middlemarch

Parole sante


La settimana scorsa ho visto Revolutionary Road. Ci sono diverse cose che si possono dire di un film così. Che è perfetto, per esempio. Per me perfetto vuol dire che scrivi una storia talmente compiuta che i conti tornano perfino sui dettagli che è quasi impossibile notare. Come le cattedrali gotiche con guglie e doccioni definiti nei minimi particolari a decine di metri di altezza e scolpite in fondo per chi? In onore di Dio, naturalmente. Quale essere umano dal basso poteva apprezzare quel grado di perfezione? E quando un film ha un tale rispetto per il Dio delle Storie, non c'è niente da fare, io mi commuovo. Ma non voglio parlare del suo valore estetico, e se è quello che vi interessa andata a leggere la critica del Piazza alla data del 5 febbraio (ma l'hai notato Piazzabello che la vicina di casa si cambia il vestito senza che l'attenzione narrativa venga più attirata su quel dettaglio? A me ha smosso il pianto).La cosa che mi ha davvero colpita è un'altra. Uno scambio di battute fra i due protagonisti che suona così:Ci vuole fegato per assumersi le proprie responsabilità!No. Ci vuole fegato per vivere la vita che si vuoleDa almeno due anni il succo di questa precisa considerazione, su qualunque registro affettivo, con tutte le possibili modalità di intonazione, in tutti i luoghi pensabili, l'ho fatta ininterrottamente pressoché con tutte le persone che contano o hanno contato qualcosa nella mia vita.Non so più che fare per farvelo capire. Non siete sicuri che stia parlando proprio con voi? Fate così, rispondete a questa domanda: avete mai avuto la sensazione anche solo labilissima di avere un ruolo che conta qualcosa per me, di essermi o essermi stati amici, amanti, compagni, sodali reali o virtuali, anche solo conoscenti verso cui ho dimostrato inequivocabilmente un'esplicita simpatia? Allora sto parlando con voi.