Semplifichiamo

CONTRO UNA SENTENZA VETERO CONSERVATRICE, QUELLA CHE CANCELLA L’OBBLIGATORIETA’ DELLA MEDIAZIONE CIVILE


Anche su facebook gli avvocati hanno commentato entusiasti la sentenza della corte costituzionale (quest’ultima nel mio giudizio volutamente scritta oggi con le minuscole) che ha eliminato dal mondo del diritto l’obbligatorietà della mediazione civile.  L’ho reputata una difesa di casta, al pari di tutta la battaglia che i legali hanno fatto in questi mesi dall’entrata in vigore del nuovo (per l’Italia) istituto. Che, in realtà, era e si è dimostrato essere durante i primi periodi di applicazione, uno strumento che avrebbe consentito un cambio culturale nel nostro sistema giudiziario civile. E che avrebbe aiutato la definizione delle controversie facendo a meno del ricorso al giudice ordinario e, dunque, eliminando i tempi lunghissimi di una (in)giustizia che - lo dico soprattutto agli avvocati progressisti - penalizza in particolare i meno abbienti. Quelli, cioè, che ragionevolmente oggi rinunciano ad esercitare l'azione legale per la tutela di diritti che restano così compressi e offesi. Scrivevo qualche mese fa su una causa civile fra vicini di casa (rispetto delle distanze delle piantagioni dai confini di proprietà) giunta alla sentenza della Cassazione dopo dieci anni dal ricorso in primo grado. Abbiamo idea di quanto sia costata alla società e ai contendenti una causa del genere? Intendo dire gli ermellini che decidono su un albero di limone cresciuto a distanza dai confini di proprietà inferiore a quella legale . . .  L’esperienza di questo poco tempo di applicazione dell’istituto aveva fatto sperare nell’efficacia della mediazione rispetto ai nodi drammatici della giustizia italiana che pesano anche sull’economia del paese. E in ogni caso, con buona pace degli avvocati che oggi plaudono alla sentenza vetero conservatrice dei giudici della corte costituzionale (minuscolo!), i ricchi continueranno a usare la mediazione precontenzioso che ai poveri e normali sarà invece preclusa in cambio di una aspettativa di sentenza a dieci anni. Insomma, come davanti ai preti che ti fanno balenare l’idea della felicità, ma all’altro mondo. Le giustificazioni di quanti sono contrari alla obbligatorietà della mediazione civile sono affermazioni di "benaltrismo", perché  anche loro non possono non vedere lo stato vergognoso della giustizia italiana. E la necessità di intervenire per renderlo più consono ai bisogni di un mondo, quello in cui viviamo, che è si assai complesso, ma che è pure governato spesso con un clic. Sono, insomma, giustificazioni del tipo di quelle che hanno consentito per decenni all'Italia di sclerotizzarsi nelle situazioni in cui ci troviamo e che oggi la crisi rende più drammatiche soprattutto a danno di chi lavora e produce (lavoratori e imprenditori). Perché mi pare che anche l'estrema sinistra sia ormai d'accordo che l'imprenditoria in mano pubblica è stata sperpero e ruberie.  Suggerisco che una volta tanto si cambi atteggiamento, e che, anche se non si è d'accordo sui principi, si sia disponibili ad accettare qualche cambiamento vero. Almeno qualche volta proviamoci, perlomeno. Accettiamo una volta una medicina nuova e sperimentiamola contro un male che sembra altrimenti inguaribile. Perché dei nodi della (in) giustizia italiana, ne parliamo tutto da decenni senza fare che piccoli, troppo piccoli e insufficienti, passi in avanti.  Nella giustizia italiana è evidente, per esempio, che se oggi io ho un problema con il costruttore di casa dove abito e ne subisco un danno, nonostante abbia pure qualche amico avvocato al quale possa chiedere uno sconto sulla parcella, io comunque dal giudice non ci vado. A prescindere, come diceva Totò, perché rinuncio a passare dieci anni fra cartacce, perizie, ricorsi, comparse di risposta, conclusionali, notifiche, udienze rinviate, giudici che cambiano tra un'udienza e l'altra mentre il danno si allarga e, magari, cambio anche casa. Sono convinto che la dimostrazione che in Italia la giustizia non esiste dipende si dalla cattiva giustizia penale e dalle carceri sovraffollate con detenuti in attesa di processo e con le prescrizioni per i più ricchi. Ma soprattutto è l'assenza/negazione/rinuncia della giustizia civile che dimostra quanto sia vera la considerazione che viviamo in uno Stato (come apparato istituzionale) e in uno stato (come condizione), entrambi di infima serie nel panorama internazionale. Ascoltando mio figlio l'anno scorso ripetere procedura civile per darne l'esame, mi sono decisamente convinto che il legislatore - per molta parte fatto di avvocati e ex giudici - ci ha regalato un corpus costruito su cavilli ed eccezioni messe lì giusto apposta per non far fare i processi, piuttosto che per farli fare e dare ragione a chi si pensa che l'abbia.  Quanto alla categoria professionale dei legali, anche loro siamo tutti più onesti nel riconoscere che la sentenza della corte costituzionale rafforza il brocardo al rispetto del quale tanta casta legale è cresciuta in Italia e si è arricchita ingiustamente a danno dei singoli (compresi i clienti) e del sistema: quello che dice "dum pendet, rendet". Cioè, prendi la causa e falla lievitare nel tempo, perché fino a tanto che non si arriva alla fine - con la sentenza inappellabile o con la morte di tutte le parti - la parcella continuerà a crescere.  Non mi sono mai candidato al novero di quanti sostengono che tutto quello che il parlamento ha approvato nell'era Berlusconi, e solo per questa coincidenza, sia da buttare giù. Non lo direi per qualsivoglia maggioranza regga il governo del Paese. È anche per questo che sostengo che la legge sulla mediazione (obbligatoria) civile, al pari, ad esempio, di quella sul divieto di fumo nei luoghi pubblici, sia una legge di grande civiltà che meritava di restare nell’ordinamento. Sembra che così non sarà e che, in ogni caso, ogni ipotesi futura dovrà fare i conti con la decisione della corte costituzionale. Liberali e riformisti faranno bene a leggerla questa sentenza, e lo facciano per trovare una via d’uscita utile per cittadini e sistema. E se sarà proprio necessario modificare la Costituzione per reinserirla nel nostro ordinamento, abbiano il coraggio di modificarla. Michele Luccisano25 ottobre 2012Ranica (Bg)