middlemarch

C'arisemo co' sto Kansas City


Non posso dire di aver capito bene come siano andate le cose, però all'incirca mi pare che si tratti di questo: il Pdl del Lazio, dovendo consegnare la documentazione relativa ai candidati della lista provinciale di Roma, ha pensato bene di affidare l'incarico a un gigantesco sallucchione. Il quale, una volta giunto presso gli uffici elettorali preposti al deposito, s'è accorto di essersi scordato, nell'ordine, prima i lucidi dei simboli, e poi le accettazioni. Tutto questo due ore prima della scadenza. Che uno dice: ma prendersi un pochino per tempo, no? Farlo magari con un paio di giorni di anticipo sul termine ultimo non sembrava una buona idea? Macchè. Minuzie. Quisquilie. Nugae burocratiche. Voglio proprio vedere se non mi fanno entrare, amme. E infatti non l'hanno fatto entrare, perché quando finalmente gli è riuscito di presentarsi con tutto l'occorrente, s'erano fatte le 12 e 45 e il termine ultimo ormai era scaduto da tre quarti d'ora.Ma la cosa che davvero sconcerta non è l'occorrenza, che può capitare a tutti. E' il contesto. Le parole che il sallucchione sceglie per giustificarsi. Gli scenari che evoca per dare un senso alle sue cazzate. E va ascoltato con le sue parole, quelle con cui spiega con grande serenità d'animo che, tra un recupero e l'altro, s'è fermato a mangiare con tutta tranquillità. Bisogna ascoltarlo si. Bisogna ascoltarlo perché se lo fai con la dovuta cura ci metti un attimo a capire che il referente culturale unico della cialtroneria, la maschera del teatro dell'arte dell'italianità è sempre quella, e non c'è modo di strapparsela di dosso. Un dirigente politico giapponese che si fosse reso responsabile di una simile, epocale cazzata - e lasciamo perdere il fatto che un dirigente politico giapponese non si sarebbe mai messo in prossimità delle condizioni minime necessarie per compiere una simile, epocale cazzata - dopo aver offerto pubbliche scuse inclusive di una piena assunzione di responsabilità, se non proprio un seppuku in real time, come minimo avrebbe offerto agli elettori il suo ritiro in un pollaio alle pendici del Fujiama e la certezza di trascorrere il resto della vita attiva spalando sterco ovino. Un dirigente di partito italiano invece ha sempre pronta una sola spiegazione, che è poi una delle infinite varianti della Grande Madre di Tutte le Cazzate che ognuno di noi si porta nel sangue e si ciuccia col latte fin dalle tette delle mamma. Che all'incirca suona così:  A mme m'ha bloccato la scarlattina! Se anch'io da bimbo fossi stato trasferito nel Kansas City come Joe Di Maggio, mamy!