middlemarch

Tecniche di soccorso virtuale


Resto sempre stupefatta di fronte alle persone che affrontano ogni genere di peripezia fisica e di rischio calcolato, piuttosto che aprirsi uno spiraglio interiore e cominciare a stanare il mostro che hanno dentro.Scalano le montagne, si buttano a capofitto a fare rafting in certi mulinelli d'acqua che a me danno la nausea solo a vederli, si allenano per quattro o cinque ore di fila. Corrono, saltano, rimbalzano, e si sparano il cuore a mille come se la tachicardia fosse la scusa migliore per ignorare e seppellire qualsiasi altro input magari meno fisiologico ma proprio per questo più degno di nota. In altre varianti si caricano di lavoro come somari,  si assumono più responsabilità per centimetro quadro di chiunque li circondi, e lo fanno con una serietà, un rigore e un senso di giustizia che sanno applicare a tutti tranne che a se stessi.Quando sono in buona certe volte mi siedo a guardarli sul ciglio della strada come una mendicante. Lo spirito, più o meno, è quello dello sperimentatore che osserva un topo affannarsi nel labirinto alla ricerca del formaggio. Li vedo agitarsi come forsennati e non posso fare a meno di rimanere impressionata dal grado di correlazione positiva fra sbattimento e rimozione. Tanto più che certe volte queste persone le amo. In alcuni casi le amo tantissimo.Ma non sono la loro tutrice legale, e non c'è niente che possa fare per loro. Che Dio solo sa se non vorrei mettergli una mano sul braccio e dirgli: siediti, sta' buono un attimo. Prendi fiato. Da quale versione di te stesso stai scappando? Cos'è che non sai perdonarti? Qualsiasi cosa sia, io la amo, e me ne prenderò cura con amore e rispetto. Perciò mostramela, non avere paura. Accetterò tutto quello che sei, e ti aiuterò a fare altrettanto.Ma sarà che non sono convincente, sarà che, quando scegli le vie della comunicazione implicita, il misunderstanding è sempre dietro l'angolo, sarà forse solo che non risulto credibile. Fatto sta che non mi ascoltano mai. E non è bello osservare qualcuno che ti porti dentro, mentre corre con determinazione kantiana nella direzione opposta alla sua felicità, senza potere fare proprio niente di serio per aiutarlo.