Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
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Se viene fuori un terzo post sull'argomento lo chiamiamo Sragionamenti revolution. E sarà un sogno che si realizza. Per l'eventuale quarta puntata ho esaurito i titoli, per cui cerchiamo di quagliare, occhei? Io ripartirei dall'assunto. Che era questo: il segreto della felicità è non pretendere dalle persone che amiamo quello che non possono darci. In questa frase c'è un soggetto e c'è un oggetto. Il soggetto è l'amante che si sente in diritto di pretendere un certo tipo di attenzione dall'amato, l'oggetto sono le attenzioni dell'amato, o per comodità diciamo pure l'amato tout court, e il modo in cui può renderci felici o infelici. La cosa interessante è che vi siete tutti sbilanciati sull'amante piuttosto che sull'amato. In altre parole avete opposto ragionamenti che suonavano all'incirca così: sono d'accordo/non sono d'accordo perché io sono/non sono/vorrei/nonvorrei essere in grado di bastare a me stesso. Ma qui i termini della questione sono, una volta tanto, disperatamente oggettivi, e non c'è modo di eludere il problema. Che l'amante sia o meno in grado di bastare a se stesso non cambia di una virgola il punto. E il punto è questo: in certi casi l'amato non può darci quello che vogliamo. Non sempre nella vita questo dipende da cattiveria, da crudeltà mentale o da qualche forma di perversione consapevole e cosciente. E' che non può. Non ha il software adatto. Non possiede il segreto della nostra felicità. Un marziano sbarcato sulla terra del tutto ignaro dei nostri usi e costumi probabilmente a questo punto ci chiederebbe: perché cazzo perdete il vostro tempo a innamorarvi di persone che non possono farvi felici? E' un vostro precetto religioso? No, dovremmo rispondere mestamente noi, una volta tanto questa è una stronzata di cui non possiamo dare la colpa al papa. E' che siamo fatti così. Ci innamoriamo delle persone sbagliate. E una volta preso atto che siamo caduti nella solita trappola, il nostro margine operativo si riduce a un paio di opzioni: o facciamo a meno dall'amato, oppure accettiamo quello che può fare per noi, con la consapevolezza che si tratta di qualcosa di diverso da quello che vorremmo che facesse, smettendola però di recriminare. Naturalmente esiste anche una terza via, e se è per questo si tratta di quella più inflazionata: ci roviniamo la vita continuando ad attendere un appagamento che non riceveremo mai. In saecula saeculorum. Amen. Ed è a questo punto che entra in gioco di prepotenza il concetto di bastare a se stessi. Che, per come lo intendevo io, non è né la dolente consapevolezza del proprio isolamento o dell'impossibilità empirica di raggiungere la felicità in due – come mi pare intendessero con diversi gradi di rassegnazione Vipero, Amore_immaginato e forse miss orange – ma neppure una dichiarazione di superomismo nietzichano e di orgogliosa rivendicazione della propria assoluta indipendenza dai sentimenti. Sono d'accordo con Lupo quando dice che è una cosa che ha a che fare con la consapevolezza più che con l'orgoglio, e con l'indipendenza più che con la solitudine. E sono d'accordo anche con Caramello quando dice che la capacità di badare a se stessi è un'attitudine che ha a che fare con un approccio complessivo alla vita e non solo alle relazioni amorose. Ma più di tutti sono d'accordo con ms.spoah quando dice che lo scopo del gioco dovrebbe essere apprendere l'arte zen del non attaccamento. Per me bastare a se stessi vuol dire fare attenzione a non confondere l' amore con l'appagamento di un bisogno. Essenzialmente perché ai miei bisogni provvedo io. E all'amore invece preferisco chiedere qualcosa di molto diverso e certamente molto più ambizioso: che sappia sorprendermi, e che mi porti dove da sola non avrei mai immaginato di andare. Un risultato impossibile da ottenere se il suo solo obiettivo rimane quello di colmare le mie lacune. Tra l'altro anche perché colmare le mie lacune è un'operazione piuttosto impegnativa. E sottolineo piuttosto. |
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2010
Ci siamo dati da fare altrove
Confermo i miei atti e rido dei miei castighi. E adesso condannatemi
Rosa Luxemburg
Parto dal presupposto che io me medesima, debba bastare a me stessa come principio fondamentale per poter essere felice con me e con gli altri. Non posso ne devo (io me medesima) riporre le mie mancanze e delegare i miei limiti agli altri, perchè in questo modo non farei altro che appoggiare e relegare (oltre che regalare) la mia vita in mani altrui.
Se basto a me, se la mia vita è piena di me, se posso vivere la solitudine in armonia con me, non chiederò all'amato di superare i limiti delle sue possibilità, perchè non riporrò aspettative ma vivrò quanto riuscirà a darmi.
Non ho mai preteso nulla di più dalle persone che ho amato se non la propria libertà di amarmi o farsi amare.
Ci sta pure che ancora non abbia capito una cippa e che mi sia legata a tutt'altro discorso. Ma io mi lascio sempre trascinare dalle parole che mi trafiggono il cervello.. (cerca di capire, con un solo neurone, è veramente dura!!)
Rileggendo l’assunto: “il segreto della felicità è non pretendere dalle persone che amiamo quello che non possono darci” mi verrebbe anche da chiedermi se l’assunto stesso non possa considerarsi un alibi nel senso che potrebbe anche essere letto così: “le persone che ci amano si accontentino di quello che gli diamo e non rompano le palle. Saranno più felici loro ed anche noi”.
Ok, fine della pausa panino. Cielo con nuvole stratificate. Come la prima mano di pittura. Una buona seconda mano ed il cielo tornerà uniforme. Il colore lo decida l'architetto.
Sono contento di essere la causa di un sogno che si realizza. :o))
ms.spò, non mi sognerò mai di affermare che condividere significa rinunciare alla propria individualità. Così come penso anch'io che la capacità di sorprendere sia quel qualcosa che scatena la scintilla come l'ossessività piattolesca sia qualcosa che raffredda piuttosto che scaldare. Che allontana piuttosto che avvicinare. Il discorso mi pare però che sia un altro e forse la posizione di ognuno di noi non è ancora molto chiara.
Io ho provato a dare la mia opinione sull'assunto "il segreto della felicità è non pretendere dalle persone che amiamo quello che non possono darci" considerando però la quantità di libertà che siamo disposti, nell'ambito della coppia, a concedere ed a concederci.