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Mater semper certa


Insomma, pare che se sei una donna e vuoi un figlio che porti il tuo cognome - senza ricorrere a gesti estremi tipo darla a tutti finchè non ti impallinano in modo da rendere pressochè impossibile l’identificazione del padre - adesso puoi. La Corte di Cassazione, bontà sua, ha riconosciuto che l’obbligo alla trasmissione del solo cognome paterno è un filino in contrasto con il principio di equiparazione giurdica dei sessi di fronte alla legge.Detto così sembra anche bello, una normativa illuminata di ampio respiro. Peccato per quel dettaglio che appanna il quadro d’insieme: i coniugi devono essere assolutamente d’accordo. Se non c’è accordo, non si può fare. E visto che il caso  si pone solo quando la madre manifesta espressamente il desiderio, la questione potrebbe anche essere riformulata così: il cognome materno si può trasmettere - per carità, siamo mica ai tempi delle caverne, ed è ora di farla finita con certi schematismi patriarcali veteroconservatori! - basta che il padre dia il suo augusto consenso. Che sarebbe un po’ come se il Ministro delle Comunicazioni dicesse: da domani tutte le tariffe con cui i gestori telefonici vi taglieggiano facendovi pagare cifre incongrue per un sms del cazzo, sono abolite. Sempre che il vostro gestore sia espressamente d’accordo. In tutta onestà, tra le tante cose su cui si potrebbe intervenire questa non era proprio la prima che mi sarei fatta venire in mente. Insomma non sarà bello, ma credo di poter sopravvivere anche in una società dove la legge mi impone di dare a mio figlio il cognome del padre. Certo, se proprio vi urge la fregola di riconoscermi il diritto di dargli anche il mio cognome, va bene, non mi dispiace, lo accetto di buon grado. Però se lo fate, che sia con un minimo di serietà. Perché altrimenti possiamo derubricare serenamente anche questa esperienza sotto la voce: dannata presa per il culo.