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Cose di donne 1:   fatela finita

Post n°348 pubblicato il 17 Novembre 2008 da middlemarch_g
 

Ho letto l'ultimo libro della De Gregorio. Malamore. Ve lo consiglio perché è bello, ma poi con l'angolo della lettura chiudo subito perché ormai lo sapete quando intimamente mi indispone a meno che proprio non si tratti di un libro che mi è esploso dentro. Ma non succede spessissimo, per cui.

Parla di cose sorprendenti. Per me. Cose che mi tirano giù dalla sedia per la meraviglia e lo stupore. E' vero che io non faccio testo perché per alcuni aspetti sono una creatura talmente astratta che in confronto certi intasamenti di linee su una tela di Mondrian potrebbero serenamente passare per una Battesimo nel Giordano di ispirazione bassanesca. Per cui cose che a me risultano sorprendenti, per gli altri non lo sono affatto. Tutto il contrario. Per tanta gente sono perfino banali.

Insomma esce fuori che le donne oggi sono dispostissime a farsi riempire di mazzate dai familiari tanto quanto lo erano le loro nonne, e con un'aggravante: che una volta il marito, il padre, il fratello ti menavano, ma almeno in linea di principio tu stavi al posto tuo. Non li esasperavi. Avevi cura di non sovvertire socialmente i pronostici. Oggi invece si fanno picchiare senza pensarci due volte anche quelle donne che raggiungono i vertici della carriera. Anzi, soprattutto loro. Gli sembra perfino giusto. Perché lui, poverino, col suo stipendietto da capufficio di merda, si sente giustamente umiliato dall'avere accanto una donna di potere che porta a casa il doppio o il triplo di lui. E allora alzare le mani serve a rimettere le cose a posto. Ha una sua logica compensatoria, no?

Anni fa lessi da qualche parte che Simone De Beauvoir scrisse Il secondo sesso dopo aver fatto un viaggio negli Stati Uniti ed essersi resa conto che la parità di diritti fra uomini e donne in cui lei era stata educata (come e perché non riesco a immaginare visto che era nata in un paese cattolicissimo nel 1908. Sarà cresciuta in una famiglia progressista, suppongo), in America era pura utopia. Ecco, per me all'incirca è lo stesso. Si parva licet. Non è che io sia venuta su in una comune di esuli delle FARC, tutt'altro. La mia è una famiglia di quieta e direi quasi stolida consistenza borghese. Ogni tanto qualcuno chiede a mia madre. Te lo ricordi il '68? E lei risponde: e come no. Prima del '69 e dopo il '67. E io facevo le stesse cose in tutti e 3 i casi: cucivano, pulivo, cambiavo pannolini. Mio padre, più o meno, è uguale. Andava in banca. Tornava dalla banca. Punto. Casa mia non era quel che si dice un ricettacolo di fermenti rivoluzionari. E malgrado questo a me la parità pare una cosa talmente ovvia che non vale nemmeno la pena stare a discutere. Discutere di cosa? E non solo. Fate pure entrare una di quelle viscide mezze seghe capaci di alzare le mani su una donna. Datelo a me, che già sento il riflesso fisiologico dell'allungamento dei canini e la crescita smisurata delle unghie.. Me ne occupo io. E credo sia proprio perché subliminalmente porto scritte certe inclinazioni in fronte, luminose come un'insegna al neon, che nessun uomo di quel tipo ha mai transitato neppure per la tangenziale che porta dalle mie parti. Se proprio devo essere spudoratamente sincera, sono piuttosto io che un paio di pizze in qualche occasione le ho mollate. Però erano piene d'amore, e più simboliche che altro, per cui penso di meritare indulgenza.

E allora i conti a me non tornano. Perché donne che oggi hanno tutti i mezzi culturali e cognitivi per non tollerare la violenza, la assolvono implicitamente? Perché non sono capaci di mettere un limiti a ciò che è intollerabile?

Tempo fa ero al mercato. C'era un ragazzino lagnoso che bloccava il passaggio. La madre in penoso imbarazzo cercava di convincerlo a fare non so che. Io ho sorriso al bambino, gli ho detto qualcosa di quieto e consolatorio. Lui mi si è avvicinato, mi ha guardato un secondo, e poi, a freddo, mi ha mollato un calcio negli stinchi della madonna. La cosa fenomenale è stata la reazione della madre. Un altro po' si metteva in ginocchio per scusarsi. La sua umiliazione era palese, e così la sua vergogna. Ma al piccolo stronzetto non ha detto una parola di rimprovero, nemmeno formale.

Quindi può essere che la soluzione stia da queste parti, e sia chiaro che intendo metterla giù dura perché sono stufa di appartenere a un genere che insiste a velarsi del sacro ruolo della pittima sacrificale come se essere donna comportasse l'accettazione di un marchio di violenza mai completamente evitabile per definizione ontologica Da qualche parte lo dice anche la De Gregorio, anche se lo fa con più indulgenza di quanto sarei disposta a fare io. La poca indulgenza dipende dal fatto che, come dico spesso, io raramente solidarizzo con le vittime, a meno che non ci sia di mezzo un tifone tropicale, perché quasi sempre una vittima è un personaggio che si sceglie un ruolo come potrebbe assumerne un altro. E' un'opzione lecita, però bisogna avere anche il fegato di caricarsi le responsabilità che comporta.

In estrema sintesi. Non c'è un motivo al mondo per cui oggi le donne occidentali debbano soffrire di un complesso di inferiorità. Non c'è un motivo al mondo per cui debbano accettare di vedersi fisicamente umiliate da un uomo. Ma ogni stronzo picchiatore è stato bambino e ha ricevuto un'educazione, presumibilmente da una donna. Per cui, cazzo, ricordatene la prossima volta che un uomo ti umilia. Non è solo quello che fa a te. E' quello che tuo figlio si sentirà autorizzato a fare a un'altra fra qualche anno, è quello che tua figlia si sentirà in dovere di subire, se non ti vedranno dire chiaramente: no, stronzo. A me questo non lo fai.

 
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