, mica gridando.”         Come altri, chiuso nel suo silenzio, quello chiamato Mach cercava di non pensare a nulla e di prendere le distanze da tutto, ma i continui scossoni del mezzo e l’odore di tutti quegli uomini, glielo impedivano.         “E’ strano, so perché sono qui, ma non ricordo bene come ci sono finito” rifletté stancamente “Non è da me, nascondermi dietro un nome di battaglia, né mischiarmi a certa gente, così come non lo è girare con bulloni nelle tasche e spranghe sotto la giacca, con un fazzoletto al collo, nel caso che mi debba coprire il viso. E per fare tutto questo ho pure dovuto rompere con la mia famiglia...”         Quanti anni erano passati da quando, giovanissimo era scappato di casa e aveva messo piede per la prima volta nella sezione del Partito? Forse un paio, probabilmente di più, ma sembravano secoli, se paragonati ai tanti cambiamenti.         Anche se era un bambino, ricordava quando il paese era nella più nera povertà, quando molti cercavano tra i rifiuti la sopravvivenza: c’era la libertà di morire di fame, di vestire di stracci e di vedere nell’altro un fratello di sventura. Da quando Il Comandante  aveva raggiunto il potere, nessuno rovistava più tra gli scarti degli altri (anche perché era severamente vietato), tutti avevano la possibilità di vestire e mangiare decentemente, purché iscritti al Partito...         “Un grande uomo politico cinese aveva avuto lo stesso pensiero sull’argomento” ricordò “Dare il benessere, ma a patto che non gli si chiedesse la democrazia. Dopo tanta miseria, sembrerebbe la strada giusta, perché la più facile e la più diretta. Eppure...”         Lo scossone per una buca  del percorso, fece cadere una spranga sul pavimento del furgone; velocemente una mano la raccolse, mentre l’imprecazione dell’autista investì l’uomo dalla presa poco salda.         Mach guardò la sua, tenuta saldamente nella mano serrata: anche se non c’era ruggine sulla pelle, questa ora odorava di ferro.         “E strano come il ferro abbia lo stesso odore del sangue” pensò “Sembra quasi che sia destino, l’uso che noi uomini ne abbiamo sempre fatto.”         Non sapeva molte cose di ciò che faceva, ma da quando non aveva più visto la fame, aveva smesso di pensare: pur ripugnandogli certe azioni, era felice di servire Il Comandante, di contribuire al bene della nazione. E allora, giù botte ad ebrei, a chi professava altre idee e giù olio di ricino a chi era troppo in vista, per poterla pensare diversamente.         Per sua educazione, odiava ogni violenza, anche quella necessaria, ma ancor di più odiava i roghi di libri, fatti nelle piazze.         “Perché?” si era sempre chiesto “Per quanto eretico possa essere, che male può fare un libro, a chi professa con la certezza di essere nel giusto? Gli scritti di Rousseau, di Marx, o di Freud, in fondo non sono che pezzi di carta...”         - Comandante Di Gruppo, chi dobbiamo punire oggi? - chiese.         - Dunque vediamo: la denuncia viene dal vicino - fece l’uomo accanto all’autista, leggendo sommariamente dal suo taccuino - Ah ecco: è un altro maledetto libraio, di quelli che nasconde in casa scritti vietati, per sottrarli alle Fiamme Purificatrici. Che idiota, tiene anche famiglia...!         L’uomo continuò a parlare, mentre un vocio sommesso approvava ogni sua frase, ma lui non lo ascoltava più: stava per entrare in casa di un pover’uomo, per sfasciare, picchiare e per accendere nuove fiamme...         “Perché tutto questo? Penso che la carta possa contenere solo parole: non abbiamo forse degli argomenti ben più convincenti?” pensò “O forse è solo che noi uomini siamo troppo vicini gli uni agli altri, per permetterci di avere idee diverse su come fare le cose?”. Ma si guardò bene dal confidare quei pensieri.         Dopo nemmeno un’ora, l’abitazione del libraio era un ammasso di quotidianità in frantumi, l’uomo una maschera di sangue e un pianto di donne, risuonava nell’aria: mancava solo la Purificazione.         - Toh, vedi se riesci a fargli dire dove li ha messi - disse Mohak, trascinando verso di lui il corpo esanime del libraio - Ancora non parla!         Mach, si chinò sull’uomo e cominciò a ripulirgli il viso, col fazzoletto che aveva al collo, ma mentre liberava quel volto dal sangue, avvertì una specie di vertigine: anche se quell’uomo gli era estraneo, la sua faccia, sconosciuta, gli era comunque familiare.         Anni addietro, quand’era bambino, venne affidato ad un vecchio, per il tempo in cui i suoi genitori lavoravano. A dire il vero, di quell’uomo non rammentava quasi nulla, se non che era buono, silenzioso e rassicurante. Quando parlava, la sua ignoranza di contadino, scompariva grazie alla saggezza popolare ed al continuo citare proverbi.         Nonostante i segni del pestaggio e le notevoli differenze sociali, il libraio mostrava lo stesso contegno di quel suo ricordo d’infanzia.         - Amico, non hai ancora visto nulla - gli sussurrò mentre finiva di pulire quel volto - Parla ed io eviterò il peggio. Se non t’importa di te, pensa a tua moglie, alle tue figlie: quando non trovano niente, quelli diventano peggio delle bestie...         Un lampo di orrore passò negli occhi dell’uomo.         “Ha ceduto” pensò Mach, ma non c’era alcuna soddisfazione in lui, perché sapeva di aver detto solo la più pura e odiata verità.         Mentre tornavano alla base, invece di festeggiare l’ennesimo rogo, come al suo solito, preferì fingere di dormire per la troppa grappa. Accucciato in un angolino del furgone, ripensava a quello che poi era successo: il ritrovamento dei libri, l’ennesima umiliazione del pover’uomo (ma le donne erano state praticamente risparmiate) ed infine le fiamme...         Eppure, questa volta non ribadiva la sua fama di scarso bevitore, per non far apparire il disagio verso quanto avevano fatto.         Non era un bravo attore e mentiva piuttosto male, quindi non era il caso di farsi scoprire: se l’avessero guardato in faccia, avrebbero letto nei suoi occhi il suo pericoloso segreto.         - Mi fido di te, perché si vede che sei in buona fede. Puoi farne ciò che vuoi, ma prima leggilo - gli disse mettendogli in tasca un volumetto, mentre i suoi camerati si accanivano sugli altri libri.         Ora che gli altri festeggiavano la vittoria in nome del loro supremo Comandante, si sentiva un po’ un traditore. Eppure, quel libro vietato, non sembrava affatto pericoloso. Ne conosceva la fama, perché era tenuto a conoscere il titolo dei più importanti fra quelli proibiti, ma non sapeva altro. Comunque aveva già deciso di dare ascolto alle parole di quell’uomo; quindi, prima di distruggerlo l’avrebbe fatto, avrebbe letto il Vangelo.PRECISAZIONi: questo scritto ha qualche anno; solitamente, sono molto geloso di questo genere di scritti e, se lo condivido, è perché mi pare appropriato al contesto attuale (mgf70)