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Ogni scusa è buona


Il ponte di Calatrava a Venezia secondo me è  molto bello.Se vivete in un qualsiasi distretto peninsulare che non sia il nordest presumo sappiate cos’è, immagino ne abbiate sentito parlare, forse siete addirittura al corrente del fatto che è stato finalmente inaugurato. E punto. Se vivete in Veneto invece, negli ultimi anni sul ponte di Calatrava vi hanno sfinito con una tale  quantità di pippe trascendentali, che probabilmente vi viene una colica solo a sentirlo nominare. Per inciso, in base a una banalissima procedura di inferenza, se penso che per realizzare una campata di 81 metri abbiamo prodotto questa inusitata quantità di polemiche, la sola idea di cosa potrebbe partorire il ponte sullo stretto di Messina – a parte tutto il resto - mi causa una contrazione spasmodica del plesso solare.Oltretutto, la questione non è solo estetica. Il ponte era necessario, coma sa chiunque sia stato a Venezia per ragioni diverse dal ciondolare tutto il giorno con niente altro da fare se non contrarre la sindrome di Stendhal. Perché i ponti sul Canal Grande sono troppo pochi, e se devi passare dall’altra parte in un luogo non coperto, è una somma rottura di palle.Ma non è finita. Calatrava, bontà sua – che come architetto non è proprio l’ultimo dei pisquani – il progetto l’ha fatto gratis. Un regalo allo città di Venezia.  Ma nulla di tutto ciò è servita a disinnescare minimamente il potenziale delle polemiche.Sarà vero che in Italia è raro che le cose, specie quelle pubbliche, siano fatte bene. Sarà vero anche che per l’italiano una certa perplessità preventiva costituisce una sorta di obbligo genetico da cui non si può prescindere. Ma è possibile ridursi al punto di focalizzare la polemica intorno al fatto che sul ponte si scivola? Ecchecacchio, guardate dove mettete i piedi!