middlemarch

Cose che mi sono successe in Provenza. Tre


Resta il fatto che quando visiti la Francia - e questo perfino quando ci vai prevenuta - la questione centrale diventa così tristemente prevedibile che l’avete indovinata tutti prima ancora che mi decidessi a metterla su carta, per cui è inutile, e più ancora fortemente autolesionista, che mi metta a starnazzare il cahier de doléance del confronto perdente fra un paese del menga, il nostro, e uno dove bisognerebbe essere scemi, ciechi e sordi per non aver voglia di trasferirsi all’istante, o restarci direttamente, sia pure solo con quello che ci siamo portati dietro per una vacanza di due settimane, che poi quando arriverà l’autunno una giacchetta in qualche modo si rimedierà. Restare un po’, almeno un semestre, così, per respirare quel genere di atmosfera da Conquiste-Sociali-Umanamente-Possibili invece del solito tanfo post-bassomedievale che qua oppone ancora guelfi e ghibellini, con identiche sinergie e immutabili scenari, il tempo che basta per prendere consuetudine con una serie di cose che potrebbero/dovrebbero/sarebbe normale e/o auspicabile che fossero consuete anche da noi, tenuto conto che siamo paesi che condividono buona parte del patrimonio genetico, e che invece ci stupiscono ancora come il teletrasporto sull’Enterprise o la smaterializzazione di Marthy McFly sulla Delorean di Ritorno al futuro.Un paese che più lo conosco, e più pregi gli trovo. Con tanti di quei significativi attestati di civiltà ad ogni angolo di strada, che haivoglia a tentare di lenire il dolore raccontandosi che i francesi ci stanno sul cazzo perché se la tirano. E perché al posto loro noi invece reciteremmo il penitenziagite? Faremmo la stessa cosa, porco cane, e con fondatissimi meriti.Ho rimuginato questi pensieri per tutta la durata del viaggio, ma lì dove sono esplosa - per la dire la misura in cui questo conflitto ha assunto in me tutti i connotati della vecchia trombona - è stato sotto il Pont du Gard. Ho osservato le arcate di quel miracolo di ingegneria tirato su da architetti romani 20 secoli fa, insieme agli anfiteatri di Nîmes e di Arles, al teatro di Orange, e a quasi tutti gli insediamenti della Francia del sud che sono stati fondati in prevalenza da veterani dell’esercito di Cesare, e mi sono incazzata come una biscia. Perché, santoddio, perché c’è stato un tempo in cui la civiltà la portavamo noi, e adesso l’unico titolo di oggettiva superiorità che possiamo vantare sui francesi è la pratica diffusa all’uso di un accessorio da bagno per pulirsi il culo? Che oltretutto porta un nome francese. Il che inasprisce ulteriormente l‘animo.Il mio conflitto è stato puramente interiore, sia chiaro. Non l’ho condiviso con nessuno dei visitatori del Pont du Gard. Ho già i miei problemi a sembrare normale quaggiù, figuriamoci se mi sognavo di abbrancare per la pinna un coreano e rovesciargli addosso le mie lugubri meditazioni. Però mio marito, che è la persona che mi conosce meglio al mondo, me l’ha letto lo stesso sulla faccia. Mi si è avvicinato, si è fissato gli occhiali da sole su per il naso e mi ha detto:  comunque, nessuna squadra francese ha mai vinto la Champion’s League.Sposare un uomo prosaico è una circostanza che possiede diverse e imprevedibili ricadute di bilanciamento emotivo.