middlemarch

Domani Radio Capital


Venendo al lavoro ascolto musica alla radio, anche perché le alternative sono santa messa o notiziari. Non avendo mai avuto il gusto di cominciare la giornata con un fegato grosso come una pizza margherita – perversione che invece ha una sua vasta legione di estimatori – la scelta inevitabilmente cade su quella. Ci sono però quelle giornate che ti fermi sui Gr perché una notizia ti raggiunge al volo e inevitabilmente attira la tua attenzione. Per esempio:la scoperta che l’Air France ne ha le palle piene di essere ostaggio di una manica di tribuni della plebe ai quali competerà l’onere di spiegarci in quale misura mettere per strada  tutto il personale Alitalia sia meglio che mettercene una parte, e meglio per chi; che Giuliano Ferrara a Bologna è stato oggetto di feroci contestazioni - non so se legittime o meno e non me ne frega una mazza perché le trovo insignificanti sotto il profilo del merito– mentre viceversa ritengo più rilevante sottolineare con quali toni, con quale misurata eleganza, con quale discernimento abbia saputo rispondere lui a chi lo contestava. Sarà stata senz'altro gente poco educata. Il punto è che lui parlava di aborto, forse qualcuno avrebbe dovuto spiegarglielo. Che i toni da crociata, da furia giacobina, da insulto rabelesiano sono lievemente inappropriati date le circostanze, indipendentemente dalla portata delle polemiche. E che se uno non è in grado di capirlo, se non coglie le sfumature che distinguono l’aborto dal Porcellum, forse dovrebbe dedicarsi a questioni più adatte alla sua potenza di fuoco. Perché un metalmeccanico della dialettica lo metti alle presse termosaldatrici, non alla cardiochirugia;o che il deputato Pizza – ma perché oltre al danno ci devono infliggere anche l’insulto onomastico? – ritiene opportuno tenere in ostaggio un intero paese che già senza il suo contributo va in vacca alla velocità della luce, perché i suoi 30 elettori devono avere il diritto di votare quel simbolo – ahinoi, quanto glorioso! – precedentemento escluso dal Viminale. Così si giustifica: mi rendo conto delle difficoltà ma io ho il dovere di fare l’interesse del mio partito. I 30 elettori appunto. Mentre degli interessi dei restanti 50 milioni e novecentomilanovecentosettanta se ne sbatte altissimamante, perché non è uno da perdere tempo con le geometrie celesti delle cabale.Ed è tutta qui la storia in fondo. La storia del nostro paese. Ogni individuo un universo a sé. Ogni gruppo di potere una monade autoreferenziale. Ogni creatura vivente una galassia egoriferita. Tra il XIII e il XV secolo, a Venezia, più di un doge si dimise dopo regolare elezione – senza polemiche e senza piagnistei – solo per non turbare l’ordine pubblico o per non ostacolare certe pratiche istituzionali che non si erano presentate proprio limpide come avrebbero dovuto. Interessi pubblici posposti a quelli privati come fosse una cosa normale, come se l’occupazione di una carica dovesse presupporre per definizione la capacità di mettersi da parte in caso di necessità, e anzi ne comportasse addirittura l’obbligo, il dovere morale.Saranno passati anche diversi secoli, e i Veneziani di allora non saranno proprio rappresentativi del complesso dell’italianità contemporanea. Ma è possibile essere così sideralmente distanti da un’idea di minima decenza?