middlemarch

Primary colors


Insomma, alla fine passa Barack.Per un periodo se ne è parlato come al mondo non esistesse altro. E in effetti se prima degli eventi qualcuno ci avesse fatto un film, probabilmente l’avrebbero accusato di eccessivo didascalismo. Le primarie fra una donna e un nero? La dialettica democratica per eccellenza. Eddài, troppo facile. Quando mai vuoi che succeda una cosa del genere nella realtà? Poi curiosamente, proprio in dirittura d’arrivo, la cosa è passata in secondo piano. E adesso che verosimilmente è finita, se ne parla per dirlo, ma non certo con i toni profetici da grande scontro di culture e opposte visioni del mondo con cui era cominciata.Alla fine è tutto un gioco, no? A me queste cose fanno sempre pensare a Matrix. Per quello che ne sappiamo sulla vera natura della realtà, potremmo essere tutti immersi in un tubo di plexiglass trasparente con un cavo che fuoriesce dalla nuca e provvede ad alimentarci di zuccheri e ossigeno. Questa stagione Matrix ci tiene occupate le reti sinaptiche con le primarie. Ma è solo uno show come un altro.Insomma, che sia vero o una proiezione virtuale, in ultima analisi ha poca importanza. Basta che la genia fetente dei Bush si tolga dalle palle mi sta bene qualsiasi cosa, al limite anche un altro repubblicano, chè tanto peggio di così non può fare nessuno. A titolo personale poi Barack mi è anche più simpatico, mentre la Clinton mi è sempre sembrata una calvinista bacchettona assetata di sangue. A titolo di appartenenza di genere invece, onestamente mi disturba. Che l’America sia potenzialmente pronta a un presidente afroamericano è una bella cosa; che sia ancora troppo sensibile per un presidente donna invece, non lo è.Che vi devo dire. E’ andata così, bisognerà farsene una ragione. Però un po’ mi rode.