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"SEI POCO DONNA". E LE TOLGONO LA MEDAGLIA


Una vecchia storia, che torna a galla, adesso che si parla tanto di civilità transgender ed eguaglianza di diritti. Una storia datata fine 2006, che proprio l'altro giorno è stata rilanciata dal quotidiano francese L'Equipe e poi dal nostro Dieci (il nuovo sportivo diretto da Ivan Zazzaroni). Shanti Soundarajan è una giovane indiana che vince la medaglia d'argento sugli 8000 metri agli ultimi giochi asiatici svoltisi a Doha, in Qatar. Medaglia che le è stata revocata alcuni giorni dopo perchè l'atleta non ha superato il cosiddetto "test di femminilità" e dunque non presentacva "tutte le cartteristiche di una donna". Tutte quali? Tutte cosa? La formula non lo specifica. Tanto basta.Del test di femminilià c'eravamo quasi scordati. Fu introdotto dal comitato olimpico nel 1966, per garantire "Condizioni di equilibrio di competitività" in un'epoca in cui c'era ancora sperequazione. Le atlete venivano fatte spogliare davanti ad una commissione di medici (donne). Nel 1999, alla vigilia dei giochi di Sidney, è stato abolito. Ma non nei paesi dell'Asia, evidentemente. Che ancora lo utilizzano, mortificando situazioni come queste.Che è ben diverso dal "non essere pienamente donna" come vorrebbe intendere chi le ha tolto la medaglia. Intanto Shanti non agaregggerà più, perchè la vicenda l'ha distrutta come donna, prima ancora che come atleta. E questo è molto peggio che vedersi togliere una medaglia. Anche perchè la Soundarajan non è una transgender, come l'ermafrodito Edinanci Silva che gareggìo nel judo agli ultimi Giochi olimpici (e peraltro non ci sarebbe stato nulla di male, visto che per esempio, nella serie B2 di pallavolo, a Cesena, gioca una schiacciatrice transessuale) E'una donna "biologica", con una storia triste alle spalle. Un'infanzia di miseria e stenti così accentuata da provocarle disagi nello sviluppo. In pratica, lo svantaggio alimentare di cui soffre la poplazione dei villaggi rurali dell'India, quelli da cui viene l'atleta, dà luogo spesso a deficienze che portano ad ogni tipo di scompensi ormonali. In pratica, fino al 2004, la dieta alimentare dell'atleta indiana era sotto il limite di sussistenza. Poi, dopo essere divenuta atleta di interesse "nazionale", il suo tenore di vita è cresicuto sino a livelli che in occidente definiremmo "dignitosi". Ma ormai il danno biologico era fatto.