middlemarch

Sentire le voci


Il 31 dicembre io e mio marito siamo andati al cinema alle 6 del pomeriggio per vedere Sherlock Holmes. Che complessivamente, alle sei del 31 dicembre, non è neanche un modo pessimo per passare due ore. Si presta al clima da cazzeggio andante. E per i miei gusti il ritmo frenetico diverte senza appesantire, oltre al fatto che si vede una Londra che sembra quella di Peter Pan corretta a pennello da un feticista isterico, e anche questo ha i suoi meriti. Mi sono sempre piaciuti quelli che, se non avessero fatto i registi, verosimilmente si sarebbero dedicati alla pittura.In effetti l’unico appunto che mi sento di avanzare non riguarda il film, e non è responsabilità di chi l’ha scritto, diretto e prodotto. Ha a che fare invece con il passaggio italiano. E in proposito vorrei fare una pubblica dichiarazione: abbiamo capito tutti che Luca Ward è un gran bravo doppiatore e che possiede una vasta gamma di tonalità espressive che gli consentono di trovarsi a suo agio nei panni di quel lumacone umido di Hugh Grant, come in quelli brividosi di Pierce Brosnam, oltre a quelli di Keanu Reeves, per non parlare di Samuel Jackson che se ripenso al monologo di Pulp Fiction appena prima di sforacchiare il culo alle sue vittime, ancora mi prende la tachicardia (il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri umani…). Però secondo me a questo punto della carriera rischia un tantino la sovraesposizione. Sapete perché me ne sono accorta? Perché stavo lì ad ascoltare Robert Downey Jr. che fa Sherlock – un attore che per inciso ho sempre adorato – e subivo l’evocazione continua di panorami completamente diversi rispetto a quelli che stavo osservando. Ogni momento era buono perché saltasse fuori Neo che prende a randellate l’agente Smith, o le tigri che escono dalle botole dei sotterranei del Colosseo per il finale de Il Gladiatore. Mi concentravo sulla trama ma m’aspettavo continuamente che Sherlock dicesse una vaccata epica tipo: quello che facciamo in vita riecheggia per l’eternità! mentre inzuppa il plumcake nel te’ delle cinque. A un certo punto non sapevo più che cacchio stavo guardando. E se c’è una cosa che mi disturba a morte è quando mi impallano la concentrazione di un film.Per concludere quindi, signor Ward, mi ascolti. Glielo dico come fossi sua madre: si dia una calmata. Si riposi. Stia quieto. Si faccia un pisolino ogni tanto e giochi coi figli alla Playstation. Doppi qualcosina in meno. E ci consenta di andare al cinema almeno una volta l’anno ad ascoltare un’inflessione vocalica diversa dalla sua.