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Il figlio di Bondone o della scoperta del dolore


Quello che mi ha sempre colpita dell’arte bizantina è l'impercettibilità di ogni moto interiore, il silenzio della passione, o detto in altre parole: l’assenza di Vita. Che in fondo è una definizione inappropriata e anche un po’ settaria. Si trattava di gente con un altro concetto dell’emotività rispetto al nostro, e che quindi se la raccontava in modalità conforme alla propria visione delle cose, come l’arte fa sempre, da sempre, e proprio per questo viene prodotta in qualsiasi ambito culturale a tutte le latitudini e in ogni età del mondo. Però certo ti stupisce. Ti spinge a chiederti: che occhi posava sulla realtà una madre capace di trovare equivalente al vero un bambino così?  
 Perché è di questo che stiamo parlando, tanto più che mi riferisco a un’epoca in cui l’arte aveva essenzialmente funzione spirituale e semmai didattica, mentre le preoccupazioni estetiche erano abbastanza periferiche nelle intenzioni di chi ne usufruiva, se non addirittura in quelle di chi la produceva. O magari c’erano, ma sempre assoggettate allo stesso criterio. Che cos’è bello? E’ bello quello che assolve alla sua funzione primaria. Il bello è un criterio finalizzato e non costituisce un valore assoluto. Il bello è bello rispetto a qualcosa che non lo è, come qualsiasi polarità, per cui alla fine si torna sempre al punto di partenza.Insomma parti da questo assunto. Ma poi ti capita di fermarti a osservare una cosa come questa:
oppure come questa:
che incidentalmente si trovano nello stesso luogo, e sono state dipinte dallo stesso pittore che oltre a fare cerchi perfetti sulle rocce e a dare il nome ai pastelli colorati che avevamo nella cartella alle elementari, aveva anche qualche altro talento. E capisci a cosa deve la sua fama. Molte, molte cose. Tra queste, il fatto che si inventò il dolore. Magari uno pensa: be’, no, è troppo. Non se lo inventò. Semmai trovò un modo efficace per rappresentarlo. Ma io non sono d’accordo. Perché mi riesce difficile pensare che prima di Giotto le madri non piangessero, o che i bambini avessero sul serio l’aspetto da merluzzo incatramato con la carnagione da tizzo di carbone e il ditino alzato a benedire le folle come lo vedi in qualsiasi icona greca fino ad epoche quasi recenti. I bambini saranno stati gli stessi di oggi, e le madri avranno pianto straziate di fronte al cadavere di un figlio anche a Costantinopoli prima della conquista degli arabi. Ma nessuno le vedeva così. Nessuno riteneva quel pianto degno di una qualsiasi salienza espressiva. Ci è voluto Giotto per dare un’icona allo strazio. Il balzo quantico non è mica necessariamente una faccenda che si svolge solo nel perimetro di un'orbita subatomica. Secondo me è balzo quantico anche questo. Che prima di te non c’era, perché nessuno lo vedeva. E adesso c‘è. Per te, e per il resto del mondo.