Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
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Wishful thinking

Post n°796 pubblicato il 25 Luglio 2012 da middlemarch_g
 

Mio nipote - sempre quello, l'unico fra tutti i nipoti che ho, autorizzato dalla legge a inserire nell'urna una cartella elettorale - quest'anno ha fatto la maturità. Se l'è cavata più che dignitosamente, devo dire, considerando che non è mai stato uno di quelli che darebbe il sangue per una prestazione sopra la media. Lui è più il tipo Affamato dei Grandi Misteri dell'Esistenza. Gli piace la filosofia nell'unico modo in cui ha senso interessarsene, e cioè per cercare di capire come funziona la vita se non ti accontenti del bugiardino prestampato che ti forniscono allegato ai libri di testo a scuola o in parrocchia.

Poi invecchiando capirà quello che abbiamo scoperto tutti. Che la filosofia, - come del resto qualsiasi disciplina che abbia analoghe pretese di verità - non serve a trovare le risposte ma solo a moltiplicare le domande. Superato il primo momento di sconcerto, se ne farà una ragione e magari saprà adattarsi alla natura zen dell'universo, il quale da parte sua, per il pochissimo che ho capito io, nei momenti cruciali dell'esistenza ti sussurra spesso in modo inequivocabile che le risposte logiche ai misteri della vita servono quanto le biciclette ai pesci. Perché l'uomo non ha bisogno di sapere. Quello è un optional. Ha bisogno di essere felice, semmai. Performance che non si ottiene quasi mai con le risposte giuste, ma eventualmente con la giusta attitudine di spirito, indipendentemente dal fatto che capisca quello che sta succedendo oppure no.

Ma insomma. La situazione è quella che è. I giornali li legge anche lui. Vede come vanno le cose, calcola le prospettive di cui dispone, è al corrente delle opportunità che ha di fronte, osserva con la dovuta attenzione il catafascio sociale che dilaga in Europa e nel mondo, mentre noi giovani adulti tutti intorno guardiamo altrove simulando autorevolezza per cercare di non pensare che questo è il contesto in cui dovranno trovare il modo di sopravvivere.

Gli ho chiesto - non senza una certa vergogna: hai dei progetti? Che pensi di fare ora? Lui mi ha elencato con nonchalance un paio di ipotesi molto esperienziali, poi ha fatto una pausa e alla fine con voce e tono determinati ha detto: sto valutando delle proposte.

Lì per lì mi è venuto da ridere. Mi sono figurata una serie di scenari in grado di fare da equivalente visivo dello scatafascio sociale in cui viviamo, tipo un adolescente indiano di Mumbai che dalla cima della discarica di uno slum ti dice: sto valutando delle proposte. Oppure un contadino  nicaraguense defraudato della terra che alza gli occhi e di nuovo: sto valutando delle proposte. O un piccolo allevatore di capre pakistano, un guidatore di risciò di Bangkok, un senzatetto di Ulan Bator: stiamo valutando delle proposte.

La sproporzione tra l'attitudine mentale e le condizioni oggettive è la stessa. Eppure lui sta lì determinato a valutare delle proposte, perché ha il coraggio e la luminosa inconscienza dei suoi 18 anni, e se ne sbatte altamente di tutta la merda che lo circonda.

Allora ho pensato: ecco, c'è ancora una speranza. C'è un esercito di ragazzini armati solo di filosofia che non vede ancora l'incoscienza del mondo, e che rifiuta di accettare l'idea che il futuro debba essere condizionato da eventi con cui non hanno avuto nulla a che fare; un esercito di sconsiderati utopisti che si allinea alla partenza aspettando che lo starter spari per segnalare che è arrivato il loro turno, e che nessuna devastazione gli negherà il diritto di avere fede nella stessa speranza che abbiamo avuto tutti a quella età: credere di possedere il talento per cambiare il mondo.

Non so come andranno le cose, ma so che una cosa importante posso ancora farla per loro. Condividere quella fede, immensamente. E mettere a disposizione della loro utopia tutto l'amore che ho.

Che poi l'amore, per inciso,  serve solo a quello.

Ti bacio forte, Andrea.

 

 
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