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Sprezzo del pericolo


Roma. Lunedì mattina. Ventuno aprile. Per inciso, il compleanno della città, che da noi si festeggia con i musei aperti e gratuiti. Secondo la tradizione, è il giorno in cui Romolo incise con l’aratro il solco della prima porta di accesso alla città. E subito dopo tagliò la gola a Remo che non si era mostrato doverosamente colpito dalla portata simbolica dell’evento. Per dire che qui siamo tipini suscettibili. Tenerlo a mente se passate da queste parti. Vado a trovare mia madre, e mi fermo a prendere il caffè sotto casa sua, nel quartiere dove sono nata, la collina Fleming, storicamente infestata da diversi generi di malaugurate sventure. Ad esempio essere un quartiere di provata fede laziale. Perché la AS Lazio qui ha molte proprietà immobiliari. I suoi giocatori starnieri infatti di norma vivono in zona. E Re Cecconi buonanima fu ammazzato nel ’77 dal gioiellere proprio dietro l’angolo.  Crescere sulla Collina Fleming da romanista è un po’ come essere un israeliano residente nella striscia di Gaza. La tua vita non scorre serena. Il tuo fegato ha spesso dimensioni superiori al normale. Perché a Roma, si sa, certe cose non passano sotto silenzio. Alcune circostanze cambiano, altre restano gattopardescamente immutate anche quando all’apparenza il contesto muta. Per esempio: in piazzetta ci sono 3 negozi. Bar, macelleria, fruttivendolo. Fino a dieci anni fa i gestori erano italiani. Italiani e laziali. Oggi il fruttivendolo  lo gestisce Bruno, che è pakistano, il bar è di Enzo, che è egiziano, e di indigeno è rimasto solo il macellaio, ma ha un’età, ed è chiaro che non può durare. Ecco, da un pakistano e un egiziano onestamente io mi sarei aspetatta più serietà. Non c’è stato verso. Sono diventati laziali pure loro. Per cui è stato con gioia e commozione crescente che, seduta ai tavolini all’aperto, ho ascoltato questo dialogo tra un padre giovanissimo e il figlioletto che poteva avere al massimo due anni e mezzo: che s’è fatto?s’è fatto male, amore, come te fai te quando caschimale  davero?eh male sì amore, l’hanno dovuto operà e che s’è operato?il ginocchio, il legamento crociato, proprio qua, lo vedi?e mo’ come sta?non lo so. Me pare bene. Lui dice che sta benema gioca ancora?certo che gioca. Gioca, vedrai che gioca Chissà se esiste un’altra città al mondo dove un bambino di due anni e mezzo pretende un referto medico circostanziato sulle condizioni del capitano della sua squadra in un quartiere dove potrebbero stenderti sotto la macchina e ripassarti in retromarcia per molto meno.