Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
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Prendi due donne che non si conoscono e riuniscile in un locale affollato per passare insieme la pausa pranzo di un giorno qualsiasi. Osservale sintonizzare le loro energie cominciando a parlare di niente che conti davvero: passatempi, contrattempi, sapore del cibo, lavoro odierno e lavori passati, trucco, parrucco, minime virtù, per finire con quel minuscolo caravan di alti e bassi che hanno animato una giornata come tante destinata a passare tra i piedi senza lasciare tracce visibili. Poi guardale sollevare la testa, fissarsi negli occhi, e affinare la banda di frequenza come succede sempre quando si comincia a parlare della verità. Una cosa notevole perché non c'è molta gente che quando parla di sè si dimostra disponibile a servirsi della verità piuttosto che della pittoresca ricostruzione dei fatti. Quando usi la verità, non puoi ricorrere alla compiacenza dell'interlocutore, non puoi appellarti alla sua pietà, non te la puoi prendere col destino e neppure con le colpe degli altri. Quando usi la verità c'è sempre un solo colpevole: tu, e la misura in cui ti sei comportato da perfetto stronzo. Non è uguale dire: soffro, ed è colpa tua. Oppure: soffro, ed è colpa mia. Non è uguale per niente. Non si può neanche dire che comporti benefici immediatamente spendibili. E' più una cosa come un imperativo kantiano. Lo fai perché è tuo dovere farlo, e perché di fronte a certi sfaceli non ti regge lo stomaco a caricare anche il peso di una cazzata. Se proprio devo chiamare le cose con il loro nome, che sia almeno quello che hanno, porca trota, che a indorare la pillola mi viene solo da vomitare. Tanto il plotone spara comunque. Non lo fa per cattiveria, lo fa perché deve sparare. Lo fa perché questi sono gli ordini. Alla fine sul tavolo rimane un bel quantitativo di frattaglie. Considerevole davvero. Guardi quel macello e ti viene in mente Shakespeare e quella cosa del Macbeth che dice più o meno: chi l'avrebbe detto che ci fosse tanto sangue? Da fuori non si nota. Da fuori vedi solo due donne che raccolgono il loro cappotto e vanno a prendersi un caffè. Una cosa si vede però. Ed è che sono belle. Molto, molto, molto belle. Tutte e due. Una più bella dell'altra. Sarà stata tutto quel sangue, o forse tutta quella verità, questo non è chiaro. Ma sono talmente belle che davvero non c'è nessuna che sia più gnocca di loro là dentro. Forse perché è così che ti premia la verità, che ti abbatte come un vitello senza anestesia, ma poi ti tende la mano per tirarti in piedi e ripartire. O forse perché sono quasi le quattro, il locale è deserto, e hanno finito tutti di mangiare da almeno due ore. Vai a sapere. Un bacio da brivido, ricciolona. |
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2010
Ci siamo dati da fare altrove
Confermo i miei atti e rido dei miei castighi. E adesso condannatemi
Rosa Luxemburg
(...) Le torri, i palazzi, i templi diventano vibranti e si spezzano per la troppa vita che è in loro. (...)
Vita, mutamento, movimento e insicurezza non sono altro che nomi diversi della stessa cosa. Qui, se non ovunque, la verità è bellezza, perché movimento e ritmo sono l'essenza di ogni cosa bella.
Spero di aver estrapolato bene. Forse potrà sembrare una visione un po' new age, ma a me è piaciuta e l'ho sentita piuttosto vera. Baciuzzo.
scrivile canzoni d'amore.
Mandale rose e poesie,
dalle anche spremute di cuore.
Falla sempre sentire importante,
dalle il meglio del meglio che hai,
cerca di essere un tenero amante
sii sempre presente risolvile i guai.
Prendi due donne,
non solo due femmine dentro due gonne,
dico due donne,
chiudile assieme dentro ad un bar.
Una è liscia e l’altra è gassata,
lascia che parlino un pò e fra qualche risata
del tempo che viene, del tempo che va
poi quando il ghiaccio si scioglierà
tireranno fuori un pò delle loro verità.
La gente ch’è intorno non conta più niente.
Non si vede, nemmeno si sente.
Come chi sta fuori al palazzo
e conta meno di un cazzo.
Loro sempre più assieme, più sole e ancora più vere.
Il sole s’inclina, pomeriggi che diventano sere.
Si alzano. Vanno.
Nei loro beati cappotti che sono mani di panno.
Passando davanti al banco ne sento l’odore
e dei tacchi il rumore.
Son vere, son belle, più belle.
Gnocche lo erano già ma ora lo sono di più.
Sul tavolo, il conto, i soldi, sorrisi e dolore.
Robe d’amore.
Guardo i loro culi uscire dal bar.
Non so dove andranno.
Ameranno.
Ancora sangue e budella.
Fra le due, difficile dire chi è la più bella.