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L'importanza di una faccia


Sapete già che non ho grande rispetto per la psicologia, vero? Ogni tanto però trovo qualcosa che mi conforta. Non tanto sotto il profilo terapeutico – che sarebbe poi quel che dovrebbe darle un senso – quanto piuttosto sotto quello letterario. O addirittura evocativo.Se non studiassi psicologia, o non avessi letto Sacks, verosimilmente non avrei mai saputo nulla della prosopoagnosia, che è una cosa così sconcertante e bella da sembrare l’invenzione di un poeta. Le persone che subiscono le conseguenze di quest’afflizione (come si chiameranno? Prosopoagnostici? E’ una patologia fenomenale perfino dal punto di vista fonetico, ne converrete), non riconoscono i volti, nemmeno quelli estremamente familiari. Nei casi più gravi, non sono in grado di identificare neppure il proprio, allo specchio. Cosa che però non equivale all’assenza della dimensione cognitiva o affettiva della relazione. Non è che non sappiano di avere un padre, una madre, un figlio, una moglie, e che questi sono fatti così e cosà. Lo sanno benissimo, come voi e me. Il punto è che quando lo vedono, non associano la sterminata rete di conoscenze e affetti connessi all’individuo in questione con i tratti del suo viso. E per sopravvivere – questo è ancora più fantasmagorico, manco Shakespeare se lo sarebbe potuto inventare. Per quanto poi a pensarci bene fa più drammaturgia moderna, crisi dell’identità, perdita dei riferimenti, una cosa tra Pirandello e Beckett – si attaccano ai dettagli. I vestiti, per esempio. L’andatura. L’età. Il modo di parlare, di gesticolare. Guardano uno e si dicono: a quest’ora, al bar a prendere cappuccino e cornetto ci viene sempre quell’imbecille di mio cognato. Si veste da cani, all’incirca come questo devastato che ho di fronte, spara cazzate anche perché è un laziale di merda quindi cos’altro vuoi che dica, e anche qui ci siamo, e adesso che esce in strada vedo che sale su un’Audi rossa, che è la macchina che ha. Si, dev’essere proprio Sergio. Per dire. Ce la vedete anche voi la dimensione surreale? Non si capisce come mai nessuno ci abbia mai fatto sopra un film. I potenziali sviluppi drammaturgici sono infiniti.La cosa più contraddittoria di tutte è questa: la scienza ti dice che la malattia è conseguenza di un danno cerebrale, una lesione bilaterale della corteccia, una cosa molto empirica, un pezzo di cervello che è andato a farsi benedire, e un pezzo importante. Tutta artiglieria biologica pesante e niente farfalline pindariche tra Inconscio e Subconscio, per capirci. Malgrado ciò, i prosopoagnostici in realtà riconoscono i volti. Li riconoscono benissimo. Perché tutte le prove empiriche implicite ci dicono che sono in grado di distinguerli (per esempio la risposta psicogalvanica di fronte alle immagini di volti noti o sconosciuti). Però non lo sanno.Se non è bello questo, non so cosa diamine lo sia.