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Sogno infranto da un miliardo di dollari: L'x-33 Lockheed Martin.


Se paragonassimo la storia dell'astronautica a quella della navigazione, possiamo dire che l'umanità è ancora allo stadio dei tronchi di legno incavati con i quali, i primi intimoriti navigatori scoprirono che era possibile galleggiare sull'acqua, varcare laghi e fiumi e subito intuirono le possibilità che si aprivano di fronte a loro, e a sognare di solcare i mari lungo la costa, traspostare, scoprire. Occorsero secoli e impararono a solcare gli oceani verso terre sconosciute, fino a costruire triremi, galeoni, poi piroscafi e transatlantici. Ci vollero secoli, millenni, ma quel piccolo tronco di legno scavato con fatica, con rudi attrezzi di ossidiana, cambiò il mondo per sempre fino a che il mondo non fu più composto di isole e continenti separati da oceani sconosciuti e l'umanità, nel bene e nel male, divenne una grande famiglia legata ad un destino comune.Così oggi le nostre astronavi non sono che piccole zattere, con le quali ci avventuriamo timorosi "sotto-costa", appena al di fuori dell'atmosfera, raggiungendo al massimo l'solotto più vicino, la Luna. Ma dentro di noi sentiamo che questo percorso ci porterà lontano, nei secoli e nei millenni, a varcare gli oceani delle distese siderali, verso altri sistemi solari e chissà, scopriremo altri mondi e altri popoli e un giorno l'intera galassia diverrà nel bene e nel male una grande famiglia in cui tutti i pianeti abitati saranno legati ad un destino comune.Per cui non dobbiamo stupirci se a volte vengono impiegate grandi risorse per sogni che poi restano sulla carta, la storia dell'esplorazione dello spazio è la storia di un sogno che si vuole diventi realtà.L' x-33 poteva rappresentare un grande balzo in avanti nella navigazione spaziale.Da sempre il problema fondamentale per uscire dalla nostra atmosfera è rappresentato dal costo molto alto del lanciatore.Fino ad oggi una nave spaziale è sempre stata costituita da una serie di razzi che, salendo di quota, si stacano ad uno ad uno, fino a chel'ultimo pone in orbita la navicella, solo un piccolo frammento della cosmonave partita dalla rampa, la grandissima parte del materiale staccatosi dal suolo ricade e viene perduto.Anche quando la navetta viene riutilizzata, ed è caso raro, tutto il vettore viene perso e ad ogni missione deve essere ricostruito. Sarebbe come se un Aereo partisse da Roma e arrivasse a New York senza motori, senza ali, e andasse ricostruito da capo ad ogni volo. E' facile intuire che il biglietto di andata e ritorno sarebbe molto salato, Così come, di fatto, è molto salato il biglietto di andata e ritorno di un astronauta.Tutti i pionieri dell'astronautica, come il russo Konstantin Eduardovich Tsiolkovsky (5 settembre 1857 – 19 settembre 1935), giunsero alla conclusione che il modo giusto per raggiungere lo spazio fosse un razzo pluristadio, e questo per motivi matematici di rapporto tra potenza propulsiva, peso del veicolo ed attrazione gravitazionale terrestre.Quando un missile viene lanciato, il primo stadio deve essere il più potente. Deve infatti vincere la forza d'inerzia e fendere gli starti più densi dell'atmosfera. Ad una certa quota però avrà necessariamente esaurito il suo carburante poichè una quantità di carburante superiore avrebbe un peso eccessivo rispetto alla potenza dei motori. Inoltre, il getto di gas di scarico che si sprigiona dagli ugelli varia a seconda della pressione atmosferica nella quale ci si trova; poichè la forma della campana è fissa, si cerca una soluzione di compromesso che però rende ottimale la potenza del getto solo fino ad una determinata quota, successivamente la forza di spinta generata è troppo bassa.Quindi ad una certa altezza il primo stadio va sostituito. Si sgancia alleggerendo così il complesso volante. Entra immediatamente in azione il secondo stadio. Questo è più leggero e meno potente, si trova infatti ad operare in una zona dove l'atmosfera è molto rarefatta ed ha bisogno di una spinta inferiore. Tale spinta è però resa ottimale dalla forma dell'ugello di scarico che ha una curvatura ottimizzata a garantire la più alta efficacia del getto dei gas propulsivi alle altissime quote. A questo punto la navicella o il satellite entrano in orbita terrestre. A seconda dei casi (del peso trasportato, dell'altezza dell'orbita ecc, può essere presente un terzo stadio e raramente anche un quarto come nel caso delle missioni Apollo dirette alla Luna).La disposizione dei vari stadi puo essere variata in molti modi. Il vettore classico è una pila di stadi sovrapposti. Spesso oggi gli stadi vengono afiancati.Tutti gli stadi di lancio, normalmente sono perduti, e ciò non è conveniente dato il costo altissimo dei propulsori, specie di quelli molto efficienti, a combustibile liquido.Da sempre quindi il sogno dell'astonautica è un veicolo che possa essre recuperaoto e riutilizzato almeno in parte.Di studi in tal senso ne vennero fatti moltissimi, sia in Russia che in America, ma senza ottenere risultati concreti.In America si riuscì però a risolvere almeno in parte il problema con lo Space Shuttle.Qui il primo stadio è costituito dai booster a combustibile solido laterali (originariamente dovevano essere a combustibile liquido, quindi più costosi e sofisticati). Questi booster, che non hanno un vero e proprio motore essendo simili ad enormi fuochi di artificio, dovevano ricadere aggrappati a paracadute ed essere riciclati, ma alla fine l'idea fu abbandonata.Il secondo stadio è la navetta stessa, unita al grande serbatoio centrale. I motori razzo sono sul retro dell'orbiter e "succhiano" carburante dal serbatoio centrale dopo il distacco dei booster. La spinta è sufficiente a raggiungere l'orbita terrestre a quota non troppo alta. Poi viene lasciato precipitare il serbatoio centrale che va perduto, ma i costosissimi motori del secondo stadio restano sullo Shuttle e sono riutilizzabili con tutto il velivolo nelle successive missioni.Avviandosi alla pensione lo Shuttle, sembrava logico portare avanti la strada intrapresa. Sembrava giunto il momento di costruire una navetta ad un solo stadio, che partisse come un aereo, raggiungesse lo spazio e tornasse a terra completa di tutte le sue componenti e pronta per nuove missioni.Si pensò subito, di limitare il progetto, in un primo momento, ad un veicolo con pochi uomini di equipaggio, in grado tuttavia di portare nella sua stiva carchi notevoli come la precedente navetta ed in grado anche di viaggiare in modalità automatica per traspostare carichi di peso maggiore.Per superare i problemi di rapporto tra peso e spinta si dovevano utilizzare serbatoi per il carburante di materiali compositi, molto più leggeri di quelli tradizionali e che potessero contenere sostanze ad alta pressione in forme che non fossero necessariamente cilindriche o sferiche (come avviene attualmente), ma che potessero avere forme complesse in modo tale da non condizionare la forma del veicolo che, per ovvie ragioni, doveva avere una forma aerodinamica ben definita, dalla quale non si poteva prescindere e che non poteva essere condizionata dagli organi meccanici interni.Prorio la realizzazione di questi serbatoi si rivelò quasi impossibile, durante le prove alcuni esplosero e comunque non davano suficienti requisiti di sicurezza. Si pensò quindi di utilizzare serbatoi tradizionali, ma a quel punto tutto il progetto risultò compromesso infatti tutto alla fine risultava inficiato da questo problema che risultò veramente fondamentale.La Nasa, dopo avere investito una cifra immensa in questo progetto, fu costretta a "gettare la spugna" dichiarando di non essere ancora tecnologicamente pronta alla realizzazione della navetta monostadio.Si passò quindi in tutta fretta al molto più semplice progetto Orion che è un ritorno al passato rispetto allo Shuttle, ma almeno dovrebbe essere certamente realizzabile almeno nella sua versione orbitale.Tuttavia il progetto x-33 è stato un'eccezionale esercizio di sviluppo tecnologico che non sarà privo di eredità e ricadute pratiche.Dopo la sospensione del progetto si è ad esempio riusciti a realizzare serbatoi in materiale composito soddisfacenti.Ma la parte più promettente è l'apparato propulsivo aerospike. Questo tipo di motore, già teorizzato da anni, è stato praticamente messo a punto col progetto x-33 e sarà certamente utilizzato ben presto. Il vantaggio di questo motore è che i gas combusti che spingono il veivolo, vengono diretti in senso inverso rispetto al getto che esce dalla campana di scarico dei razzi tradizzionali, e tutta l'energia viene diretta verso il centro, tanto che, osservandolo in funzione, sembra che dal razzo esca una sorta di raggio di luce anzichè una scia di fuoco. Con questa tecnologia il getto può essere variato e ottimizzato alle diverse quote ed in funzione della pressione atmosferica in cui opera e quindi non richiede di avere motori diversi a quote diverse. Questo tipo di propulsione troverà, nel breve periodo, importantissime applicazioni anche in campo areonautico e non solo spaziale.