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Il cane nudo


Io sono affascinata dal potere dei simboli, specie quelli figurativi. I simboli verbali mi piacciono meno perché m’è sempre sembrata una brutta cosa cristallizare le parole e ingessarle. Le parole non sono fatte per stare ferme, sono fatte per rigenerare costantemente il senso delle cose. Quello che una parola significa oggi non può coincidere con quello che significherà domani. Quando ne prendi una e la crocifiggi a un’interpretazione unica, stai tagliando le sue radici, ne stai facendo un bonsai. E non è mica bello.I simboli figurativi invece – quando non sono deleteri o mortiferi – mi mettono allegria. E mi piacciono particolarmente quando arrivano a dirti cose molto diverse da quelle per cui erano stati pensati. Per esempio: di recente ho letto una cosa sulla funzione di potere assolta dalle sfilate di animali esotici alla corte di Federico II. Nelle uscite pubbliche si faceva accompagnare, oltre che da una rappresentanza variegata dei membri della sua corte, da elefanti, dromedari, cammelli, pantere, leoni, linci, orsi bianchi, leopardi, e falchi. Dati i tempi, non è che sia difficile immaginare l’impatto visivo di un circo di questo tipo, e in che misura questo assolvesse alla funzione di legittimarne il potere in termini di assoluta eccezionalità.Mi è venuto spontaneo ripensarci quando oggi ho letto del cane andino donato dal Perù alla famiglia di Obama per venire incontro all’allergia della figlia maggiore del presidente eletto. Siccome pare che per confermare la validità dell’elezione presidenziale, oltre alla cerimonia di insediamento, sia imprescindibile il possesso di un cane, ma al tempo stesso la bambina potrebbe morire per soffocamento, eccola là che il Perù ha pensato di salvare capra e cavoli col cane nudo, senza peli, privo di denti, e con temperatura corporea superiore alla media per sopperire all’assenza di pelliccia. Più che un cane, una borsa d’acqua calda con le orecchie. In più, il cane nudo non è quello che si definisce una vera bellezza. Ma non importa. A me gli animali piacciono sempre, e trovo simpatica anche questa strana creatura estremamente docile che forse traslocherà dalle Ande alla Casa Bianca. Il che, per un cane, costituisce pur sempre una bella parabola esistenziale.Ma quello che trovo davvero buffo in questo caso è la misura in cui il valore simbolico di un animale associato al potere abbia completamente cambiato di segno dello spazio di 8 secoli, perché dice molto sull’immagine collettiva di noi che desideriamo proiettare. Federico usava animali per dire che era aggressivo, imbattibile, feroce, potenzialmente sanguinario, virtualmente mortifero. Obama, ammesso che accetti il cane avuto in dono, si prenderà in casa un animale simbolo di affettuosità, tenerezza, affidabilità, political corretness, rispetto per ogni creatura vivente, senso della famiglia e multiculturalità.Ritengo probabile però che Federico non fosse così letale come voleva far credere, né Obama così buono come il valore implicito del cane peruviano potrebbe suggerire. Però questi sono i valori funzionali all’età di Federico e alla nostra. Non voglio trarre nessuna conclusione, sia chiaro.  Trovo solo che è sempre affascinante osservare come cambia il senso della storia, come si modificano i parametri  in cui siamo disposti collettivamente a riconoscerci. E come il lato oscuro di ogni uomo, al contrario dei simboli a cui attribuisce valore, non abbia subito poi tutti questi cambiamenti dalla notte dei tempi, come si capisce in tutte quelle circostanze in cui il contesto – che ne so, nella ex Yugoslavia, in Ruanda, ma può bastare anche l’abbattimento di ogni regola seguito all’uragano Katrina - consente alla sua vera natura di emergere. Forse il senso dell’evoluzione della civiltà sta tutto qui. Per cui sarà il caso di tenerceli cari, i simboli, proteggerli, prendercene cura, e fare attenzione a non sfottere troppo. Capace che siano la sola cosa che ci protegge dalla brutalità.