Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
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Messaggi di Novembre 2008
Adesso che una volta al mese me ne vado in giro da sola per l'Italia, mio marito ha deciso di dotarmi di catene da neve perché in effetti non si sa mai. La settimana scorsa, per dire, ho schivato la nevicata del secolo di 24 ore. Fossi partita la mattina dopo, a quest'ora ero ancora per strada. Oltretutto, non so se ne siete al corrente, quando attacca a nevicare o anche solo c'è preavviso di minaccia, la polizia stradale fa controlli, e se non hai le catene in auto, ti invita solertemente a toglierti dai piedi. In autostrada senza catene in quelle circostanze non puoi circolare. Il che è sensato. Ché se ti metti in testa di farlo e poi la macchina ti pattina per traverso alla carreggiata bloccando il traffico, non è bello per nessuno. Insomma mio marito, uomo affettuosissimo, preoccupato per me, decide di portarmi dal gommista Siro ad acquistare le catene da neve. Il gommista Siro è un uomo affettuosissimo anche lui, forse perché è stato un compagno di scuola di mio marito. Si vede che era tutta una classe particolarmente affettuosa. Insomma l'affettuosissimo Siro mi mostra come si montano le catene da neve. Io cerco di spiegargli: Siro, tu mi sopravvaluti. Io posso solo sperare che se mi trovo da sola e attacca a nevicare, qualcuno abbia pietà di me, oppure si faccia intortare dal mio fascino maturo. Ma Siro non vuole sentire ragioni. Mi dice: è una cosa semplicissima. Sono fatte apposta per gli idioti – e qui fa una pausa a effetto di cui ho apprezzato soprattutto il perfetto controllo dei tempi comici - è un brevetto che hanno copiato tutti perché qualsiasi cretino capisce come vanno montate. Mi devi solo guardare. Uno, due, tre. Fatto. Visto? Dimmi che era difficile. No, in effetti, visto così non sembra difficile. Ma io mi conosco, e in cuor mio continuo a riporre speranze molte più concrete in un ipotetico, cordiale samaritano, o nella mia impercettibile inclinazione alla promiscuità che si accentua molto in caso di bisogno, credo per una specie di riflesso darwiniano. E va bene: lasciamo la rimessa di Siro, l'affettuoso gommista, provvisti di una confezione di catene da neve nel portabagagli. Percorriamo quasi 15 chilometri. D'improvviso, mentre siamo fermi a un semaforo, mio marito come colto da un'improvvisa illuminazione, si volta verso di me e mi domanda: oh, dico. Tu sai su quali ruote vanno montate le catene da neve, vero? Io lo guardo esterrefatta, perché non sono stupida. Intuisco che le implicazioni della domanda scavano un solco profondo nella mia modesta rete di competenze che credevo però sufficienti a gestire l'emergenza. Tremando gli rispondo: come quali? Non vanno su tutte e quattro? Mio marito ha un tremito impercettibile, fa una specie di singhiozzo strozzato, e poi si accascia sullo sterzo. Credete a me. Non è un bello spettacolo. |
Post n°361 pubblicato il 27 Novembre 2008 da middlemarch_g
E’ cominciata così: Inviato da lupopezzato il 27/11/08 @ 09:39 via WEB Prendi un elefante. Mettilo in una stanza. Prendi tre persone e chiudile in quella stanza con l’elefante. Poi dopo un giorno togli l’elefante e chiedi ad ogni persona di descriverti com’era l’elefante. Alla fine scoprirai che in quella stanza c’erano 5 elefanti. Io ho risposto così: Inviato da middlemarch_g il 27/11/08 @ 09:59 via WEB Concordo con la liceità empirica dell'elefante 1/2/3/5. Nego assolutamente diritto di esistere all'elefante 4. Non esiste alcuna realtà osservata al di fuori della mente di un osservatore. Nè per gli elefanti, nè per altre specie animali, vegetali o minerali. A un certo punto, siccome s’è fatta una certa, me ne sono andata in pausa pranzo meditando su questa e altre cose. Avevo un libro in mano, La riscoperta della mente, di John R. Searle. Ed ecco cosa dice nell’introduzione: uno dei compiti più difficili della filosofia è chiarire la distinzione tra le proprietà del mondo intrinseche, che esistono cioè indipendentemente da qualunque osservatore, e quelle relative a un osservatore, la cui esistenza dipende cioè da un osservatore o fruitore esterno. La massa è una proprietà intrinseca degli oggetti: se anche noi morissimo, ogni oggetto avrebbe comunque la propria massa. L’essere una vasca da bagno non è invece una proprietà intrinseca: essa esiste solo in relazione a qualcuno che utilizza l’oggetto in questione e ad un osservatore che gli assegna quella funzione. Avere una massa è intrinseco, essere una vasca da bagno è relativo all’osservatore, anche se l’oggetto ha una massa ed è proprio una vasca da bagno. Ecco perché esiste una scienza della natura – la fisica – che si occupa della massa ma non esiste una ‘scienza naturale delle vasche da bagno’. Quello che penso io è che, ammesso che questa storia della massa intrinseca sia poi vera fino in fondo – però qui ci addentriamo in paludi speculative assolutamente sproporzionate rispetto alle mie possibilità – è anche scarsamente significativa ai fini di un tranquillo decorso dell’esistenza. Perché alla maggior parte delle persone, quando suona la sveglia al mattino, non frega un’emerita mazza delle proprietà intriseche della realtà, ma frega invece moltissimo della possibilità di interagire con una vasca da bagno. Ed è qui che nascono tutti i problemi. Siamo individui evoluti. La massa sarà anche oggettiva, ma ci lascia del tutto indifferenti. Ma provate voi a trovare un accordo universale sull’univocità di visione delle vasche da bagno, e poi ditemi se non succede un macello. |
Io la radio non l’ho mai ascoltata molto. Da queste parti però c’è una stazione favolosa che si chiama Gamma 5. Suppongo che di roba simile sia piena la penisola. Solo che, francamente, belle come questa stento a immaginarmele. Le pagine del sito con le foto dello staff sono fenomenali. Per le foto. Per i commenti delle foto. E perché hai voglia a raccontarti che si tratta dello staff. Non è lo staff. E’ l’utenza. La totalità degli ascoltatori. Lo capisci quando ascolti le telefonate in diretta. Sono sempre loro che si chiamano e si salutano. Praticamente uin condominio virtuale. Parlano in diretta del tema del giorno, ma anche dei turni di ritiro della spazzatura o della pulizia delle scale. Il palinsesto è ancora più fenomenale. Due volte su tre, la trasmissione è così denominata: speaker a turno. Praticamente se c’è un massaia che ha una mezz’ora libera tra il ritiro della biancheria e il l’inizio della mantecatura del baccalà, fa un salto in redazione e commenta qualcosa. Siccome io l’improvvisazione la adoro, e francamente depreco il fatto che abbia sempre meno spazio in questo mondo – ma sia chiaro che per improvvisazione intendo qualcosa di incontaminato ed esplicito come questo, non le fregnacce teoriche che si ammantano magari di terminologia scientifica, preferibilmente in inglese, e che sono ugualmente inconsapevoli pur pretendendo di essere prese per severe dottrine fenomenologiche – li ascolto sempre molto volentieri. E non è perché trasmettano da un garage, non è perché sono strepitosamente naif, non è nemmeno perché parlano in dialetto stretto – tutte cose che credo accomunino migliaia di volontari dell’etere in ogni provincia italiana – è perché con queste premesse si mettono in testa di trattare temi fenomenali. Riuscite a immaginarvi Democrito spiegato in Veneto? O il Libro tibetano dei morti di Padma Sambhava? Che poi non mi pare che dicano nemmeno delle cazzate particolarmente deflagranti, a modo loro ne danno una lettura che scorre. Solo che in veneto l’effetto è esilarante. Poi, certo, a volte si lanciano senza rete tra un dirupo concettuale e l’altro, e le conseguenze sono quelle che sono. Oggi per esempio annaspavano come ippopotami in una pozzanghera per definire il concetto di archetipo. Da Platone alla psicanalisi. Un bel viaggetto. E insomma a un certo punto uno fa: la parola deriva dal greco, archè, principio, e topos, luogo. Il luogo dove tutto comincia. Ahhhh, vedi? Archè, topos. I famosi archetOpi. Gli archetOpi originari. Certo, Jung in effetti li chiamava in un altro modo. Ma quello era svizzero, come il gruviera. Per cui parliamoci francamente: che cacchio vuoi che ne capisse? |
Post n°359 pubblicato il 26 Novembre 2008 da middlemarch_g
Piacere alle donne! E' questo il desiderio che arde in quasi tutti. Essere con tutta la potenza del talento un uomo d'eccezione, ammirato, adulato, amato, in grado di cogliere quasi a suo piacimento quei frutti di carne viva di cui siamo affamati. Guy de Maupassant A parte il fatto che mi compiaccio parecchio di appartenere a una categoria che può essere definita frutto di carne viva, non mi trovo tanto d'accordo col signor Maupassant. Almeno io, in quanto frutto di carne viva, per farmi venire voglia di essere mozzicata non ho necessariamente bisogno di un uomo adulato, amato e ammirato. Anzi. Se è un po' stronzo e detestato in genere mi piace anche di più. Stimola parecchio il mio desiderio di essere addentata. Ero indecisa se scrivere questa cosa perchè scommetto che se per caso ripassa quella bimba acida che circolava da queste parti la settimana scorsa, ascriverà il post alla categoria per tirare cazzi. E questo sebbene non vi compaia l'immagine di alcune sezione anatomica del mio corpo. Con scarpe rosse o senza. E' vero che aveva anche pietosamente aggiunto: però tu lo fai con un po' più di testa e di cultura. Ora: qui si parte con una citazione di Maupassant. Quindi testa e cultura sono coperte. Per cui direi che posso procedere. Ma si, vado. Lo pubblico. Anche perchè in fondo, in ultimissima analisi: ma a me dell'acida chemmefrega? |
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