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Ragazze che dovresti imitare


Non so perché le vicende del presidente insediato attirano tanto la mia attenzione, sospetto che sia un po’ come quando diventi una donna vecchia e cinica che non si aspetta più niente dalla vita in generale, e dagli uomini in particolare. Sai che anche questo è come tutti gli altri, nessun motivo valido per credere che possa essere diverso da quelli che l’hanno preceduto o che lo seguiranno. Eppure una parte di te, occultata molto in profondità, spera ancora, incredibilmente, che possa  verificarsi il miracolo. Comunque. In realtà ieri sono stata attratta dai commenti di quel gran pezzo di giornalista che è Giulio Borrelli, non so se avete presente. Un fenomeno. Uno che ha il talento di parlare per ore, giorni o settimane, senza riuscire a dirti neanche per sbaglio una cosa che già non sai. Il commento a posteriori. Il Reader’s Digest della notizia. Un bel modo per lavarsene le mani, volendo.  In alternativa ai suoi commenti sottovuoto spinto può solo offrirti del gossip, o della fuffa mediatica da 4 dobloni. Ieri per esempio ci ha rifritto la solita storia dello stile di Michelle Obama. E le donava il completino giallo-oro di Isabel Toledo indossato per il giuramento? E per la cena era veramente il caso di optare per il vestito bianco-floreale di James Wu? E il suo stile easy e femminile è davvero up-to-date o non denuncia piuttosto una certa colpevole trascuratezza in proposito?  E poi, naturalmente, perché è un confronto a cui non ci si può sottrarre in nessunissimo caso, la domanda imprescindibile: nella scala Jackie Kennedy come si colloca Michelle Obama? Cioè: è degna di ottenere almeno un punteggio minimo, se non altro di stima e incoraggiamento, oppure come alcune delle impresentabili first lady degli ultimi vent’anni – prendi entrambe le signore Bush affette da quello stile mucolitico che fa tanto vecchia-carampana-intenta-a-preparare-la-composta-di-arance anche quando è in visita ufficiale al Cremlino – deve essere chiaro fin da subito che non gliela fa? A me tutto questo fa un’inesprimibile tristezza. Il pensiero cioè che una donna coi controcoglioni com’è visibilmente Michelle Obama debba subire l’onta di essere confrontata con Jacqueline Kennedy per dimostrare quello che vale, mi turba fino alle lacrime. Una che s’è laureata due volte, ad Harvard e a Princeton, e che, contrariamente ad alcune sue omologhe tipo la Condoleeza Addams, è riuscita a farlo senza per questo sacrificare il gusto per una sua personale versione della dolcezza e della femminilità, deve subire l’onta di una valutazione secondo i parametri di una pupazza morta da un decennio che scambiava la personalità per una collezione di tailleur. E non è tanto con la Kennedy che ce l’ho, così come non me la prendo direttamente con le tante icone di stile – Dio quant’è fetente questa perifrasi! – non fosse altro perché sarebbe come cavare sangue da una rapa. Io me la prendo con chi le beatifica, con chi ne fa dei modelli da imitare. Ma più di tutto me la prendo con le donne che si lasciano infinocchiare da questa innominabili stronzate. Michelle, sei tutte noi. Vai dritta per la tua strada. E come si dice dalle mie parti: faje male.