Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
 

Messaggi di Agosto 2009

I'll be out of office

Post n°555 pubblicato il 28 Agosto 2009 da middlemarch_g

Vabbe', ve ne siete andati tutti a sollazzarvi al mare o ai monti, vero? Perché a parte poche eccezioni (tipo il Piazza che non s'è mai allontanato molto a lungo) vi ho sentiti silenti in parecchi e a lungo.

Bravi. Avete fatto bene. Spero vi siate divertiti e riposati. Adesso me ne vado io, verso la Provenza o giù di lì, e ci risentiamo dopo metà settembre.

Divertitevi. E pensatemi, eh? Che io vi penso sempre.
Giuro.

lavanda

 

 
 
 

Piccoli crimini contro l'amore

Post n°554 pubblicato il 28 Agosto 2009 da middlemarch_g
 

Qui siamo dalle parti del vero fenomeno metafisico. Se solo non mi fossi rivoltata dalle risate come in preda al delirium tremens durante l'intera lettura dell'articolo, avrei potuto abbozzare anche un principio di indagine a sfondo psicodinamico. Ma vi dico la verità, non mi è stato possibile.

Andate, andate a leggere l'articolo. Poi tornate qui e lo commentiamo insieme. Fatto? Bravi.

Per prima cosa, avete notato le didiscalie delle prime due foto? Perché è dai particolari che si riconosce il genio, sapete? Dall'amore per i piccoli dettagli. La prima, a mio parere la migliore, dice: devoted wife amanda with her husband and sexomaniac tim, che ti spinge a immaginare che avrebbero potuto serenamente aggiungere anche qualcosa come: in the garden, at their shoulder, you can see the dissolute rohdondendron and the promiscuous poinsetia. On the left angle you can also recognize three fingers of Alfred's hand. Alfred, the ambigous neighbour, you know... Tanto, visto che giochiamo aggettivando a cazzo, tanto vale appiccicare un post it di poco impegno a tutto quello che si vede in stile fumettistico, che così fin da subito si capisce in che conto terremo le valutazioni scientifiche del fenomeno da qui in poi.

Ma la cosa che ti sconcerta è l'assunto di base. Dopo 14 anni hai un marito che si sveglia spesso durante la notte con la voglia di fare sesso come un  adolescente, e tu lo porti dal dottore e lo sottoponi a indagine finchè non si raccatta una patologia adeguata a inquadrarlo clinicamente e non se ne fa un malato? Ma proviamo a rovesciare l'approccio al fenomeno: non potrebbe essere magari che, avendo un marito che ha spesso voglia di fare sesso, e avendo tu considerato la cosa come un'aberrazione lombrosiana, la pulsione in lui abbia finito per assumere delle caratteristiche in effetti un po' ridondanti? Che poi, da come la vedo io, l'unica cosa sinceramente seccante è l'inutile massacro di camicie da notte. Ma insomma per quello una soluzione si trova. Al limite ti metti una copertina in più, dormi nuda, e il problema è risolto.

Ora qui si dice che al mattino lui non ricorda, il che in effetti è strano. Ma qualcuno ci spiega se questo curioso fenomeno di amnesia si è verificato fin da subito, e  se per caso non è la diretta conseguenza dell'assunto concettuale per cui uno che si sveglia la notte e vuole fare sesso deve essere per forza un malato di mente? Perché potrebbe esserci un legame, no?

Ma poi il punto che mi ha fatto veramente incazzare è quello in cui la moglie, con magnanimi accenti, fa intuire tra le righe che la situazione è insopportabile e purtuttavia lei sopporta, perché sa che il pervertito che si scatena la notte non è l'uomo che ha sposato.

A me, come causa scatenante di una patologia, questa basta e avanza, ed è un'esperienza che da bambini facciamo quasi tutti. Veniamo amati e accettati solo a condizione che: siamo bravi, siamo ubbidienti, siamo rispettosi. Tutto il resto no. Tutto il resto non è degno d'amore perché non si confà alle aspettative di chi si occupa di noi, per cui va rimosso e schiacciato in qualche provincia periferica dell'inconscio dove passerà la vita ad alimentare le nostre ombre e a sabotare ogni tentativo di diventare creature amorevoli e complete. Per quello che ne so io, questa è l'eziologia più frequente di tutto l'arco parlamentare dei disturbi psicologici, dalle piccole nevrosi alla schizofrenia paranoide: l'amore condizionato.

Quando ami una persona, la ami tutta, non a scacchiera secondo i tuoi comodi prerequisiti. E se non ce la fai - è tuo diritto naturalmente perché amare non è un obbligo - allora lascia stare. Ritagliare la personalità di una creatura che diciamo di amare perché ci aderisca addosso e si conformi ai nostri desideri non è amore, è sartoria da macellai. E quella si che è davvero una patologia.

 
 
 

Pratiche devozionali per cuori puri

Post n°553 pubblicato il 27 Agosto 2009 da middlemarch_g
 

Tutto cominciò a causa della forza delle parole.

Io non faccio che dirlo, non faccio che pensarlo. Che il sesso migliore del mondo è questo, quello che è frutto della forza delle parole. Per quel che mi riguarda è anche l'unico tipo di sesso che vale la pena praticare. Il sesso è religione. Se non è religioso, è solo masturbazione condivisa. Ma per capirlo bisogna arrivarci in odore di santità. E non è da tutti.

Storia bellissima. Voi non l'avete sentita, ma io si. E sono felice di averla ascoltata.

 
 
 

Grandma

Post n°552 pubblicato il 25 Agosto 2009 da middlemarch_g
 

Mia nonna Marcella faceva una pastiera imperiale.

La pastiera è un dolce napoletano, e siccome lei era nata al Vomero, direi che quel talento da Dea della Pastiera dimostrava una sua inesorabile e logica coerenza. Per quel che riesco a ricordare questa era l’unica cosa in lei con una sua inesorabile e logica coerenza, perché per il resto era una donna piuttosto squinternata, e non necessariamente nel senso affettuoso del termine. Diciamo che non era una nonna di tipo tradizionale. Oltretutto io non ero la nipote che sognava di avere. E le due cose occasionalmente hanno partorito conflitti piuttosto deflagranti, anche perché non sono mai stata beneficiata da un animus da educanda propensa a stemperare il clima o ripiegare verso atti di pacifica mansuetudine per amore di carità. Io sono piuttosto il tipo che dà fuoco alle polveri. Specie quando avevo vent’anni, che insomma, per definizione, è un’età da Artificieri del Male. Oggi però l’ho rivalutata. In fondo riconosco che sapeva esercitare uno strano fascino maliardo da donna appassionata della vita, anche se quasi solo nelle sue varianti più prosaiche e mondane, e una propensione alla socialità che faceva di lei una persona capace di stare allegramente in compagnia. E poi romanzava la verità. Lo facciamo tutti d’accordo, ma mica tutti siamo capaci di vero talento. Lei si, lo sapeva fare. Si rigirava l’oggettività di certe storie come un Maître pâtissier con una crêpe, e alla fine si ritagliava addosso la versione che le si addiceva meglio secondo un suo personalissimo criterio di onestà che poi difendeva con le unghie e con i denti. Voi dite quello che vi pare, ma secondo me questa è una qualità essenziale se intendi scrivere una bella storia. Se non sei capace di imporre il peso della tua visione soggettiva, secondo me non sarai mai un vero incantatore. E poi la verità è sopravvalutata. Ammesso che esista.

Cucinava bene qualsiasi cosa - mi ricordo ancora di certe caponate! E il sugo al pomodoro che a me d‘abitudine fa schifo! Solo che il suo non era un sugo al pomodoro qualsiasi, era nettare e ambrosia, era quintessenza di sugo in quintessenza di pomodoro! - ma la pastiera le veniva via come un capolavoro di oreficeria gastronomica. Infatti quando si metteva all’opera ne preparava dieci o dodici in contemporanea. Lo faceva per l’intera famiglia, e aveva quattro figli, otto sorelle e centododicimila nipoti, per cui ci impiegava due giorni lavorando tutto a mano. Compresa la pastafrolla, ça va sans dire. Era un sacrificio, d’accordo, ma si poteva sopportare, tenuto conto che in omaggio alla tradizione veniva fatto una sola volta l‘anno, a Pasqua, e poi zero tituli fino all’anno successivo. Credo che sia una scelta obbligata dalla qualità della ricotta prodotta col latte delle mucche che mangiano l’erbetta novella. L’erba ha un sapore particolare, una specie di primizia, e il latte delle mucche ne risente positivamente. Per cui se vuoi fare una pastiera coi controcazzi hai quella finestra temporale ristrettissima di un paio di settimane, una breccia nello spaziotempo di cui devi sapere approfittare, altrimenti l’orizzonte ti si richiude a tenaglia e la tua pastiera non sarà più che un modesto succedaneo indegno di questo nome.

Non so se c’è una vera ragione per cui vi racconto questa microstoria familiare che, me ne rendo conto, non ha proprio le risonanze epiche del Cid Campeador, e non so bene nemmeno perché mi sia tornata in mente. Forse perché verso quelle pastiere ho un tremendo e doppio rimpianto. Il primo è che ne ho mangiate davvero poche, una quantità risibile se rapportata all’estensione biografica che io e mia nonna abbiamo condiviso, e questo per colpa di un’ambiguità epistemologica di cui ancora oggi non mi faccio una ragione, e che ha fatto sì che rifiutassi severamente di mangiare pastiere per anni. Credevo di schifare i canditi. Invece non era vero, li confondevo con l’uvetta per colpa del panettone, che li contiene entrambi, e io non sono mai stata il tipo da far caso a certi dettagli anatomo-gastronomici. Per me i pezzetti di roba infestante dentro al panettone erano tutti della stessa natura, e io sapevo solo che non ci volevo avere niente a che fare. Ci ho messo anni a capire che non erano la stessa cosa, e quando finalmente ho iniziato a comprendere l’entità saporosa di quello che mi ero persa, s’era fatto troppo tardi. La parabola terrena di mia nonna era in esaurimento. Visse abbastanza a lungo perché mi rendessi conto di cosa m'ero persa, ma se ne andò molto prima che potessi seriamente pensare di rifarmi.

E il secondo rimpianto è che fui l’unica nipote ad assistere al sacro rito della preparazione. La 48 ore delle pastiere in batteria. La ierogamia del grano cotto con la la ricotta in una superiore simbiosi di dolcezza. Non volevo che quel sapere andasse perduto, e non lo voleva neanche lei. Così presi appunti, poi trascrissi tutto religiosamente sul mio pc, lo plastificai, lo inserii nel mio quadernetto di ricette, e lo passai a mia cugina che mi chiese di poterne avere una copia. E in un momento e un luogo imprecisato fra casa sua e casa mia, la ricetta di perse. Oggi penso a mia nonna un po’ come a certe mummie egizie sepolte coi loro servi e i loro cavalli e tutto quello di cui potevano avere bisogno oltre l‘esistenza terrena. Mia nonna s’è portato il segreto della sua pastiera nella tomba. Ed è una delle cose che mi dispiace di più nella vita. Perché sono arrivata a un’età in cui comincio a comprendere il valore della sacralità che accompagna l’atto di onorare le proprie radici - nessuno sfugge al confronto con il suo Muladhara - e preparare una pastiera perfetta come sintesi ultima di un'intera catena generazionale che risaliva ai normanni, sarebbe stato un gran bel modo di farlo.

Se non altro, particolarmente adatto alla mia natura.

 
 
 

Asincronicità

Post n°551 pubblicato il 25 Agosto 2009 da middlemarch_g
 

Io, in amore, non ho mai davvero capito se cercare di spiegarsi sia una buona idea o un'utopistica perdita di tempo.

Sulla carta non sembra un'iniziativa peregrina. Ti metti seduto a un tavolo e con calma, senza recriminare - perché se attacchi con le recriminazioni vuol dire che è già un bel po' che stai mandando giù senza fiatare e questo inquina lucidità e chiarezza di vedute - cerchi di spiegarti: a me questa cosa non piace. Fa male. Possiamo provare in un altro modo?

Solo che poi al dunque non mi riesce mai. Non so bene perché. E' come se mi aspettassi sempre dall'amore condiviso una chiarezza e una sincronicità di emozioni che nella realtà non esistono. Nella realtà l'amore va educato. Reciprocamente. Nella pratica invece continuo ad aspettarmi che arrivi già perfettamente istruito in ortografia e sintassi. E quando mi soprende cannando un congiuntivo, invece di riprenderlo amorevolmente, ho subito l'istinto di afferrare la matita blu e sottolineare due volte: errore! Il bello poi è che tecnicamente non faccio neanche questo. Lo penso. E metto in conto. Però sto zitta. Mi alzo dal tavolo delle trattative, prendo la porta, e me ne vado, perché le donne querule mi hanno sempre devastato le ovaie e non mi attira l'idea di diventare una di loro. Ma magari anche perché me la faccio sotto dalla fifa, chi può dirlo. 

C'è questo mostro di gelatina che mi porto dentro, che sabota tutte le mie iniziativa di amorevole prudenza, e ad ogni sforzo di comprensione mi ribatte lo stesso chiodo con la sua lingua biforcuta: se non gli viene spontaneo, se glielo devi spiegare, ammesso che lo faccia poi che valore avrà? 

Per questo alla fine non trovo mai niente di meglio da fare che andarmene. Mi manca una terza via praticabile. 

Sarei stata proprio una sindacalista di merda.

 
 
 

Great expectations

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

 

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