Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
 

Messaggi di Maggio 2008

E questa è anche meglio

Post n°106 pubblicato il 22 Maggio 2008 da middlemarch_g

Considera la sofferenza come un messaggio inciso nella tua carne. Non ha nessun altro oggetto, nessun'altra intenzione che la tua perfezione, il tuo compimento. Impara a leggere, poi butta via il libro.

Dugpa Rimpoce

E con ciò, come diceva Peppino, ho detto tutto.         Adesso andiamo avanti.

 
 
 

I giorni del lupo

Post n°105 pubblicato il 22 Maggio 2008 da middlemarch_g

Certe giornate vanno diversamente da come te le aspetti. Quando càpita, io cerco sempre di ricordarmi di Nabokov. La vita ha più talento di noi. Una cosa che secondo me può avere più di un’interpretazione. Per esempio può significare: dove tu vedi un disastro, potrebbe esserci qualcosa di buono. Aspetta che le pupille si abituino al buio.

A volte, se sei molto fortunato, in giornate come queste ti raggiunge un una frase. Ecco quella che è arrivata a me:

Questa é la tua ora, oh Anima,
del tuo libero volo nell'indicibile,
lontano dai libri, lontano dall'arte,
cancellato il giorno, finita la lezione,
tu appari in tutta la tua pienezza,
silenziosa, contemplativa,
meditando sui temi che ami maggiormente

Walt Whitman

Torno alla mia oscurità. Nell’attesa di cominciare a distinguere qualcosa.

 
 
 

Il gusto di menare le mani

Post n°104 pubblicato il 21 Maggio 2008 da middlemarch_g
 

Mi sono usciti un paio di post piuttosto misogini. Forse anche più di due. Non che mi dispiaccia, sia chiaro – mi disinteresso a livelli sublimi di mantenere uno standard politically correct  - però avverto l’esigenza di bilanciare.

Un paio di giorni fa ho visto il secondo episodio di un film di Tarantino piuttosto recente, Death Proof. Cosa succeda nella prima parte del film non lo so, perchè me lo sono perso. Nella seconda invece capita una cosa incredibile, che non avevo mai visto accadere specie in un film americano: 3 ragazzette molto giovani a anche piuttosto carine prendono a mazzate professionali Kurt Russel. Dopo. Prima gli sparano superficialmente. Poi lo corcano.

Diciamoci la verità. Al cinema, donne che di fronte al pericolo sappiamo osare qualcosa di diverso dall’urlo a squarciagola, seguito a malapena dal tentativo di fuga, non ce ne sono molte, a meno che per esigenze di copione non risultino arruolate nei Navy Seals. E quelle poche sono icone, che vuol dire buone per i poster e per le restrospettive, ma per il resto riferimenti piuttosto lontani dalla realtà. Che ne so, il tenente Ripley col lucertone, Thelma e Louise senza tetto né legge, qualche supereroina tipo Catwoman, che fa la sua porca figura in latex arrampicata su per i muri, ma francamente inverosimile sotto qualsiasi altro profilo (Halle Berry era imbarazzante nel personaggio. Mai visto due tette recitare con tanta maggiore espressività della loro titolare).

Le donne non tirano mai cazzotti professionali, seriali, a ripetizione. Se menano, è a scopo difensivo. Se tirano una coltellata, è per lasciare cadere l’arma in terra subito dopo aver inferto un colpetto, triturate nell’intimo dall’orrore del gesto appena compiuto, e rigorosamente destinato solo ad assassino, stupratore o altro esemplare rappresentativo di feccia dell’umanità. Al limite, sparano. Ma anche qui di norma perché giustificate dalla necessità di difendersi contro qualche Manifesta Incarnazione del Male.

Perfino la Sposa di Tarantino, che pure massacra in maniera piuttosto sanguinaria diverse centinaia di individui, non se la prende direttamente con gli uomini; o compie stragi anonime nel senso che ne uccide a decine contemporanenamente, o se affronta un corpo a corpo diretto, è per vedersela con altre donne. Lo scontro finale con Bill non fa testo. Quella è la classica metafora edipica corretta alla griglia; buona per gli studiosi di psicodinamica ma non sposta di una virgola i termini del confronto. Che sono i seguenti: al cinema le donne non picchiano gli uomini. Se lo fanno, devono essere garantiti alcuni prerequisiti. Uno: altissimo rischio per la vita o la sicurezza. Due: bassissima incidenza del quoziente di violenza applicato, che corrisponde sempre al minimo di aggressività necessaria a coprirsi la fuga. Poi, ti fermi all’istante. Al limite lasci la scena a a Bruce Willis in canottiera, che a quel punto può serenamente infierire.

Date le premesse, devo proprio dire che vedere le 3 ragazzette di cui sopra scampare a stento dalla furia cieca di Russell – che nel film è un orrendo serial killer marcio e bastardo - , fuggire, fermarsi, fare mente locale, invertire la marcia per andarlo a ripescare quando ormai per loro non rappresentava più un pericolo, poi metterlo in mezzo e a mani nude riempirlo di roncolate, è stata una di quelle cose che mi hanno dato vera, profonda, intima soddisfazione.

Io nella vita non sono un tipo aggressivo. O almeno non al di fuori della verbalità, quando occorre. Però ci sono cose che hanno un effetto potentemente catartico, e bisogna avere il coraggio di dirlo.

 
 
 

Passione per le regole

Post n°102 pubblicato il 20 Maggio 2008 da middlemarch_g
 

Le donne di un certo spessore intellettuale  amano andare dall’estetista per diverse ragioni. Primo perché è un posto dove qualcuno si prende cura di loro. Secondo perché in linea di principio escono più belle di come sono entrate. E terzo perché hanno una scusa per intripparsi di gossip, spizzicando distrattamente riviste indecenti che al di fuori di quel contesto asettico non si sognerebbero mai nè di comprare né di sfogliare.

Io faccio anche di peggio. Non le leggo neppure, mi limito a guardare le foto e a cogliere al volo le frasi che saltano agli occhi nel lasso infinitesimale di tempo che mi serve a girare la pagina. E già così, ritengo probabile che il mio coinvolgimento neuronale sia significativamente superiore a quello di chi l’articolo lo ha scritto per intero. Per non parlare di quello espresso dall’intervistato medio.

Ho beccato un servizio su Elisabetta Gregoraci. Una ragazzetta evidentemente non del tutto scema. Perché haivoglia a dire che per intortare Briatore verosimilmente non ci vuole un fisico delle particelle. Sta di fatto che ci avranno provato legioni di smutandate prima di lei, e non mi pare che ad altre sia riuscita l’impresa.

La frase che ho colto nell’atto di ruotare la pagina è stata questa: certo, ci sono cose che come moglie di Flavio non potrò più fare.

Vi giuro che Fosca, la mia superestetista, è dovuta venire a vedere che cavolo avessi da sbellicarmi dal ridere in quel modo in sala d’attesa.

Perché il panorama a cui ammicca una frase del genere è stupefacente. Che cacchio di attività si potrebbe configurare come non più dignitosa per la moglie di Briatore una volta piazzata la fede al dito? Capirai, il matrimonio del secolo: una ballerina di quarta da zuppone domenicale, e un manager della formula 1, che non è esattamente un ambientino da simposio platonico.

Datemi una mano anche voi, ragazzi, perché da sola non lo so se ce la faccio. Cos’è che non potrà più fare? Leggere un saggio? Andare a teatro? Pronunciare una frase filata senza ingiurie alla consecutio temporum? Infilare due congiuntivi in sequenza? Può essere ma non credo. Erano tutte cose che non faceva neanche prima, non sarà il suo status coniugale a farla smettere.

In realtà una frase simile dimostra solo la validità universale di una legge che non finisce mai di soprendermi: la tendenza umana a radicare il proprio comportamento a un certo numero di parametri condivisi. Perfino in un mondo strepitosamente impestato di effimero e volubile come quello che entrambi rappresentano, un mondo dove visibilmente le regole valide altrove sono tali solo per gli imbecilli, c’è bisogno di ribadire che non tutto comunque è lecito.

Lo facciamo tutti, sia chiaro. Ognuno a modo suo. Forse perché abbiamo una naturale tendenza a temere i rischi dell’anarchia. Forse  perché ci sembra di meritare di più quello che abbiamo se ci imponiamo dei limiti per conservarlo. Forse perché siamo impregnati di un’etica antica che ci insegna a conservare l’equilibrio nella rinuncia e non nel piacere.

Chi lo sa. Sta di fatto che a me andare dall’estetista fa bene anche dal punto di vista delle implicazioni speculative. Il che, tutto considerato, mi sembra pur sempre una buona cosa.

 
 
 

Permis de conduire

Post n°101 pubblicato il 19 Maggio 2008 da middlemarch_g

Sarà certamente frutto di una coincidenza. Noto però da stamattina una curiosa impennata dei contatti che di norma non si verifica prima di una certa ora. Per non parlare della presenza di certi portatori di rogna ufficiali che si sono fatti sentire fin troppo, e fin da ieri, in tempi terribilmente sospetti perchè io possa mantenere a mie spese la generosità di una presunzione di innocenza.

Ma tutti qui a speculare sugli eventi?

Bravi. Dico ai portatori di rogna, gente che dovrebbe chiedere la patente professionale, come Rosario Chiàrchiaro, e che tutto sommato è bene che venga a cercarmi qui.

Perchè prima di risentirmi in privato, se ci tiene, mi deve preparare un tappeto di petali di rose. Neanche strisciare basterà più.

Va bene, basta.

Chè sarà il caso di smetterla di utilizzare un servizio pubblico per comunicazione private.

 
 
 

Great expectations

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

 

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