Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
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Messaggi di Febbraio 2012
Periodo di elezioni degli organismi dirigenti dell'ateneo di Padova, di cui fanno parte - com'è giusto che sia - membri eletti fra il corpo docente, non docente, e discente. Sulla carta è anche bello. Certo, ti devi sforzare di sorvolare su alcuni dettagli tecnici tipo che il voto di un docente vale uno, e quello di un tecnico amministrativo invece un quarto. Per cui ci vogliono 4 tecnici amministrativi per pesare come un docente. Il che, sotto il profilo autopercettivo della perfetta forma fisica dopo le feste di Natale, ha anche delle ricadute psicologiche positive, ma sotto quello del riconoscimento delle rispettive professionalità invece, richiama certe eco modernissime tipo la suddivisione in vassalli, valvassori e valvassini, che dopo il Concilio di Guastalla credevamo francamente di esserci lasciati alle spalle. Comunque, come dicevo, di per sè non sarebbe una brutta cosa. Decidere di concerto i comuni destini dell'alma mater studiorum. A me non dispiace come idea. In effetti io sono fatta per lo spirito di corpo, lo dico senza nessuna ironia. Sarei stata un ottimo soldato. Non proprio usa a obbedir tacendo - perché per farmi tacere amme mi devi prendere a roncolate - ma l'ubbidienza a un superiore ideale - se l'ideale merita - è una cosa che mi viene abbastanza naturale. Certo però che quando il collega del Dipartimento di Microbiologia invia a me e a tutto il personale di ateneo una mail a supporto della sua candidatura che si conclude con: VOTA PierANTONIO! VOTA PierANTONIO! VOTA PierANTONIO! be', ahivoglia l'ironia, la citazione semicolta, il coraggio della boutade, il talento di sdrammatizzare il serioso clima accademico. A me viene solo da mandarti a cagare. A prescindere.
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Io non sono schifiltosa. Mai stata. Anzi, m'ha fatto sempre specie l'incapacità di condividere, entro i limiti della ragionevolezza, il contatto organico con altre persone. Se ti fa schifo bere dal bicchiere su cui ha posato le labbra qualcun altro, poi dovresti astenerti anche dal baciare. Soprattutto con la lingua. E siccome baciare mi piace parecchio, specie sotto la luna, non trovo particolarmente contaminante l'idea di usare il bicchiere di una persona che conosco. Vale lo stesso se mi cade un cucchiaino per terra in casa. Gli do una passatina col tovagliolo e sono certa che non contrarrò nessun morbo particolare. Oddio, mi ricordo ancora di certe pratiche estreme di cui erano appassionate le mistiche medievali che studiavo all'università, che erano un filino borderline anche per me. Posso fare a meno dell'esperienza di bermi l'acqua con cui ho ripulito le piaghe di un lebbroso, ve lo dico sinceramente. Oltre al fatto che a parte lo schifo in sè, a starmi sul culo è soprattutto la sottomarca di etica cristiana che sta alla base del gesto. Quella per cui più gravi sono le sofferenze gratuite che ti procuri, più compiacerai il Signore Dio tuo. Come se il Signore Dio Nostro fosse un pizzicagnolo col registratore di cassa della ditta Dolore & Disperazione: ehhh, il lordume di un lebbroso! Ingollato un sorso alla volta poi! Mica mandato giù tutto insieme che passa la paura e non te ne accorgi nemmeno. Qui andiamo su col prezzo signora, complimenti. Che faccio, lascio? Ho sempre pensato che questa cosa abbia molto contribuito alla mia salute di ferro, perché è palese che il mio organismo pratica una sana convivenza coi virus. I virus, si sa, sono fatti così. Creaturine permalose. Se non gli apri mai la porta di casa e sterilizzi ogni possibile accesso, poi alla prima occasione in cui ti dimentichi uno spiffero di finestra aperta, ti entrano dentro a legioni con tutte le loro belle masserizie, e si accampano indisturbati nella prima mucosa disponibile. Ma se invece ti preoccupi di riceverli regolarmente ogni tanto - un thè, un caffè, du' spaghi cacio e pepe - e li fai sentire in casa propria, puoi star certo che non si fermano mai a lungo. Avrò avuto l'ultima influenza 15 anni fa, a dir poco, e in generale non mi prendo mai niente, nemmeno negli ambienti brulicanti di bacilli. Ho degli anticorpi grossi come bacarozzi. A parte qualche mal di testa che dipende essenzialmente dal fatto che sto troppo al computer, sono sana come un pesce vaccinato. Tutto ciò premesso, mi capita sempre più spesso di pormi questa domanda: ma a che cazzo serve che mi incarti il filoncino coi guanti di plastica, se poi i soldi che ti porgo me li prendi con le stesse mani incelophanate con cui servi la prossima cliente? E' come mettersi un preservativo durante la penetrazione, e poi, dopo, darsi una leccatina su una ferita sanguinante. Tanto vale il sesso non protetto, allora. Perché al limite può anche valere la pena correre qualche rischio nella vita. Però almeno prima godi.
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Nel mio lavoro sono bravina con le banche dati. So che può sembrare strano, ma oggi i bibliotecari non sono più quelli di una volta. Uno pensa al tipo arcigno che ti assegna un libro in prestito e ti rimprovera per un ritardo nella restituzione, ma è un po' un'immaginetta iconografica tipo santino dei protomartiri coi gigli candidi e gli occhi rivolti al cielo. All'università le risorse ormai sono quasi tutte elettroniche e di cartaceo è rimasto ben poco. Secondo me anche chiamarle 'biblioteche' è una cosa che facciamo più che altro in omaggio alla tradizione. Oggi una biblioteca universitaria di fatto è un'agenzia di servizi bibliografici, e il mio lavoro al 95% si svolge di fronte a un computer a configurare risorse oppure a spiegare come si interrogano. Intendiamoci, di tecnologia non capisco una mazza, ma questo non conta perché i sistemi non devo progettarli io. Però se parliamo dei contenuti e di architettura dell'informazione - come si progetta, come si indicizza, come si recupera, come si esporta, come si riduce per ulteriori finalità informative - allora gliel'ammollo abbastanza. Ormai quello che distingue uno strumento di qualità non è più il software - quello è l'ABC e ce l'hanno tutti - ma la capacità di organizzare il materiale informativo in modo che sia massimamente utile e fruibile dall'utente. E siccome su questo due acche ne so, ormai nelle commissioni interpolo di valutazione di riffa o di raffa mi ci cacciano spesso. Insomma in questi giorni con i colleghi stiamo valutanto un prodotto italiano di cui non farò il nome. Diciamo che è la banca dati di un prestigioso quotidiano nazionale che contiene anche moltissime risorse utili a tutti quei professionisti che si occupano di economia, di finanza, o di legge. Infatti in origine è nata per loro. I singoli professinisti, dico. Poi si sono accorti che poteva servire anche alla ricerca universitaria di quello stesso ambito disciplinare, e ne hanno fatto una versione più ambiziosa. Ve lo racconto perché il tipo di prodotto creato e le finalità seguite per farlo, chiariscono perfettamente perché questo paese, a meno che tu non abbia proprio le coordinate precise-precise, dal satellite risulta spesso indistinguibile dal Botswana. E sia detto con tutto il rispetto per il Botswana. Di norma non lavoro mai con banche dati italiane. Nel mio settore sono inesistenti. Quelle che acquistiamo sono sempre di area nordamericana o nordeuropea, e la cosa vale in generale per tutte le discipline scientifiche. E' solo in ambito umanistico, e in minima parte in quello delle scienze sociali, che gli editori italiani si possono ancora permettere di produrre banche dati sperando che qualcuno disponga della fibra morale per comprargliele, perché il dislivello di prestazioni è talmente clamoroso che risulta davvero dura convincere qualcuno a cacciare delle svanziche per portarsi a casa dei prodotti che stanno al medio database come la telescrivente all'iPhone. Devi essere proprio amante del vintage, insomma. E il vintage è roba da collezionisti, non da ricercatori. Ora, se parliamo di banche dati italiane che esistono da qualche anno sul mercato, be', non puoi fargliene una colpa. In questi tempi di vacche magre, con finanziamenti sempre più ridotti all'osso, se t'eri progettato la tua microbanchina a vapore 10 anni fa coi criteri di allora, non è certo adesso che puoi permetterti di ripensarla da capo a piedi e farne una versione decente. Ti limiti a implementare l'archivio dei dati di anno in anno riutilizzano il software a petrolio che avevi in orgine, e preghi che nessun baco ti impalli il sistema. Ma la banca dati di cui parlo è finanziata invece da un grosso (e dico grosso) ente nazionale, ed è stata progettata proprio ora per le precise finalità di servire alla ricerca universitaria, che, come capisce qualsiasi cretino, ha esigenze diverse da quelle del singolo commercialista o notaio di quartiere. Io sono solo una bibliotecaria, per cui di politche commerciali so un piffero, epperò mi domando: quando investi qualche centinaia di migliaia di euro per realizzare un progetto di questo tipo dal niente, per prima cosa, ma proprio prima ancora di cominciare a fare la lista della cancelleria penna-e-matita per approntarsi l'ufficetto destinato al progetto, non vai a dare un'occhiata a quel che producono i tuoi competitor? Non verifichi come sono fatti gli strumenti di questo tipo sul mercato? Come lavorano? Quali prestazioni offrono? Perché nessuno dice che tu debba saperlo di tua cultura personale. Se non hai mai prodotto per la ricerca è ragionevole che tu abbia le idee confuse. Ma proprio per questo, prima di cominciare a fare una cosa di cui di base non sai un cazzo, non vi sembra sensato cercare di capire di che si tratta? Ecco, loro non l'hanno fatto. E se l'hanno fatto non hanno capito una mazza, ma sono quasi certa che non l'hanno fatto. Perché ho poste certe domandine per capire durante la presentazione, e ho visto il commerciale cadere dalle nuvole. Il risultato è un prodotto che offre prestazioni che sotto certi profili sono mesozoiche. Giuro che è difficile spiegare il senso di sconcerto che serpeggiava in sala tra i colleghi mentre l'omino ci spiegava quant'era avanzato lo strumento. Come se uno ti parlasse di avanguardia tecnologica della comunicazione sbandierando una radio a transistor. E' stato capace di tronfieggiare come un tacchino sui prodigi dell'accesso di sistema tramite riconoscimento IP invece dell'obsoleto account con login/password! Saranno 10 anni almeno che perfino gli atenei più scalcagnati di un paese tecnologicamente arretrato come il nostro hanno connessioni LAN e accedono tramite riconoscimento IP! Vabbè, piantiamola qui che mi sono dilungata abbastanza e il tema per me è assai penoso, soprattutto perché questa accrocchio indigeribile ormai l'abbiamo comprato e occorre mandarlo giù volente o nolente. Costasse poco almeno. Ma no. Manco quello. Comunque, dicevo: l'Itaglia Itagliana. Non finisce mai di stupirti. E io lo so, lo so bene che in questa penisola non abita solo gente fatta così. Eppure, non so bene com'è, sono sempre questi che incontri per strada, oh.
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Il parrucchiere è un elemento importante nella vita di una donna. Non so perché, ma davo per scontato che venendo a vivere in città le cose per me sotto questo profilo potessero solo migliore. Certo, preventivavo un verosimile aumento dei prezzi. Però avevo calcolato che riducendo la frequenza potevo starci dentro tranquillamente. E invece comincio ad essere un pochino preoccupata. Il primo esperimento, poi ripetuto una seconda volta un paio di settimane dopo, è naufragato mestamente il mese scorso. Eravano partiti benino, solo che poi al secondo tentativo hanno messo su una tale pantomima per convincemi ad acquistare il loro prodotto ricostituente, che m'è venuta la malinconia. A me piace avere rapporti cordiali con le persone. Per cui quando mi accorgo che approfitti di ogni mio mezzo sorriso per rifilarmi qualcosa a benificio dell'incremento del tuo 740, non riesco più ad essere tanto spontanea. 'Poco male' mi sono detta. 'Sono in città. Qua intorno è pieno di perucones'. Solo che poi a una disamina più attenta mi sono resa conto che l'abbondanza era più formale che sostanziale. Ce n'è uno a cento metri da casa mia, proprio dietro l'angolo, davanti a cui sono passata venerdì pomeriggio e sabato mattina, e in entrambi i casi l'ho trovato chiuso. Come se una chiesa fosse sbarrata la notte di Natale. Malgrado l'apparenza - dai vetri si vede quel che sembra un parrucchiare normale - do per scontato che l'attività sia morta e sepolta. Sul vialone dei negozi ce n'è un altro, 'La Parigina', ma visto da fuori esercita su di me lo stesso potere di attrazione delle lesbiche su Giovanardi, oppure di Giovanardi su di me. Sembra un salone della periferia di Catanzaro rinnovato negli arredi giusto ai tempi dell'ascesa al soglio pontificio di Paolo VI. Con assoluta coerenza di continuità estetica, l'età media delle lavoranti all'interno risulta esagerata perfino per i criteri pensionistici della Fornero. Entro là dentro e garantito al limone che esco cotonata come Rosanna Lambertucci, e non mi pare il caso. Oggi ne ho provato uno un pelino più lontano da casa, sulla circonvallazione. Si chiama 'Griff', così, secco, senza le 'e' finale. Si vede che è gente spiccia che non ha tempo da perdere con vocali plutogiudaiche che non servono a un cazzo visto che non vanno nemmeno pronunciate. In trent'anni che vado dal parrucchiere, credo sia stata l'esperienza più surreale che ho fatto in materia in vita mia. A parte avermi lasciata con la testa bagnata per cinque minuti buoni, a parte l'aver usato per la piega una spazzola che non sarebbe sembrata altrettanto contaminata nemmeno se fosse stata quella personale di Moira Orfei, a parte aver cominciato a mettere in piega i capelli su una base completamente fradicia con il risultato di lasciarmeli ancora umidi alla fine del lavoro, c'è che mi hanno messa nelle mani di un avvinazzato. Non ne aveva l'odore, ma a parte quello i parametri c'erano tutti. Mai visto un uomo altrettanto confuso all'idea di toccare i capelli di una donna. E di sicuro non era un ragazzino. Sollevava timidamente le ciocche con l'aria di uno che si domandi: e adesso? Che ce devo fa' co' questi? Al momento ho una testina tonda come una biglia che mi dona come un porro sul mento, ma quello non è grave perché il bello dei capelli corti è che in qualche modo li sistemi comunque anche da sola. E' l'assenza di prospettive future che mi spaventa. Non è che me ne siano rimasti molti da provare in zona. Comincio ad avvertire la vicinanza dell'abisso.
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Insomma non riescono a vincere. Per cui hanno deciso che cambieranno le regole del gioco. Capito? E siccome la palla è mia, ora me la porto a casa così non ci gioca più nessuno. Stronzi. Con la statura morale di questi sorci, se si votasse domani Berlusconi vincerebbe pure nell'ipotesi che stanotte dovesse inchiodarlo un ictus tre volte peggiore di quello di Bossi.
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